ECONOMIA ECOLOGICA ED ECONOMIA TRADIZIONALE, A CONFRONTO - Parte 2


02   Caratteristiche di base


ECONOMIA TRADIZIONALE

L’economia tradizionale, neoclassica e neoliberista, è una scienza monodisciplinare, settoriale, analitica, specialistica che adotta l’esclusivo linguaggio della matematica per la validazione formale dei suoi modelli; un linguaggio specialistico, incomprensibile al di fuori di una ristretta cerchia di addetti.


E’ una scienza elitaria, simbolica, chiusa in una torre d’avorio e isolata dal reale contesto socioeconomico, che ha perso ogni contatto con la realtà. Una scienza che si ritiene depositaria della verità, che dispensa soluzioni calcolate con i suoi utopici modelli econometrici (che difficilmente trovano riscontro nell’evidenza sperimentale) e che non si preoccupa degli effetti che la loro applicazione può avere sul tessuto sociopolitico reale.

Nel suo sforzo di comprendere e gestire l’ambiente, l’economia tradizionale ha prodotto due specializzazioni: l’economia ambientale e l’economia delle risorse naturali che, però, ripropongono il suo stesso approccio alla risoluzione dei problemi. In particolare, ritengono che la valorizzazione di un progetto di investimento ambientale si debba basare unicamente su un’analisi simbolico monetaria di costi–benefici.

L’economia tradizionale si concentra prevalentemente sulla formazione dei prezzi nel libero mercato. Un’istituzione, quest’ultima che, con il suo sistema dei prezzi, è considerata dagli economisti tradizionali la loro più elevata conquista concettuale. Essi ne sono rimasti così ammaliati e succubi, che lo hanno mitizzato e trasformato in un idolo, di fronte al quale si prostrano in atto di adorazione. Un’idea, quella del libero mercato, da difendere a tutti i costi tanto da sostenere, senza alcuna remora, che il sistema economico è guidato esclusivamente dai prezzi.

L’illusione del libero mercato è così potente da illudere che le transazioni economiche tra i singoli individui che operano in modo iper razionale (secondo il modello dell’homo oeconomicus), seguendo unicamente i propri interessi personali ed egoistici, indifferenti a qualsiasi motivazione etica, sociale o ambientale, possano far emergere, a livello della società, comportamenti collettivi che favoriscono il benessere sociale e la più efficiente assegnazione delle risorse.


Il paradigma tecnocratico

Il paradigma tecnocratico è il modello socioeconomico oggi dominante, praticamente l’unico a livello planetario, che :
a)    si basa sulla teoria economica tradizionale, neoclassica e neoliberista,
b)    adotta un approccio cognitivo lineare, riduzionista e meccanicistico e
c)    promuove una visione antropocentrica, egemonica dell’umanità e della natura, fondata su una filosofia amorale.

Il paradigma tecnocratico è un modello socioeconomico ingiusto e devastante, che mira al consumismo, alla globalizzazione e allo sfruttamento intensivo sia degli uomini che della natura, allo scopo di arricchire smodatamente un’ elite economico finanziaria minoritaria, a scapito di un’ampia fascia di popolazione che sta diventando sempre più povera. E’ un modello da biasimare anche perché non si preoccupa delle future generazioni umane né degli animali senzienti che hanno il diritto di vivere e di condividere con noi questo pianeta.


Il modello dell’ “homo oeconomicus”

Il modello di “Homo oeconomicus” è fondamentale nella teoria economica neoclassica, che è una teoria dell’equilibrio generale, la cui origine storica e l’impostazione metodologica e filosofica viene attribuita a Léon Walras.


L’ “Homo oeconomicus” cerca di ottenere il massimo benessere (vantaggio) basando le sue scelte sulla valutazione della sua personale "funzione d'utilità" (una funzione matematica). L’  “homo oeconomicus” è definito come segue.

a)    E’ un individuo iper razionale (con una razionalità particolare, intesa soprattutto come precisione nel calcolo e interesse esclusivo a conseguire unicamente i propri interessi individuali, al minor costo). La sua razionalità  consiste nel fatto che egli:
-         sa disporre in sequenza le sue preferenze; ad esempio, se preferisce le mele alle pere e le pere alle banane allora, senza alcun dubbio, preferirà le mele alle banane (proprietà transitiva);
-         mira a massimizzare la sua soddisfazione personale; ossia ad utilizzare al meglio le risorse disponibili, per ottenere la massima utilità;
-         analizza e prevede, sin nei minimi dettagli, la situazione e i fatti del mondo circostante, per poter operare la scelta migliore che gli permette di massimizzare l’utilità.

