ECONOMIA ECOLOGICA ED ECONOMIA TRADIZIONALE, A CONFRONTO - Parte 2
02 Caratteristiche di base
ECONOMIA TRADIZIONALE
L’economia
tradizionale, neoclassica e neoliberista, è
una scienza monodisciplinare, settoriale,
analitica, specialistica che adotta l’esclusivo linguaggio della matematica
per la validazione formale dei suoi modelli; un linguaggio specialistico, incomprensibile
al di fuori di una ristretta cerchia di addetti.
E’ una scienza elitaria, simbolica, chiusa in una
torre d’avorio e isolata dal reale contesto socioeconomico, che ha perso ogni
contatto con la realtà. Una scienza che si ritiene depositaria della verità,
che dispensa soluzioni calcolate con i suoi utopici modelli econometrici (che
difficilmente trovano riscontro nell’evidenza sperimentale) e che non si preoccupa
degli effetti che la loro applicazione può avere sul tessuto sociopolitico reale.
Nel
suo sforzo di comprendere e gestire l’ambiente, l’economia tradizionale ha
prodotto due specializzazioni: l’economia ambientale e l’economia delle risorse
naturali che, però, ripropongono il suo stesso approccio alla risoluzione dei
problemi. In particolare, ritengono che la valorizzazione di un progetto di
investimento ambientale si debba basare unicamente su un’analisi simbolico monetaria di costi–benefici.
L’economia tradizionale si concentra prevalentemente sulla formazione
dei prezzi nel libero mercato. Un’istituzione, quest’ultima che, con il suo sistema dei prezzi, è considerata dagli
economisti tradizionali la loro più elevata conquista concettuale. Essi ne sono
rimasti così ammaliati e succubi, che lo hanno mitizzato e trasformato in un
idolo, di fronte al quale si prostrano in atto di adorazione. Un’idea, quella
del libero mercato, da difendere a tutti i costi tanto da sostenere, senza alcuna
remora, che il sistema economico è guidato esclusivamente dai prezzi.
L’illusione
del libero mercato è così potente da illudere che le transazioni economiche tra
i singoli individui che operano in modo iper razionale (secondo il modello
dell’homo oeconomicus), seguendo unicamente i propri interessi personali ed
egoistici, indifferenti a qualsiasi motivazione etica, sociale o ambientale,
possano far emergere, a livello della società, comportamenti collettivi che favoriscono
il benessere sociale e la più efficiente assegnazione delle risorse.
Il paradigma tecnocratico
Il
paradigma tecnocratico è il modello socioeconomico oggi dominante, praticamente
l’unico a livello planetario, che :
a)
si
basa sulla teoria economica
tradizionale, neoclassica e neoliberista,
b)
adotta
un approccio cognitivo lineare, riduzionista e meccanicistico e
c)
promuove
una visione antropocentrica, egemonica dell’umanità e della natura, fondata su
una filosofia amorale.
Il
paradigma tecnocratico è un modello socioeconomico ingiusto e devastante, che
mira al consumismo, alla globalizzazione e allo sfruttamento intensivo sia
degli uomini che della natura, allo scopo di arricchire smodatamente un’ elite
economico finanziaria minoritaria, a scapito di un’ampia fascia di popolazione
che sta diventando sempre più povera. E’ un modello da biasimare anche perché
non si preoccupa delle future generazioni umane né degli animali senzienti che
hanno il diritto di vivere e di condividere con noi questo pianeta.
Il modello dell’ “homo oeconomicus”
Il modello di “Homo oeconomicus” è fondamentale nella teoria economica neoclassica,
che è una teoria dell’equilibrio generale, la cui origine storica e l’impostazione
metodologica e filosofica viene attribuita a Léon
Walras.
L’
“Homo oeconomicus” cerca di ottenere il massimo benessere (vantaggio) basando le sue
scelte sulla valutazione della sua personale "funzione d'utilità" (una funzione matematica). L’
“homo oeconomicus” è definito come segue.
a)
E’ un
individuo iper razionale (con una razionalità
particolare, intesa soprattutto come precisione nel calcolo e
interesse esclusivo a conseguire unicamente i propri interessi individuali, al
minor costo). La sua razionalità consiste nel fatto che egli:
-
sa disporre in sequenza le sue preferenze; ad
esempio, se preferisce le mele alle pere e le pere alle banane allora, senza alcun
dubbio, preferirà le mele alle banane (proprietà transitiva);
-
mira a massimizzare la sua soddisfazione personale; ossia ad utilizzare al meglio le risorse
disponibili, per ottenere la massima utilità;
-
analizza e prevede, sin nei minimi dettagli, la situazione e i fatti
del mondo circostante, per poter operare la scelta migliore che gli permette di
massimizzare l’utilità.
