GESTIRE LE RISORSE COLLETTIVE
Nel
presente articolo, il termine risorsa è usato come sinonimo di bene ossia di
ciò che soddisfa un bisogno umano. Più in generale, si definisce risorsa anche
un mezzo per produrre dei beni o per avere accesso ad altri beni. In tal senso
una risorsa è un bene che soddisfa indirettamente i bisogni umani. Ad
esempio, un terreno fertile, coltivato a grano, è un bene ma è anche una
risorsa perché produce un altro bene (il cereale) che serve a soddisfare il
bisogno di cibo. Un giacimento di petrolio è una risorsa perché produce il
petrolio, che è un bene. Tuttavia il petrolio può anche essere considerato una
risorsa, dato che serve a produrre un’infinità di altri beni: calore,
lavoro meccanico, tecnopolimeri, fertilizzanti, ecc.). Per concludere, anche le
risorse sono dei beni, solo che si trovano in un rapporto particolare con i
beni che si possono ricavare da esse.
E'
possibile gestire tutte le risorse (umane, finanziarie e naturali) meglio di
quanto facciamo oggi ? Per rispondere a questa domanda è opportuno premettere
alcune definizioni in merito alla loro classificazione.
Classificazione delle risorse
Le
risorse si distinguono in rivali e non rivali, escludibili e non escludibili,
come segue:
§
Risorsa rivale. Una risorsa si definisce rivale
quando il suo impiego esclude l’utilizzo da parte di un altro.
§
Risorsa non rivale. Una risorsa non rivale può essere
utilizzata da diversi individui, senza costi supplementari.
§
Risorsa escludibile. Una risorsa si definisce escludibile
quando chi la possiede può impedirne l’accesso ad altri attraverso
l’istituzione di regole, come ad esempio “il diritto di proprietà”.
§
Risorsa non escludibile (ad accesso libero o
regolamentato). Una risorsa si dice non escludibile quando il suo utilizzo non può
essere riservato a chi è titolare di un diritto di proprietà ma è a
disposizione di tutti e può anche essere sottoposto a determinate regole di
comportamento.
In
base alle caratteristiche di rivalità e di escludibilità, le risorse si
classificano in:
§
Risorsa privata. E’ una risorsa rivale ed
escludibile, soggetta al diritto di proprietà. E’ quella che viene comunemente
chiamata merce.
§
Risorsa pubblica. E’ una risorsa collettiva non rivale
e non escludibile, della quale tutti possono beneficiare liberamente. Esempio:
l’aria che si respira.
§
Risorsa ibrida. E’ una risorsa collettiva, non
rivale ma escludibile, alla quale si accede dietro pagamento di una quota.
Esempi: ponti e autostrade a pedaggio, spettacoli a pagamento.
§
Risorsa comune. E’ una risorsa collettiva, rivale e
non escludibile, alla quale non si applica il diritto di proprietà. Per la sua
gestione, occorre predisporre una serie di regole e di istituzioni. In
sostanza, essa è una risorsa non escludibile ma ad accesso regolamentato.
Esempi: acqua potabile, foreste, reti ferroviarie, reti elettriche, zone di
pesca, pascoli, sistemi di irrigazione, terreno fertile di superficie,
combustibili fossili, moneta, lavoro, etc.
Infine,
le risorse ibride, comuni e pubbliche appartengono al gruppo delle risorse
collettive.
Tabella:
Classificazione delle risorse
La tragedia delle risorse collettive
L’acqua
potabile, i pascoli, le foreste, il terreno fertile di superficie (humus), le
zone di pesca oceaniche, i combustibili fossili, ossia gran parte del capitale
naturale e dei servizi ecosistemici di interesse, sono risorse collettive
rivali. Esse dovrebbero essere correttamente gestite come risorse comuni, ossia
come risorse collettive ad accesso regolamentato (common). Oggi invece sono
quasi universalmente gestite come risorse private e sono inesorabilmente fatte
oggetto di accaparramento e predazione, fino al loro esaurimento.
I
soggetti interessati: individui, gruppi, aziende, tendono a gestire le scarse
risorse collettive rivali come se fossero risorse private. Le sfruttano
liberamente, a piacimento, con l’obiettivo di perseguire in modo prioritario i
loro interessi individuali. A causa del loro vergognoso comportamento vengono
anche chiamati “appropriatori”. All’inizio, quando la risorsa collettiva rivale
è ancora poco sfruttata, gli “appropriatori” esercitano la loro attività con
rendimenti crescenti e traggono notevoli benefici personali, senza però
danneggiare la collettività. Purtroppo con il procedere dello sfruttamento,
diventa sempre più evidente il conflitto tra l’interesse dei singoli individui
e quello della collettività. La risorsa viene sfruttata oltre il suo reddito
sostenibile e si esaurisce progressivamente. A questo punto gli “appropriatori”
si rendono conto che i rendimenti della loro attività iniziano a diminuire e
pertanto, operando in assenza di regole, intensificano ulteriormente i loro
sforzi predatori; ma il risultato è un esaurimento ancora più veloce della
risorsa e l’anticipo del collasso della loro attività.