b)    Dispone, in tempo reale, di tutte le informazioni, naturali o istituzionali, che gli servono per conoscere quali sono e quali saranno in futuro le sue esigenze più urgenti.

c)    Dispone di una potenza di calcolo infinita che gli permette, dato il paniere di beni e servizi, di calcolare esattamente la migliore decisione da prendere tra tutte le infinite alternative possibili, per raggiungere gli obiettivi prefissati.

d)    E’ un individuo amorale, nel senso che ignora qualsiasi valore morale, sociale oppure vi aderisce solo se intravvede il proprio tornaconto.

N.B.1   Nella teoria economica tradizionale, l’utilità è associata al benessere individuale; tuttavia, dato il suo approccio cognitivo analitico, lineare e riduzionistico, l’economia tradizionale definisce il benessere sociale come la somma delle utilità dei singoli agenti.

N.B.2   Con l’attribuzione del modello di “homo oeconomicus” a tutti gli agenti economici che operano in un mercato libero è possibile costruire dei modelli economici, basati sulla teoria dell’equilibrio generale, che massimizzano l'utilità di ogni agente, giungendo così a dimostrare l'efficienza del libero mercato nell’allocare le merci (beni rivali ed escludibili).

N.B.3   In molti ritengono che l’ ipotesi dell’ “Homo oeconomicus”, sulla quale si fonda l’intero edificio neoclassico, non sia solo irrealistica ma anche immorale.


Le discipline ambientali derivate

Le due discipline dell’ambiente: l’economia delle risorse naturali e l’economia ambientale presumono che ogni tipo di esternalità negativa ambientale possa essere valorizzata monetariamente, così da internalizzare i relativi costi nel sistema dei prezzi e individuare, con le metodiche tradizionali, il livello di produzione socialmente ottimale. Purtroppo, essendo dirette emanazioni dell’economia tradizionale, le due discipline ambientali ignorano la dimensione socio ecologica dell’economia e non si preoccupano degli aspetti etici e dei problemi distributivi che l’internalizzazione dei costi comporta.

L’economia delle risorse naturali e l’economia ambientale affermano che i progetti che riguardano gli investimenti ambientali pubblici devono essere giudicati in modo sistematico e razionale. A tal fine individuano nell’analisi costi–benefici lo strumento per eccellenza, imparziale, che permette di trovare la soluzione ottimale del problema, evitando di assumere decisioni arbitrarie, influenzate dalle pressioni politiche.

Economia delle risorse naturali

L’economia delle risorse naturali approfondisce le attività di estrazione del capitale naturale dalle sorgenti dell’ambiente biofisico; esamina le modalità di liquidazione delle risorse naturali non rinnovabili e le regole di gestione delle risorse rinnovabili. Tuttavia, rimane ancorata all’approccio cognitivo dell’economia tradizionale, dove prevale il concetto che l’esaurimento delle risorse naturali non costituisce un serio ostacolo alla crescita economica illimitata.

In termini molto generali, lo sviluppo socioeconomico è considerato sostenibile quando, nel tempo (attraverso le generazioni), si mantiene intatto il capitale complessivo, somma del capitale artificiale e del capitale naturale. Detta condizione può essere soddisfatta secondo due criteri:  il criterio della sostenibilità debole e il criterio della sostenibilità forte.

L’economia tradizionale adotta il criterio della sostenibilità debole, che presume la perfetta sostituibilità tra il capitale naturale e il capitale artificiale. In tal caso, la condizione di sostenibilità (di mantenimento del capitale complessivo) è soddisfatta anche con la progressiva liquidazione del capitale naturale, a condizione che venga sostituito da un pari aumento di capitale artificiale (e viceversa). Il criterio della sostenibilità debole ammette la possibilità di trasformare tutto il capitale naturale in capitale artificiale. E’ il punto di vista di chi ritiene che sia lecito devastare l’ambiente fino ad esaurire tutto il capitale naturale, per poi vivere in un mondo interamente artificiale, di pari valore.


