RIFLESSIONI 2
Ecco, di seguito, altre riflessioni che possono
essere oggetto di un sereno confronto.
1. Il credo o meglio il mito della teoria economica tradizionale,
dominante, ossia la crescita materiale illimitata ha ancora un senso nel mondo attuale
dove i limiti fisici del nostro pianeta diventano ogni giorno sempre più
drammaticamente evidenti ?
L’ economica
tradizionale, isolata nella sua torre d’avorio, ha perso il contatto con la
realtà. Ancora oggi, nella sua visione di fondo, considera l’attività economica
umana come separata dall’ambiente socioeconomico. Nella visione della teoria
economica tradizionale, la Natura rimane sostanzialmente incontaminata e svolge
un ruolo passivo, da sfondo. Gli economisti tradizionali non vogliono rendersi
conto che oggi le dimensioni dell’economia umana sono talmente cresciute da essere
comparabili con le dimensioni dell’ecosistema che presiede alla sopravvivenza
di tutte le specie viventi, compresi gli umani. In vicinanza dei limiti
ecologici, il modello economico tradizionale (neoclassico) non funziona più e lo
si deve cambiare al più presto.
Nella visione sistemica dell’economia
ecologica, l’attività socioeconomica umana è un sottosistema del più ampio ecosistema
(ambiente) che lo contiene. Quest’ultimo è visto come un sistema aperto
all’energia (radiante) e chiuso alla materia che, pertanto, ha dimensioni finite.
L’ecosistema non cresce materialmente bensì si evolve in modo sostenibile,
secondo una propria dinamica di stato stazionario. Il sottosistema socioeconomico
deve ovviamente relazionarsi con l’ambiente e, pertanto, è visto come un sistema
aperto che scambia un flusso di materia, energia e informazioni (il
transflusso) con il suo ecosistema, che lo racchiude completamente. A causa
della sua continua crescita materiale esponenziale, l’economia umana oggi ha
raggiunto dimensioni fisiche troppo pericolosamente vicine alle dimensioni
dell’ecosistema.
Il sottosistema socioeconomico, che oggi è
gestito secondo la teoria economica tradizionale, sta crescendo secondo una dinamica
di tipo esponenziale, alimentato da un consumo esponenziale dei combustibili
fossili e dalle leggi, anch’esse esponenziali, dell’economia finanziaria (come
quella dell’interesse composto). Diversamente, l’ecosistema (l’ambiente) è regolato
dalle leggi della termodinamica e della biofisica e, da sempre, si evolve
secondo una dinamica di stato stazionario, di sviluppo senza crescita materiale.
I due sistemi si stanno evolvendo con
dinamiche tra loro incompatibili e ciò comporta gravi problemi perché sono destinati
ad interferire. Già adesso assistiamo alle prime avvisaglie dell’attrito che si
sta manifestando sotto forma di crisi sistemiche che incombono sull’umanità. Si
ricordano: la crisi ambientale con l’inquinamento planetario, l’esaurimento
delle risorse naturali non rinnovabili, sia energetiche che di minerali utili e
la perdita di biodiversità (estinzione di massa delle specie) ma anche la crisi socio economica, il problema
della crescente disoccupazione, l’aumento del divario tra ricchi e poveri, con
la sparizione della classe sociale media, il dilagare della droga e della
criminalità organizzata.
La realtà che ci circonda si presenta sempre di
più sistemica e complessa. I problemi
che dovremo affrontare, in un prossimo futuro, sono caratterizzati da una grande
complessità dinamica; un tipo di complessità che abbiamo difficoltà a comprendere,
soprattutto perché viviamo e siamo assorbiti da una cultura che interpreta la
realtà secondo il paradigma cognitivo analitico, lineare, riduzionista. Un
paradigma che si rivela gravemente inadatto a comprendere e gestire i problemi
complessi.
D’altra parte i media non affrontano mai il
tema della formazione del pubblico e si limitano a fornire alla gente delle informazioni
così come arrivano, in modo superficiale, senza collegarle a sistema, senza mai
approfondire seriamente alcun tema. L’intento è soprattutto quello di fare leva
sull’emotività della gente piuttosto che sulla ragione, per convincerla ad
aderire alle tesi di questo o di quel gruppo di potere, ai quali sono legati, secondo
la convenienza del momento. Tutto è pubblicità e manipolazione del consenso.