b)
Dispone,
in tempo reale, di tutte le informazioni, naturali o istituzionali, che
gli servono per conoscere quali sono e quali saranno in futuro le sue esigenze più
urgenti.
c)
Dispone
di una potenza di calcolo infinita che gli permette, dato il paniere
di beni e servizi, di calcolare esattamente la migliore decisione da prendere
tra tutte le infinite alternative possibili, per raggiungere gli obiettivi
prefissati.
d)
E’ un individuo amorale, nel senso che ignora
qualsiasi valore morale, sociale oppure vi aderisce solo se intravvede il
proprio tornaconto.
N.B.1 Nella teoria economica
tradizionale, l’utilità è associata al benessere individuale; tuttavia, dato il
suo approccio cognitivo analitico, lineare e riduzionistico, l’economia
tradizionale definisce il benessere sociale
come la somma delle utilità dei singoli agenti.
N.B.2 Con l’attribuzione del
modello di “homo oeconomicus” a
tutti gli agenti economici che operano in un mercato libero è possibile
costruire dei modelli economici, basati sulla teoria dell’equilibrio generale, che
massimizzano l'utilità di ogni agente, giungendo così a dimostrare l'efficienza del libero
mercato nell’allocare le merci (beni rivali ed escludibili).
N.B.3 In molti ritengono che l’ ipotesi dell’ “Homo oeconomicus”, sulla
quale si fonda l’intero edificio neoclassico, non sia solo irrealistica ma anche immorale.
Le discipline ambientali derivate
Le
due discipline dell’ambiente: l’economia delle risorse naturali e l’economia
ambientale presumono che ogni tipo di esternalità negativa ambientale possa essere
valorizzata monetariamente, così da internalizzare i relativi costi nel sistema
dei prezzi e individuare, con le metodiche tradizionali, il livello di
produzione socialmente ottimale. Purtroppo, essendo dirette emanazioni
dell’economia tradizionale, le due discipline ambientali ignorano la dimensione
socio ecologica dell’economia e non si preoccupano degli aspetti etici e dei
problemi distributivi che l’internalizzazione dei costi comporta.
L’economia
delle risorse naturali e l’economia ambientale affermano che i progetti che
riguardano gli investimenti ambientali pubblici devono essere giudicati in modo
sistematico e razionale. A tal fine individuano nell’analisi costi–benefici lo strumento per eccellenza, imparziale, che
permette di trovare la soluzione ottimale del problema, evitando di assumere
decisioni arbitrarie, influenzate dalle pressioni politiche.
Economia delle risorse naturali
L’economia
delle risorse naturali approfondisce le attività di estrazione del capitale
naturale dalle sorgenti dell’ambiente biofisico; esamina le modalità di liquidazione
delle risorse naturali non rinnovabili e le regole di gestione delle risorse
rinnovabili. Tuttavia, rimane ancorata all’approccio cognitivo dell’economia
tradizionale, dove prevale il concetto che l’esaurimento delle risorse naturali
non costituisce un serio ostacolo alla crescita economica illimitata.
In termini molto generali, lo sviluppo socioeconomico è considerato
sostenibile quando, nel tempo (attraverso le generazioni), si mantiene intatto il
capitale complessivo, somma del capitale artificiale e del capitale
naturale. Detta condizione può essere soddisfatta secondo due criteri: il criterio della sostenibilità debole e il criterio
della sostenibilità forte.
L’economia tradizionale adotta il criterio della
sostenibilità debole,
che presume la perfetta sostituibilità
tra il capitale naturale e il capitale artificiale. In tal caso, la
condizione di sostenibilità (di mantenimento del capitale complessivo) è
soddisfatta anche con la progressiva liquidazione del capitale naturale, a
condizione che venga sostituito da un pari aumento di capitale artificiale (e
viceversa). Il criterio della sostenibilità debole ammette la possibilità di
trasformare tutto il capitale naturale in capitale artificiale. E’ il punto di
vista di chi ritiene che sia lecito devastare l’ambiente fino ad esaurire tutto
il capitale naturale, per poi vivere in un mondo interamente artificiale, di
pari valore.