Economia ambientale

L’economia ambientale affronta i problemi che derivano dalla dispersione, nell’ecosistema (ambiente biofisico), dei rifiuti provenienti dai processi produttivi. Anch’essa, però, aderisce integralmente all’approccio cognitivo dell’economia tradizionale (criterio della sostenibilità debole), dove i rifiuti e l'inquinamento non sono considerati un ostacolo alla crescita economica illimitata.

L’economia ambientale, infatti, ritiene di poter risolvere il problema dell’inquinamento adottando politiche economiche di internalizzazione, nei prezzi, dei costi dell’ambiente. Ad esempio, lo fa attraverso l’imposizione di tasse pigouviane (tasse che, sommate al costo marginale privato, lo rendono pari al costo marginale sociale) oppure con l’assegnazione di permessi di inquinamento, del tipo CAT.


ECONOMIA ECOLOGICA

Le origini moderne dell’economia ecologica dello stato stazionario vengono fatte risalire ai lavori di Nicholas Georgescu–Roegen (1906 – 1994; un economista rumeno, trasferitosi negli USA, nel 1946) e di Herman Daly (1938; economista USA) ma, se vogliamo, è una disciplina le cui radici affondano nell’ 800, con John Stuart Mill (1806 – 1873; filosofo ed economista politico britannico) e, ancora prima, nell’antica Grecia, con Aristotele (384 a.C.– 322 a.C.; filosofo, scienziato e logico greco antico.


La crescente preoccupazione circa la dissennata liquidazione delle risorse naturali non rinnovabili e il crescente inquinamento planetario attiva forti movimenti di critica nei confronti della scienza economica tradizionale, oggi dominante. In un tale contesto, l’economia ecologica dello stato stazionario sta riacquistando importanza e autorevolezza perché si qualifica come una scienza economica che oppone una rigorosa critica costruttiva all’attuale paradigma tecnocratico. In particolare, denuncia l’insostenibilità del modello economico tradizionale che, per funzionare correttamente, deve crescere secondo una dinamica esponenziale, illimitata, che è chiaramente insostenibile nel tempo.

D’altra parte, l’economia ecologica prospetta un nuovo paradigma che incorpora concetti più ampi, metodologie innovative e la necessità di nuove prescrizioni e si propone a fondamento del nuovo paradigma dell’ecologia integrale: un sistema socioeconomico fondato sui solidi principi etici della sostenibilità: sufficienza, equità ed efficienza.


Aspetti peculiari dell’economia ecologica

L’economia ecologica si contraddistingue per i seguenti principali aspetti.

§       L’economia ecologica adotta il criterio della sostenibilità forte, che presume l’esistenza di una relazione di complementarietà tra il capitale naturale e il capitale artificiale. Chi sostiene questa visione ritiene che il capitale artificiale non possa sostituire (se non in minima parte) il capitale naturale e i servizi ecosistemici e pensa che la produttività del capitale artificiale dipenda dalla disponibilità del capitale naturale. Il criterio di sostenibilità forte permette di consumare il reddito prodotto dal capitale artificiale e dal capitale naturale, ma la condizione di sostenibilità è che, alla fine di ogni periodo contabile, sia il capitale naturale sia  il capitale artificiale rimangano entrambi intatti.

§       Ribadisce che le transazioni economiche tra i singoli individui (consumatori e produttori) hanno conseguenze che si estendono all’intera collettività. A tal proposito, accusa l’economia tradizionale di non saper affrontare e risolvere in modo adeguato i problemi di una realtà socioeconomica che è sistemica e complessa, perché confonde i diversi livelli olonici. Essa, infatti, adotta un approccio cognitivo analitico, lineare e riduzionistico, e pretende di estendere anche all’intera collettività, a livello macroeconomico, le leggi, di livello microeconomico, che regolano il comportamento tra i singoli agenti.

§       Riconosce che la realtà che ci circonda è sistemica e complessa e che la natura, la società umana e la sua economia sono sistemi profondamente interconnessi che coevolvono, collaborano e si influenzano, modificandosi a vicenda. Sottolinea che l’uomo ha la responsabilità di custodire e proteggere l’ecosistema (la natura) e di svilupparne le potenzialità.