Nei talk show si assiste sempre ad uno
scontro di idee. I partecipanti propugnano, dibattono, cercano di far prevalere
le loro idee perché le ritengono, in assoluto, migliori di quelle degli altri,
che sono visti come avversari, come nemici da combattere. Non si assiste mai ad
un dialogo veramente onesto e trasparente. Così, si diffondono solo mezze
verità, senza mai fornire allo spettatore gli strumenti intellettuali che gli
permettono di formarsi una visione sistemica, completa, del problema in esame;
di comprendere la realtà ad un livello più profondo.
Una grande responsabilità è del sistema
educativo formale; è della scuola che, fin da piccoli, educa alla competizione,
alla propugnazione delle proprie idee, alla valorizzazione del singolo
individuo, al culto della persona. Lo si vede anche nello sport, dove prevale
l’agonismo, il tifo per questa o quella squadra, per questo o quell’atleta, ma
anche nello spettacolo, dove si tributano grandi onori e ricchezze a questo o a
quel divo.
L’insegnamento della Natura è ben diverso. In
un mondo che non può crescere ma che si deve evolvere secondo una dinamica di
stato stazionario, i comportamenti vincenti sono quelli della collaborazione,
delle sinergie. Il mondo biologico è ricco di esempi di sinergie, che sono di
gran lunga prevalenti rispetto alla competizione, di memoria darwiniana.
La sola speranza per uscire dalle crisi è in
una rivoluzione culturale, dove la scuola gioca un ruolo veramente importante.
Ad integrazione del paradigma analitico, che concentra l’attenzione sulle
proprietà invarianti, statiche, dei singoli elementi che compongono il sistema, occorre insegnare,
sin dalla più tenera età, ad interpretare la realtà anche secondo il paradigma
cognitivo della sintesi, che si basa sul pensiero sistemico, che è ecologico, non
lineare e dinamico. Quello della sintesi è un nuovo modo di interpretare la
realtà che studia un problema concentrando l’attenzione sulle relazioni circolari
e non lineari, continuamente mutevoli, tra gli elementi del sistema. Secondo il
metodo globale della sintesi, dallo studio dell’intera struttura sistemica del
problema (ossia di come sono interconnessi gli elementi a formare il sistema),
si evincono i comportamenti emergenti, del tutto nuovi, inaspettati e sorprendenti; che non sono deducibili dalle
proprietà dei singoli elementi che compongono il sistema.
L’educazione al pensiero sistemico e al
paradigma della sintesi, che comporta dinamiche non lineari, aiuta la gente a
prendere atto del fatto che il singolo non è affatto impotente davanti ai
grandi problemi sistemici planetari. Tutte le crisi potranno essere affrontate
e risolte quando le persone prenderanno atto della realtà complessa e sistemica
dei problemi che ci affliggono e capiranno che ogni loro singola azione, per
quanto insignificante possa sembrare, amplificata dalla dinamica non lineare
del sistema, può diventare determinante e generare un effetto macroscopico a
livello globale (effetto farfalla).
Nel nuovo contesto culturale, la gente,
divenuta consapevole della propria influenza, si assumerà in prima persona la
responsabilità dell’insostenibilità dell’attuale sistema socio politico economico
globalizzato e interverrà per introdurre i necessari cambiamenti allo scopo di modificarne
la dinamica e renderla compatibile con quella dell’ecosistema affinchè entrambi
i sistemi possano coevolvere illimitatamente in modo sostenibile ed armonioso.
2. La metafora della “mano invisibile” di Adam
Smith può ancora essere ritenuta valida in un periodo in cui la società umana è
passata da una fase operosa, con merci e traffici inseriti nella catena trofica
della biosfera e in sostanziale armonia con la natura, ad una fase che è sostanzialmente
parassitaria e dipendente dai combustibili fossili?
Nel paradigma tecnocratico, oggi dominante, il potere tecnologico della
produttività ed il potere economico finanziario, sfruttando l’efficientismo
tecnocratico, si sono alleati per sottomettere il potere politico e quello
dell’economia reale, sottraendo progressivamente sovranità agli Stati
nazionali. L’economia finanziaria ha assunto un enorme potere. Essa esalta la
perfezione dei mercati liberi, magnifica il loro efficientismo, quasi taumaturgico,
e decide, in modo amorale, il tipo di sviluppo tecnologico che deve essere
percorso dalla società, in un’ottica di profitto immediato.