Economia ambientale
L’economia ambientale affronta i problemi che derivano
dalla dispersione, nell’ecosistema (ambiente biofisico), dei rifiuti provenienti
dai processi produttivi. Anch’essa, però, aderisce integralmente all’approccio
cognitivo dell’economia tradizionale
(criterio della sostenibilità debole), dove i rifiuti e l'inquinamento non sono considerati un ostacolo
alla crescita economica illimitata.
L’economia ambientale, infatti, ritiene di poter risolvere
il problema dell’inquinamento adottando politiche economiche di internalizzazione,
nei prezzi, dei costi dell’ambiente. Ad esempio, lo fa attraverso l’imposizione
di tasse pigouviane (tasse che, sommate al costo marginale privato, lo rendono
pari al costo marginale sociale) oppure con l’assegnazione di permessi di
inquinamento, del tipo CAT.
ECONOMIA ECOLOGICA
Le origini moderne dell’economia ecologica dello stato
stazionario vengono fatte risalire ai lavori di Nicholas Georgescu–Roegen (1906 – 1994;
un economista rumeno, trasferitosi negli USA, nel 1946) e di Herman Daly (1938;
economista USA) ma, se vogliamo, è una disciplina le cui radici affondano nell’
800, con John Stuart Mill (1806 – 1873; filosofo ed economista politico
britannico) e, ancora prima, nell’antica Grecia, con Aristotele (384
a.C.– 322 a.C.; filosofo, scienziato e logico greco antico.
La crescente preoccupazione circa la dissennata liquidazione delle
risorse naturali non rinnovabili e il crescente inquinamento planetario attiva
forti movimenti di critica nei confronti della scienza economica tradizionale,
oggi dominante. In un tale contesto, l’economia ecologica dello stato stazionario sta riacquistando importanza e autorevolezza perché si
qualifica come una scienza economica che oppone una rigorosa critica costruttiva all’attuale paradigma tecnocratico. In particolare, denuncia
l’insostenibilità del modello economico tradizionale che, per funzionare
correttamente, deve crescere secondo una dinamica esponenziale, illimitata, che
è chiaramente insostenibile nel tempo.
D’altra parte, l’economia ecologica prospetta un nuovo paradigma che
incorpora concetti più ampi, metodologie innovative e la necessità di nuove
prescrizioni e si propone a fondamento del nuovo paradigma dell’ecologia integrale: un
sistema socioeconomico fondato sui solidi
principi etici della sostenibilità: sufficienza, equità ed efficienza.
Aspetti peculiari dell’economia
ecologica
L’economia ecologica si contraddistingue
per i seguenti principali aspetti.
§ L’economia
ecologica adotta il criterio della
sostenibilità forte, che presume l’esistenza di una relazione di complementarietà tra il capitale naturale e il
capitale artificiale. Chi sostiene questa visione ritiene che il capitale
artificiale non possa sostituire (se non in minima parte) il capitale naturale
e i servizi ecosistemici e pensa che la produttività del capitale artificiale
dipenda dalla disponibilità del capitale naturale. Il criterio di sostenibilità
forte permette di consumare il reddito prodotto dal capitale artificiale e dal
capitale naturale, ma la condizione di sostenibilità è che, alla fine di ogni
periodo contabile, sia il capitale naturale sia
il capitale artificiale rimangano entrambi intatti.
§ Ribadisce
che le transazioni economiche tra i singoli individui (consumatori e
produttori) hanno conseguenze che si estendono all’intera collettività. A tal
proposito, accusa l’economia tradizionale di
non saper affrontare e risolvere in modo adeguato i problemi di una realtà
socioeconomica che è sistemica e complessa, perché confonde i diversi livelli
olonici. Essa, infatti, adotta un approccio cognitivo analitico, lineare e
riduzionistico, e pretende di estendere anche all’intera collettività, a
livello macroeconomico, le leggi, di livello microeconomico, che regolano il
comportamento tra i singoli agenti.
§ Riconosce
che la realtà che ci circonda è sistemica e complessa e che la natura, la società umana e la sua
economia sono sistemi profondamente interconnessi che coevolvono,
collaborano e si influenzano, modificandosi a vicenda. Sottolinea che l’uomo ha la responsabilità di custodire e proteggere
l’ecosistema (la natura) e di svilupparne le potenzialità.