§       Adotta l’approccio cognitivo di sintesi, basato sul pensiero sistemico, circolare e olistico, ed ha sviluppato innovativi strumenti concettuali, particolarmente idonei allo studio del sistema socioeconomico umano, che si interfaccia con un ambiente volatile, incerto, complesso e turbolento (il mondo VUCA) e vi interagisce nelle diverse dimensioni: politica, sociale, psicologica e ambientale, tutte fittamente interrelate e interconnesse.

§       Studia i modelli di sviluppo, produzione e consumo dell’economia tradizionale e ne critica la validità, argomentando con ragionamenti trasparenti ed onesti. Contesta l’inadeguatezza delle conoscenze frammentarie e isolate, tipiche dell’approccio specialistico dell’economia tradizionale, che possono costituire una forma d’ignoranza se non si integrano in una visione più ampia e sistemica della realtà complessa.

§       Considera anche il piano biofisico del complesso sistema socioeconomico e sottolinea l’esistenza del transflusso entropico: un flusso di materia e di energia che viene prelevato, a bassa entropia, dalle sorgenti dell’ecosistema e che costituisce le risorse utili ad alimentare i processi  produttivi. Il transflusso attraversa l’economia umana e, alla fine, si disperde, ad alta entropia, nei bacini di raccolta dell’ecosistema, sotto forma di rifiuti e inquinamento. Precisa che l’aver acquisito il concetto di transflusso entropico consente di capire perché esso sia:
a)    il principale responsabile dell’alterazione irreversibile dell’ambiente; dato che modifica le concentrazioni delle risorse minerarie nelle sorgenti e degli inquinanti nei bacini di scarico e
b)    la causa dei rendimenti decrescenti dell’economia; problemi che l’economia tradizionale non sa spiegare

§       La grande attenzione che l’economia ecologica dedica allo studio della dimensione ambientale, biofisica, del processo socioeconomico la porta a contestare l’impiego dell’analisi costi–benefici come metodo di valorizzazione dell’ambiente. Essa ritiene che i problemi ambientali quali: lo sfruttamento delle risorse naturali, specialmente quelle non rinnovabili, e la limitata capacità di assorbimento dei rifiuti siano di natura complessa, e ribadisce, con grande determinazione, che la soluzione ottimale di un problema economico complesso deve essere ricercata e risolta a livello collettivo (a livello olonico del tutto), al di fuori della logica mercatistica, monetaria, che è invece microeconomica e tipica dell’approccio riduzionista e lineare dell’economia tradizionale. Dunque, l’economia ecologica è molto critica sulla valorizzazione monetaria delle esternalità ambientali e nega la possibilità di estendere le leggi del mercato anche alle risorse dell’ambiente, se non in modo del tutto arbitrario.

§       L’economia ecologica trascende la prospettiva del paradigma dell’economia tradizionale dominante, che punta al profitto a breve termine, e si configura come una scienza transdisciplinare che adotta una visione sistemica e a lungo termine.


§       Ribadisce che l’analisi costi–benefici non è uno strumento decisionale praticabile, data l’impossibilità di costruire la curva dei costi esterni marginali. Il motivo è la natura incommensurabile dell’ambiente e degli altri beni privi di valore di mercato, come: la vita umana, la comunità, la cultura, ecc. Tutti aspetti che rendono l’analisi costi–benefici uno strumento arbitrario e molto discutibile per affrontare i problemi di natura socioeconomica e politica.

§       Riconosce che lo strumento dell’analisi costi–benefici ha la sua ragione di esistere, ma solo a livello microeconomico, per validare le transazioni tra i singoli individui, ma non a livello collettivo, globale. Occorre ricordare che, in un sistema complesso, come lo è il sistema socioeconomico, le dinamiche ai diversi livelli olonici sono tra loro irriducibili. Ciò significa che le leggi che regolano la dinamica delle transazioni tra i singoli individui (a livello microeconomico) non si possono estendere a livello di sistema socioeconomico, inteso come un tutto (a livello macroeconomico). Lì valgono altre norme comportamentali.

§       Ritiene che la dimensione sociale ottimale dell’economia sia un obiettivo da definire a livello globale, sociale, dato che implica un giudizio etico sulla qualità delle relazioni sociali. A supporto del processo decisionale propone valutazioni multimodali che tengano sempre in primo piano gli interessi di tutta la comunità. Esse potranno essere integrate con l’analisi costi – benefici, la quale, comunque, non deve risultare determinante nel processo decisionale.