Questa
dinamica, inizialmente portata all’attenzione del pubblico da Garret
Hardin e successivamente approfondita teoricamente dal premio Nobel Elinor
Ostrom, va sotto il nome di “tragedia delle risorse collettive” ed è uno
degli archetipi del pensiero sistemico, a sottolineare il fatto che è un
esempio di comportamento molto diffuso, nei più disparati ambiti.
La
tragedia delle risorse collettive evidenzia il conflitto sistemico tra il
comportamento razionale a livello individuale e quello a livello collettivo.
Quello che sembra un comportamento logico dal punto di vista del singolo
individuo, a livello della comunità diventa irrazionale, devastante e provoca
notevoli disfunzioni. E’ da sottolineare che, in un contesto di conflitto tra
individuo e comunità, tra privato e pubblico, i progressi nella
“tecnologia della produttività” non sono affatto di aiuto in quanto
accelerano lo sfruttamento delle risorse naturali, anticipando il collasso del
sistema.
Serve
un cambiamento di paradigma; occorre orientarsi verso una politica che
valorizzi e gestisca correttamente le risorse collettive e, in particolare, il
lavoro. Nel nuovo paradigma dell’ecologia integrale, il pieno impiego diventa
il principale obiettivo politico perchè la dignità della persona è un valore
fondamentale che deve essere difeso con la massima priorità. Nel paradigma
dell’ecologia integrale, la “tecnologia dell’efficienza” assume un posto di
rilievo al servizio dell’economia umana. A differenza della tecnologia della
produttività, la tecnologia dell’efficienza tende a conservare le risorse
naturali (il capitale naturale) e ad impiegare più capitale umano (specialmente
in termini di relazioni umane e creatività) per conseguire un’economia
sostenibile, rispettosa dell’uomo e dell’ambiente.
La gestione dei beni comuni
La
logica dicotomica tra risorsa privata e risorsa pubblica, tra privatizzazione e
nazionalizzazione, nella quale ci troviamo vincolati, limita fortemente la
nostra capacità di gestire in modo corretto le già ricordate scarse risorse
collettive che hanno caratteristiche di rivalità quali: l’acqua potabile, i
pascoli, le foreste, lo strato fertile superficiale del terreno (humus), le
zone di pesca oceaniche, i combustibili fossili, ecc. Molte di esse, oggi, sono
a rischio di esaurimento perché vengono gestite come risorse private.
Non
dobbiamo dimenticare che anche il lavoro e la moneta sono due importanti
risorse collettive. Purtroppo, nell’attuale paradigma tecnocratico, che forma
il contesto sociopolitico globalizzato oggi dominante, anziché essere
correttamente governate come common, esse vengono gestite, a livello
sovranazionale, come risorse private e sono sottoposte ad appropriazione da
parte di individui e organizzazioni privati.
Una
volta Einstein ebbe a dire: “non si può risolvere un problema con la stessa
mentalità di chi lo ha creato”. Allora abbiamo una speranza. Noi possiamo
risolvere i problemi che ci affliggono da decenni e che ci sembrano
irrisolvibili ma a condizione di cambiare punto di vista e adottare una nuova
visione, un nuovo paradigma cognitivo della realtà. Un importante passo è
quello di rifiutare ogni gestione privata delle risorse collettive rivali e di
impegnarsi a gestirle come risorse comuni (common), istituendo un sistema di
regole, per potervi accedere in modo corretto.
Tenendo
conto che non esiste alcuna regola, universalmente valida, per risolvere ogni
complesso problema socio – ecologico, per una corretta gestione delle risorse
comuni è comunque opportuno rispettare i seguenti principi istituzionali:
- Chiara delimitazione e
definizione della risorsa comune da produrre.
Gli operatori interessati alla produzione sostenibile della risorsa
collettiva si costituiscono in un’organizzazione, sia per dichiarare
pubblicamente i limiti della loro attività sia per distinguersi da ogni
altro operatore che non sia interessato a rispettare le regole per la
gestione sostenibile dell’attività stessa.
- Definizione delle regole. Tutti i membri
dell’organizzazione contribuiscono in modo proattivo a regolamentare
l’attività. Essi partecipano regolarmente agli incontri per stabilire e
aggiornare nel tempo il sistema delle regole di gestione della risorsa
comune, per il suo utilizzo sostenibile, democratico ed etico. Il loro
processo decisionale viene condotto sulla base di un dialogo onesto e
trasparente, tra pari.
- Riconoscimento sociale
dell’autodeterminazione.
I membri dell’organizzazione hanno il diritto di autodeterminarsi e
di aggiornare, quando necessario, le regole di gestione della loro
attività; un diritto che è riconosciuto ed accettato da tutta la
collettività. (Formalmente ciò avviene con il riconoscimento da parte di
un’Autorità di livello gerarchico superiore).