§ Adotta l’approccio cognitivo di
sintesi, basato sul pensiero sistemico, circolare e olistico, ed ha sviluppato innovativi strumenti concettuali,
particolarmente idonei allo studio del sistema socioeconomico umano, che si
interfaccia con un ambiente volatile, incerto, complesso e turbolento (il mondo
VUCA) e vi interagisce nelle diverse dimensioni: politica, sociale, psicologica
e ambientale, tutte fittamente interrelate e interconnesse.
§ Studia
i modelli di sviluppo, produzione e consumo dell’economia tradizionale e ne
critica la validità, argomentando con ragionamenti trasparenti ed onesti. Contesta
l’inadeguatezza delle conoscenze frammentarie e isolate, tipiche
dell’approccio specialistico dell’economia tradizionale, che possono costituire una forma
d’ignoranza se non si integrano in una
visione più ampia e sistemica della realtà complessa.
§ Considera anche il piano biofisico del complesso sistema
socioeconomico e sottolinea l’esistenza del transflusso entropico: un
flusso di materia e di energia che viene prelevato, a bassa entropia, dalle
sorgenti dell’ecosistema e che costituisce le risorse utili ad alimentare i
processi produttivi. Il transflusso
attraversa l’economia umana e, alla fine, si disperde, ad alta entropia, nei
bacini di raccolta dell’ecosistema, sotto forma di rifiuti e inquinamento. Precisa
che l’aver acquisito il concetto di
transflusso entropico consente di capire perché esso sia:
a)
il
principale responsabile dell’alterazione
irreversibile dell’ambiente; dato che
modifica le concentrazioni delle risorse minerarie nelle sorgenti e degli
inquinanti nei bacini di scarico e
b)
la
causa dei rendimenti decrescenti
dell’economia; problemi che l’economia tradizionale non sa spiegare
§ La grande attenzione
che l’economia ecologica dedica allo studio della dimensione ambientale, biofisica, del processo socioeconomico la porta a
contestare l’impiego dell’analisi
costi–benefici come metodo di valorizzazione dell’ambiente. Essa ritiene
che i problemi ambientali
quali: lo sfruttamento delle risorse naturali, specialmente quelle non
rinnovabili, e la limitata capacità di assorbimento dei rifiuti siano di natura
complessa, e ribadisce, con grande
determinazione, che la soluzione
ottimale di un problema economico complesso deve
essere ricercata e risolta a livello collettivo (a livello olonico del
tutto), al di fuori della logica
mercatistica, monetaria, che è invece microeconomica e tipica dell’approccio
riduzionista e lineare dell’economia tradizionale. Dunque, l’economia ecologica
è molto critica sulla valorizzazione
monetaria delle esternalità ambientali e nega la possibilità di estendere le leggi del mercato anche alle
risorse dell’ambiente, se non in modo del tutto arbitrario.
§ L’economia
ecologica trascende la prospettiva del paradigma dell’economia tradizionale
dominante, che punta al profitto a breve termine, e si configura come una
scienza transdisciplinare che adotta una visione sistemica e a lungo termine.
§ Ribadisce
che l’analisi costi–benefici non è uno strumento decisionale praticabile, data l’impossibilità di costruire la curva dei
costi esterni marginali. Il motivo è la natura incommensurabile
dell’ambiente e degli altri beni privi di valore di mercato, come: la vita umana,
la comunità, la cultura, ecc. Tutti aspetti che rendono l’analisi costi–benefici uno strumento arbitrario e molto
discutibile per affrontare i problemi di natura socioeconomica e politica.
§ Riconosce che lo strumento dell’analisi costi–benefici
ha la sua ragione di esistere, ma solo a livello microeconomico, per
validare le transazioni tra i singoli individui, ma non a livello collettivo,
globale. Occorre ricordare che, in un sistema complesso, come lo è il sistema
socioeconomico, le dinamiche ai diversi livelli olonici sono tra loro
irriducibili. Ciò significa che le leggi che regolano la dinamica delle
transazioni tra i singoli individui (a livello microeconomico) non si possono
estendere a livello di sistema socioeconomico, inteso come un tutto (a livello
macroeconomico). Lì valgono altre norme comportamentali.
§ Ritiene che la dimensione sociale ottimale
dell’economia sia un obiettivo da definire a livello globale, sociale, dato
che implica un giudizio etico sulla qualità delle relazioni sociali. A supporto
del processo decisionale propone valutazioni multimodali che tengano sempre in
primo piano gli interessi di tutta la comunità. Esse potranno essere integrate
con l’analisi costi – benefici, la quale, comunque, non deve risultare determinante
nel processo decisionale.