§       Ritiene che il processo decisionale si debba basare su un dialogo onesto e trasparente, a sfondo etico, sui temi sociali, politici e scientifici, condotto su base democratica, tra una comunità estesa di pari che ha libero accesso a tutte le informazioni che desidera. Una comunità di decisione che comprende tutte le componenti sociali (nessuna esclusa) e le tutte le forme di conoscenza (scientifica e umanistica).

§       L’economia ecologica è soprattutto una scienza socio–ecologica che studia le interrelazioni dinamiche tra i sistemi biofisici, sociali e istituzionali dai quali originano i problemi economici e ambientali e ricerca modi per gestirli.

§       E’ una scienza democratica, vicina al territorio, attenta soprattutto al benessere della gente. Dà importanza anche alla dimensione materiale ed energetica (biofisica) dell’economia, alla distribuzione spazio temporale delle risorse naturali  e dei rifiuti ,come pure ad una giusta distribuzione della ricchezza intra e intergenerazionale.



03   Visione preanalitica

Per definizione, la visione preanalitica (Joseph Schumpeter) o paradigma (Thomas Kuhn) è lo schema mentale originario, che sta a fondamento di una teoria e che nasce da un atto cognitivo preanalitico (che precede ogni analisi), dal quale deriva ogni successiva analisi razionale. Ciò che la visione preanalitica non coglie originariamente, non può essere oggetto di analisi razionale da parte della teoria. La visione precede storicamente la nascita di una scienza ma può anche subentrare in qualsiasi fase dello sviluppo, quando maturano i tempi per vedere le cose sotto una nuova luce.


Economia tradizionale

L’economia tradizionale ignora del tutto il problema della dinamica del sistema socioeconomico sul piano di astrazione biofisico (ambiente) dato che la sua visione preanalitica è quella del flusso circolare del valore di scambio sul piano di astrazione simbolico, monetario, del sistema socioeconomico.

Sul piano simbolico del valore monetario, l’attività macroeconomica è vista, dunque, come un sistema isolato (che non ha scambi di materia ed energia con l’ambiente circostante), dove un flusso di valore di scambio circola all’infinito, in un circuito chiuso, tra famiglie e imprese.

Nella visione preanalitica dell’economia tradizionale ciò che circola non è un flusso di beni fisici, prodotti e consumati ma, come si è detto, è un flusso astratto di valore di scambio, espresso in termini simbolici, monetari. Che pertanto può circolare all’infinito, non essendo soggetto al secondo principio della termodinamica che impedisce il completo riciclaggio dell’energia.

Flusso circolare del valore di scambio sul piano di astrazione simbolico, monetario

Nella visione preanalitica dell’economia tradizionale l’ambiente biofisico (ecosistema) è considerato come un sotto sistema, totalmente compreso nel sistema socioeconomico; un sistema, quest’ultimo, che si espande nel vuoto, all’infinito, senza mai incontrare limiti di alcun genere né doversi mai confrontare con costi opportunità.


L’economia è il sistema globale di cui l’ecosistema è un suo sotto sistema


Economia ecologica

Nella visione preanalitica dell’economia ecologica, l’economia umana è un sottosistema aperto, totalmente compreso nell’ecosistema (ambiente biofisico), con il quale scambia un transflusso di energia e di materiali. Di conseguenza la dinamica dell’economia umana deve necessariamente convergere a quella dell’ecosistema, che è di stato stazionario, per poi coevolvere, allo scopo di assicurare uno sviluppo sostenibile ad entrambi i sistemi. A sua volta, l’ecosistema è un sistema limitato, che si interfaccia con l’universo, verso il quale è chiuso alla materia e aperto all’energia radiante.

L’economia ecologica concentra l’attenzione sui problemi di vicinanza del sistema socioeconomico ai limiti imposti dall’ecosistema e, in particolare, si occupa dei problemi di esauribilità delle risorse naturali non rinnovabili prelevate dall’ambiente e di saturazione dei bacini di ricezione dei rifiuti scaricati nell’ambiente, della degradazione dei servizi ecosistemici e di qualsiasi altro problema di interfaccia.