- Modalità di partecipazione
all’attività.
Tutti i membri interessati partecipano all’attività di produzione
collettiva della risorsa, rispettando il sistema di regole e di istituzioni
che si sono autoimposti. Per una gestione sostenibile, democratica ed
etica dell’attività, ogni membro ha il diritto di rinegoziare la propria
partecipazione all’attività a condizione che anche tutti gli altri possano
modificare la loro partecipazione in modo proporzionale, secondo il principio
di reciprocità.
- Organizzazione. In caso di gestione di risorse
comuni su grande scala, occorre ripartire in modo equo le attività dei
vari membri per assicurare una giusta produzione del bene comune. In tal
caso, l’organizzazione deve essere gerarchica, ossia prevedere più
imprese annidate ai diversi livelli e, al livello base, le imprese
locali, di piccole dimensioni, che gestiscono direttamente la risorsa
comune. Tutte le decisioni si basano sul principio di sussidiarietà,
che è un principio fondamentale per
la gestione delle risorse comuni ed è il perno sul quale strutturare
l’azione pubblica (enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII, 1891). Il
principio prevede che tutte le decisioni devono essere delegate dai
livelli gerarchici superiori a quelli inferiori più vicini ai bisogni degli
operatori e alle risorse prodotte. (Se il livello più vicino alle esigenze
dell’utenza non ha competenza in materia, viene aiutato
dai livelli superiori).
- Sistema di sorveglianza. Gli stessi membri
dell’organizzazione o persone da essi appositamente incaricate organizzano
un efficace e continuo sistema di sorveglianza del comportamento di
tutti gli interessati alla produzione della risorsa comune (lavoratori,
imprese e istituzioni), allo scopo di accertare che tutti rispettino le
regole in modo da evitare atteggiamenti da “appropriatori”.
- Sistema sanzionatorio. I membri dell’organizzazione
predispongono un severo sistema di sanzioni progressive con l’applicazione
di penali certe da irrogare agli “appropriatori” che violano le regole.
- Meccanismi di risoluzione dei conflitti. L’organizzazione prevede meccanismi per la gestione di eventuali conflitti tra i membri, che siano poco costosi e facilmente accessibili.
Conclusioni
Sin
dagli inizi degli anni ’80, le ricerche in ambito economico hanno dimostrato
che i mercati finanziari sono incompleti (J. E. Stiglitz); una caratteristica
che, per effetto della grave interferenza della finanza nell’economia reale, ha
coinvolto anche tutti gli altri mercati. Come conseguenza della loro
incompletezza, i mercati non solo non assicurano un’ equa distribuzione
delle risorse collettive rivali ma, addirittura, non possono neppure garantire
la loro efficace allocazione.
La
recente ricerca economica, pertanto, ha dimostrato che il mercato, il più
importante e magnificato costrutto della teoria economica tradizionale, in realtà
è un istituto fallimentare, che non è neppure capace di allocare in modo
efficiente le stesse risorse private (le merci). Come immediata conclusione, il
pensare di gestire una risorsa collettiva rivale come se fosse una risorsa
privata comporta sempre una serie di problemi e genera disfunzioni e
ingiustizie sociali.
Dobbiamo
dunque combattere le supponenza di pochi che, a causa della disattenzione e
dell’ignoranza di molti, agiscono in modo indisturbato e impunito e gestiscono
le risorse collettive rivali come risorse private. Essi agiscono ignorando le
esternalità generate dal loro riprovevole comportamento; privatizzano i
benefici e socializzano le perdite, traendo così notevoli vantaggi
personali.
I
problemi sociali derivano anche dal fatto che ci siamo imbrigliati nella
dicotomia tra risorsa privata e risorsa pubblica. Nella nostra attuale società,
il governare le risorse collettive come risorse private anziché come risorse ad
accesso regolamentato (common), comporta innumerevoli danni all’ambiente
e agli stessi cittadini mentre avvantaggia un’élite tecnocratica e finanziaria
che sovrasta la politica e l’economia reale.
In
conclusione, un modo per risolvere i problemi di natura sociopolitica e per
avviarci verso un futuro di pace e di collaborazione tra i popoli, è quello di
incominciare dalla corretta gestione delle risorse comuni (common), secondo i
principi di sussidiarietà, reciprocità e precauzione, e nel rispetto del
contesto locale.
Appendice
Solo
per curiosità e per chi fosse interessato, ecco il Causal Loop Diagram (CLD) de
“La tragedia dei beni comuni”. Il CLD è uno strumento del pensiero sistemico
che consente di individuare la struttura sistemica del problema complesso dalla
quale evincere la sua dinamica (il comportamento). Nel CLD, per semplicità,
sono rappresentati due soli attori (A e B), impegnati nello sfruttamento della
risorsa collettiva rivale. Il grafico sulla destra illustra
l’andamento, nel tempo, del rendimento dell’ attività di
sfruttamento della risorsa collettiva rivale da parte degli individui
privati.
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