§ Ritiene che il
processo decisionale si debba basare su un dialogo
onesto e trasparente, a sfondo etico, sui temi sociali, politici e
scientifici, condotto su base
democratica, tra una comunità estesa di pari che ha libero accesso a tutte le
informazioni che desidera. Una comunità di decisione che comprende tutte le
componenti sociali (nessuna esclusa) e le tutte le forme di conoscenza
(scientifica e umanistica).
§ L’economia
ecologica è soprattutto una scienza
socio–ecologica che studia le interrelazioni dinamiche tra i sistemi biofisici, sociali e istituzionali
dai quali originano i problemi economici e ambientali e ricerca modi per
gestirli.
§ E’ una scienza
democratica, vicina al territorio, attenta soprattutto al benessere della gente.
Dà importanza anche alla dimensione materiale ed energetica (biofisica) dell’economia,
alla distribuzione spazio temporale delle risorse naturali e dei rifiuti ,come pure ad una giusta
distribuzione della ricchezza intra e intergenerazionale.
03 Visione preanalitica
Per definizione, la visione preanalitica
(Joseph Schumpeter) o paradigma (Thomas Kuhn) è lo schema mentale originario,
che sta a fondamento di una teoria e che nasce da un atto cognitivo preanalitico
(che precede ogni analisi), dal quale deriva ogni successiva analisi razionale.
Ciò che la visione preanalitica non coglie originariamente, non può essere
oggetto di analisi razionale da parte della teoria. La visione precede
storicamente la nascita di una scienza ma può anche subentrare in qualsiasi
fase dello sviluppo, quando maturano i tempi per vedere le cose sotto una nuova
luce.
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale ignora del tutto il problema della dinamica del sistema
socioeconomico sul piano di astrazione biofisico (ambiente) dato che la sua
visione preanalitica è quella del flusso circolare del valore di scambio sul
piano di astrazione simbolico, monetario, del sistema socioeconomico.
Sul piano simbolico del valore monetario,
l’attività macroeconomica è vista, dunque, come un sistema isolato (che non ha
scambi di materia ed energia con l’ambiente circostante), dove un flusso di
valore di scambio circola all’infinito, in un circuito chiuso, tra famiglie e
imprese.
Nella visione preanalitica dell’economia
tradizionale ciò che circola non è un flusso di beni fisici, prodotti e
consumati ma, come si è detto, è un flusso astratto di valore di scambio,
espresso in termini simbolici, monetari. Che pertanto può circolare all’infinito,
non essendo soggetto al secondo principio della termodinamica che impedisce il
completo riciclaggio dell’energia.
Flusso circolare del
valore di scambio sul piano di astrazione simbolico, monetario
Nella
visione preanalitica dell’economia tradizionale l’ambiente biofisico (ecosistema) è considerato come un sotto sistema, totalmente
compreso nel sistema socioeconomico; un sistema, quest’ultimo, che si espande
nel vuoto, all’infinito, senza mai incontrare limiti di alcun genere né doversi
mai confrontare con costi opportunità.
L’economia è il sistema globale di cui
l’ecosistema è un suo sotto sistema
Economia ecologica
Nella visione preanalitica
dell’economia ecologica, l’economia umana è un sottosistema aperto, totalmente
compreso nell’ecosistema (ambiente
biofisico), con il quale scambia un transflusso di energia e di materiali. Di
conseguenza la dinamica dell’economia umana deve necessariamente convergere a
quella dell’ecosistema, che è di stato stazionario, per poi coevolvere, allo
scopo di assicurare uno sviluppo sostenibile ad entrambi i sistemi. A sua
volta, l’ecosistema è un sistema limitato, che si interfaccia con l’universo,
verso il quale è chiuso alla materia e aperto all’energia radiante.
L’economia ecologica concentra l’attenzione
sui problemi di vicinanza del sistema socioeconomico ai limiti imposti dall’ecosistema
e, in particolare, si occupa dei problemi di esauribilità delle risorse
naturali non rinnovabili prelevate dall’ambiente e di saturazione dei bacini di
ricezione dei rifiuti scaricati nell’ambiente, della degradazione dei servizi
ecosistemici e di qualsiasi altro problema di interfaccia.