                                   L’economia è un sottosistema dell’ecosistema globale

Nella sua visione preanalitica, l’economia ecologica è in possesso del concetto di transflusso, ossia di trasferimento di materia e di energia che avviene nella dimensione biofisica e che, pertanto, è soggetto ai principi della termodinamica e, in particolare, al principio entropico (il secondo principio della termodinamica).

Il transflusso è unidirezionale ed entropico perché è costituito da materia e da energia a bassa entropia, prelevate dalle sorgenti dell’ambiente, che hanno valore per l’uomo, il quale le utilizza ai fini di produrre beni e servizi per soddisfare i suoi bisogni. Dopo aver attraversato i processi produttivi, il transflusso, ad alta entropia, viene scaricato nell’ambiente sotto forma di rifiuti che non hanno più valore per l’uomo. Tali rifiuti, se non vengono prontamente assorbiti e riciclati dai servizi ecosistemici, si accumulano nei bacini di raccolta (discariche) e li saturano, provocando il fenomeno dell’inquinamento.

Attualmente l’economia umana è in crescita con una dinamica di espansione biofisica esponenziale, mentre l’ecosistema si sviluppa secondo una dinamica di stato stazionario, che non contempla un’espansione biofisica. L’ecosistema globale, che ricopre l’intera superficie terrestre, è un sistema che si interfaccia con l’universo, rispetto al quale è chiuso al passaggio di materia e aperto all’energia radiante (a bassa entropia) che riceve dal sole e che poi reirraggia nell’universo, sotto forma di radiazione termica terrestre (ad alta entropia). In queste condizioni, l’ecosistema globale, non può crescere fisicamente perché:
a)    è costante la superficie terrestre sottoposta all’irraggiamento solare.
b)    è costante l’irraggiamento solare medio annuo che incide sulla superficie terrestre

La degradazione entropica del flusso di energia radiante solare che si verifica quando interagisce con la superficie terrestre, non è un processo che avviene inutilmente perchè è l’artefice della creazione dell’ecosistema globale, inteso come un vero e proprio organismo vivente, e della sua sostenibilità nel tempo. Nella sua dimensione biofisica, l’ecosistema è un sistema dissipativo, infinitamente complesso, che obbedisce alle leggi della termodinamica dei sistemi aperti, che esiste e si sviluppa lontano dalle condizioni di equilibrio termodinamico, secondo una dinamica di stato stazionario, non potendo crescere nella dimensione biofisica.
Se l’economia globale umana continuerà con la sua attuale tendenza ad espandersi, nella sua dimensione biofisica, ad un certo punto si avvicinerà troppo ai limiti imposti dall’ecosistema e, tra i due sistemi, inizieranno a manifestarsi delle forti interazioni. Siccome, però, l’ecosistema non si può espandere nella sua dimensione biofisica, allora sarà necessariamente il sottosistema dell’economia umana che verrà sollecitato a cambiare la sua dinamica che, da espansiva, dovrà diventare di stato stazionario, per poter poi coevolvere in armonia con il suo ambiente.


L’umanità dovrà abbandonare al più presto l’attuale paradigma socioeconomico tecnocratico, che propugna la crescita economica biofisica illimitata, e passare al nuovo paradigma socioeconomico dell’ecologia integrale, che si basa sull’economia ecologica di stato stazionario. Se non sarà tanto accorta da farlo in tempo, allora saranno i sopraggiunti limiti ambientali a forzare il cambiamento di dinamica  dell’economia umana. Insomma, sarà la natura stessa a provvedere e lo farà senza preoccuparsi delle possibili conseguenze per il genere umano, che non saranno certamente piacevoli.

Per salvarci serve un salto di consapevolezza circa la situazione in cui l’umanità si trova. Dobbiamo muoverci e coordinarci per:
a)    abbandonare al più presto l’attuale paradigma socioeconomico tecnocratico, strenuo sostenitore e difensore delle crescita biofisica illimitata e responsabile del rapido esaurimento delle risorse non rinnovabili e del forte inquinamento del pianeta;
b)    creare nuove istituzioni, leggi, regole e norme sociali di comportamento che favoriscano l’emergere del paradigma socioeconomico dell’ecologia integrale; un paradigma attento soprattutto ai bisogni delle persone e rispettoso dell’ambiente.



04  Approccio cognitivo

Economia tradizionale

La teoria economica tradizionale, oggi dominante, è una disciplina scientifica settoriale, specialistica che adotta un approccio cognitivo analitico, riduzionistico e lineare ed ha sviluppato un linguaggio incomprensibile al di fuori della ristretta cerchia di specialisti.

Adotta un’epistemologia che permette di semplificare la complessità attraverso la specializzazione in discipline. Si presume, cioè, di poter studiare qualsiasi problema suddividendolo in parti sempre più piccole, che si ritengono anche più semplici, stabili ed indipendenti; parti che vengono studiate da una molteplicità di discipline specialistiche, dirette a risolvere i problemi (in senso kuhniano).

L’epistemologia è coerente con il cosiddetto “metodo scientifico”, appositamente progettato  per consentire la costruzione di teorie astratte e chiuse (quindi completamente quantificabili) che vengono poi sottoposte ad una sperimentazione “controllata” (in laboratorio) allo scopo di verificarne le caratteristiche salienti. Una procedura che, in qualche modo, richiama la fallacia del cecchino texano che utilizza i dati per giustificare la teoria.

L’approccio cognitivo analitico si rivela molto efficace nello studio dei problemi caratterizzati dalla complessità di dettaglio ma del tutto inefficace ad affrontare temi di elevata complessità dinamica come i problemi socioeconomici, che hanno forti implicazioni politiche.

Nel costruire le sue teorie, la scienza tradizionale “normale” si aspetta regolarità, semplicità dei fenomeni e certezza dei dati, e trascura ogni evento che sia di ostacolo alla capacità di comprendere e risolvere i problemi di una data realtà. In tal senso essa è stata oggetto delle critiche di Popper, con la teoria della falsificabilità, e di Kuhn, con la teoria del paradigma.


L’economia tradizionale, come disciplina normale, considera unicamente i fatti scientifici, oggettivi e concreti, e prescinde da valori di giudizio, soggettivi ed elastici e, in tal senso, è una scienza amorale.

Essa ritiene che le  decisioni politiche debbano essere esclusivamente assunte su una rigorosa base razionale, prettamente economica. A tal fine, per validare i  suoi modelli, adotta il linguaggio matematico che reputa l’unico rigorosamente scientifico. Nel caso in cui si debbano adottare decisioni politiche “difficili”, avendo a disposizione dati scientifici del tutto incerti, la scienza normale ricorre al prestigio e all’autorevolezza di un uomo di scienza o di un tecnologo di fama (di un membro di una comunità ristretta di pari) per nascondere i carichi valoriali che influenzano le decisioni finali e le raccomandazioni politiche.

Riassumendo, si può affermare che la scienza tradizionale, più che alla verità si affida alla qualità delle informazioni scientifiche a disposizione, che viene autocertificata da una comunità di pari.


Economia ecologica

L’economia ecologica riconosce che la realtà è sistemica e complessa e, pertanto, adotta un approccio cognitivo di sintesi, sistemico e circolare, che è particolarmente idoneo allo studio delle interazioni dinamiche complesse tra i sistemi economici, sociopolitici e biofisici.

Adotta una visione sistemica, transdisciplinare, a lungo termine, dell’attività economica e ritiene che i temi dell’ equità, della distribuzione della ricchezza, dell’etica e dei processi culturali, siano centrali per la sostenibilità. A supporto del processo decisionale considera sempre prioritario l’interesse di tutta la comunità. A tal fine propone valutazioni multimodali che possono anche essere integrate da analisi costi – benefici, le quali, però, non risultano determinanti nel processo decisionale.

Per una corretta gestione dell’ambiente, l’economia ecologica ritiene che i problemi dello sfruttamento delle risorse naturali e della capacità di assimilazione dei rifiuti siano da gestire in modo sistemico e non separatamente. A tal fine, ricerca nuove e più intense relazioni sistemiche, crea nuove istituzioni, nuove leggi, regole e norme sociali di comportamento.

Ricerca i migliori soddisfattori dei bisogni umani, con la consapevolezza che debbano essere compatibili con l’ecosistema e con la preservazione dei sevizi ecosistemici che, sebbene gratuiti, sono preziosi per il sostentamento della vita sul pianeta e per l’esistenza di noi esseri umani e della nostra economia.


(continua)       (tornaindietro)

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