L’economia è un
sottosistema dell’ecosistema globale
Nella sua visione preanalitica, l’economia
ecologica è in possesso del concetto di transflusso, ossia di trasferimento di
materia e di energia che avviene nella dimensione biofisica e che, pertanto, è
soggetto ai principi della termodinamica e, in particolare, al principio
entropico (il secondo principio della termodinamica).
Il transflusso è unidirezionale ed entropico
perché è costituito da materia e da energia a bassa entropia, prelevate dalle
sorgenti dell’ambiente, che hanno valore per l’uomo, il quale le utilizza ai
fini di produrre beni e servizi per soddisfare i suoi bisogni. Dopo aver
attraversato i processi produttivi, il transflusso, ad alta entropia, viene
scaricato nell’ambiente sotto forma di rifiuti che non hanno più valore per
l’uomo. Tali rifiuti, se non vengono prontamente assorbiti e riciclati dai
servizi ecosistemici, si accumulano nei bacini di raccolta (discariche) e li
saturano, provocando il fenomeno dell’inquinamento.
Attualmente
l’economia umana è in crescita con una dinamica di espansione biofisica
esponenziale, mentre l’ecosistema si sviluppa secondo una dinamica di stato
stazionario, che non contempla un’espansione biofisica. L’ecosistema globale, che
ricopre l’intera superficie terrestre, è un sistema che si interfaccia con
l’universo, rispetto al quale è chiuso al passaggio di materia e aperto all’energia
radiante (a bassa entropia) che riceve dal sole e che poi reirraggia
nell’universo, sotto forma di radiazione termica terrestre (ad alta entropia). In
queste condizioni, l’ecosistema globale, non può crescere fisicamente perché:
a)
è
costante la superficie terrestre sottoposta all’irraggiamento solare.
b)
è
costante l’irraggiamento solare medio annuo che incide sulla superficie
terrestre
La
degradazione entropica del flusso di energia radiante solare che si verifica
quando interagisce con la superficie terrestre, non è un processo che avviene inutilmente
perchè è l’artefice della creazione dell’ecosistema globale, inteso come un
vero e proprio organismo vivente, e della sua sostenibilità nel tempo. Nella
sua dimensione biofisica, l’ecosistema è un sistema dissipativo, infinitamente
complesso, che obbedisce alle leggi della termodinamica dei sistemi aperti, che
esiste e si sviluppa lontano dalle condizioni di equilibrio termodinamico,
secondo una dinamica di stato stazionario, non potendo crescere nella
dimensione biofisica.
Se
l’economia globale umana continuerà con la sua attuale tendenza ad espandersi, nella
sua dimensione biofisica, ad un certo punto si avvicinerà troppo ai limiti
imposti dall’ecosistema e, tra i due sistemi, inizieranno a manifestarsi delle
forti interazioni. Siccome, però, l’ecosistema non si può espandere nella sua
dimensione biofisica, allora sarà necessariamente il sottosistema dell’economia
umana che verrà sollecitato a cambiare la sua dinamica che, da espansiva, dovrà
diventare di stato stazionario, per poter poi coevolvere in armonia con il suo
ambiente.
L’umanità
dovrà abbandonare al più presto l’attuale paradigma socioeconomico
tecnocratico, che propugna la crescita economica biofisica illimitata, e passare
al nuovo paradigma socioeconomico dell’ecologia integrale, che si basa
sull’economia ecologica di stato stazionario. Se non sarà tanto accorta da
farlo in tempo, allora saranno i sopraggiunti limiti ambientali a forzare il
cambiamento di dinamica dell’economia
umana. Insomma, sarà la natura stessa a provvedere e lo farà senza preoccuparsi
delle possibili conseguenze per il genere umano, che non saranno certamente
piacevoli.
Per
salvarci serve un salto di consapevolezza circa la situazione in cui l’umanità
si trova. Dobbiamo muoverci e coordinarci per:
a)
abbandonare
al più presto l’attuale paradigma socioeconomico tecnocratico, strenuo
sostenitore e difensore delle crescita biofisica illimitata e responsabile del
rapido esaurimento delle risorse non rinnovabili e del forte inquinamento del
pianeta;
b) creare nuove
istituzioni, leggi, regole e norme sociali di comportamento che favoriscano l’emergere del paradigma
socioeconomico dell’ecologia integrale; un paradigma attento soprattutto ai
bisogni delle persone e rispettoso dell’ambiente.
04 Approccio cognitivo
Economia tradizionale
La
teoria economica tradizionale, oggi dominante, è una disciplina scientifica settoriale,
specialistica che adotta un approccio
cognitivo analitico, riduzionistico e lineare ed ha sviluppato un
linguaggio incomprensibile al di fuori della ristretta cerchia di specialisti.
Adotta
un’epistemologia che permette di semplificare la complessità attraverso la
specializzazione in discipline. Si presume, cioè, di poter studiare qualsiasi
problema suddividendolo in parti sempre più piccole, che si ritengono anche più
semplici, stabili ed indipendenti; parti che vengono studiate da una
molteplicità di discipline specialistiche, dirette a risolvere i problemi (in
senso kuhniano).
L’epistemologia
è coerente con il cosiddetto “metodo scientifico”, appositamente
progettato per consentire la costruzione
di teorie astratte e chiuse (quindi completamente quantificabili) che vengono
poi sottoposte ad una sperimentazione “controllata” (in laboratorio) allo scopo
di verificarne le caratteristiche salienti. Una procedura che, in qualche modo,
richiama la fallacia del cecchino texano che utilizza i dati per giustificare
la teoria.
L’approccio
cognitivo analitico si rivela molto efficace nello studio dei problemi
caratterizzati dalla complessità di dettaglio ma del tutto inefficace ad
affrontare temi di elevata complessità dinamica come i problemi socioeconomici,
che hanno forti implicazioni politiche.
Nel
costruire le sue teorie, la scienza tradizionale “normale” si aspetta
regolarità, semplicità dei fenomeni e certezza dei dati, e trascura ogni evento
che sia di ostacolo alla capacità di comprendere e risolvere i problemi di una
data realtà. In tal senso essa è stata oggetto delle critiche di Popper, con la
teoria della falsificabilità, e di Kuhn, con la teoria del paradigma.
L’economia
tradizionale, come disciplina normale, considera unicamente i fatti scientifici, oggettivi e concreti,
e prescinde da valori di giudizio, soggettivi ed elastici e, in tal senso, è
una scienza amorale.
Essa
ritiene che le decisioni politiche
debbano essere esclusivamente assunte su una rigorosa base razionale,
prettamente economica. A tal fine, per validare i suoi modelli, adotta il linguaggio matematico
che reputa l’unico rigorosamente scientifico. Nel caso in cui si debbano
adottare decisioni politiche
“difficili”, avendo a disposizione dati scientifici del tutto incerti, la
scienza normale ricorre al prestigio e all’autorevolezza di un uomo di scienza
o di un tecnologo di fama (di un membro di una comunità ristretta di pari) per
nascondere i carichi valoriali che influenzano le decisioni finali e le
raccomandazioni politiche.
Riassumendo,
si può affermare che la scienza tradizionale, più che alla verità si affida alla qualità
delle informazioni scientifiche a disposizione, che viene autocertificata da
una comunità di pari.
Economia ecologica
L’economia
ecologica riconosce che la realtà è sistemica e complessa e, pertanto, adotta un approccio cognitivo di sintesi,
sistemico e circolare, che è particolarmente idoneo allo studio delle
interazioni dinamiche complesse tra i sistemi economici, sociopolitici e
biofisici.
Adotta
una visione sistemica, transdisciplinare, a lungo termine, dell’attività
economica e ritiene che i temi dell’ equità, della distribuzione della
ricchezza, dell’etica e dei processi culturali, siano centrali per la
sostenibilità. A supporto del processo decisionale considera sempre prioritario
l’interesse di tutta la comunità. A tal fine propone valutazioni multimodali
che possono anche essere integrate da analisi costi – benefici, le quali, però,
non risultano determinanti nel processo decisionale.
Per
una corretta gestione dell’ambiente, l’economia ecologica ritiene che i
problemi dello sfruttamento delle risorse naturali e della capacità di
assimilazione dei rifiuti siano da gestire in modo sistemico e non
separatamente. A tal fine, ricerca nuove e più intense relazioni sistemiche,
crea nuove istituzioni, nuove leggi, regole e norme sociali di comportamento.
Ricerca
i migliori soddisfattori dei bisogni
umani, con la consapevolezza che debbano essere compatibili con l’ecosistema e con la preservazione dei sevizi
ecosistemici che, sebbene gratuiti, sono preziosi per il sostentamento della
vita sul pianeta e per l’esistenza di noi esseri umani e della nostra economia.
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