Il paradigma
economico tradizionale, oggi dominante, assegna all’agente economico il modello
di comportamento dell’“homo oeconomicus”, l’unità fondamentale dell’individualismo
metodologico, definito come:
a)
un
individuo autosufficiente, indipendente e infinitamente mobile;
b)
una
persona perfettamente razionale, che agisce in base a relazioni dirette di
causa ed effetto, quindi in modo assolutamente prevedibile;
c)
un
essere egoista, edonista, individualista, che opera sui mercati razionali e
perfetti, attuando transazioni economiche, con l’unico obiettivo di trarre la
massima utilità personale possibile;
d)
un
individuo dotato di un sistema informativo che lo aggiorna in tempo reale, in
modo perfetto, corretto e completo, e che gli consente:
-
di
disporre tutte le informazioni utili a calcolare all’istante il valore di ogni
alternativa possibile, per adottare le migliori decisioni in tempo reale;
-
di
rilevare ogni suo eventuale errore e di correggerlo all’istante.
Il concetto più importante e prestigioso della
teoria economica tradizionale è il libero mercato; un’idea difesa strenuamente dagli economisti tradizionali
che lo ritengono un istituto capace di allocare nel modo più efficiente
ogni tipo di bene, non solo i beni privati ma anche quelli collettivi (dopo
averli privatizzati) ma che, per funzionare correttamente, non deve essere
soggetto alla benché minima interferenza da parte dello Stato.
La
loro incrollabile fede nel mercato, porta gli economisti tradizionali a ritenere
che i costi delle esternalità sociali ed ambientati non siano un fallimento del
mercato (come in effetti lo sono) ma eventi da accettare come inevitabili, secondo
la logica della privatizzazione dei benefici e della socializzazione dei costi.
Dato che il mercato non è in grado di valorizzare il capitale naturale e i
servizi ecosistemici, in epoca più recente, con l’economia ambientale (che è
un’emanazione dell’economia tradizionale), gli economisti tradizionali hanno
accettato di inserire il valore di quei beni, in modo forzoso, nella dinamica
del mercato, considerandoli esternalità, ma ritenendo comunque inviolabile
l’istituto del libero mercato.
Negli anni ’80 del XX secolo, la ricerca accademica in ambito economico ha
stabilito, senza ombra di dubbio, che tutti i mercati liberi e soprattutto quelli finanziari sono incompleti
(Stiglitz, 1982). Viene dimostrato che i mercati, con il loro sistema
dei prezzi basato sulla legge della domanda e dell’offerta, non sono quelle
istituzioni così perfette e razionali, capaci di allocare in modo efficiente le
risorse, che sono state tanto magnificate dalla teoria economica dominante. Più specificatamente, i mercati incompleti non sono
in grado di assicurare ogni genere di rischio né possono garantire il bene
sociale (lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale).
L’edificio eretto attorno al concetto di mercato, che si pensava indistruttibile,
inizia a crollare. In particolare, crolla
il mito della mano invisibile, tanto lodato dall’economia tradizionale neoclassica:
una concezione primitiva del potere taumaturgico dei liberi mercati che si
ritengono capaci di trasformare l’egoismo individuale in giustizia e bene
sociale.
Alla luce delle
recenti conoscenze di psicologia sociale e di neurologia, che descrivono gli inganni
ai quali è soggetta la mente umana cosciente (contabilità mentale, effetto di
ancoraggio, ecc.) e, in particolare, la sua incapacità ad assegnare un valore
assoluto, fondamentale, a qualsiasi bene, crolla anche la legge della domanda e
dell’offerta (il sistema dei prezzi), forse il più importante ed elogiato
risultato raggiunto dall’economia tradizionale neoclassica. (Stiglitz, 1982).
Emerge
infine la dura realtà, che descrive i liberi mercati come strutture imperfette
e fallibili, soggette alle spinte emotive umane. Il libero mercato, tanto lodato dall’economia tradizionale, non
solo non riesce a garantire il bene sociale
ma non è neppure capace di allocare nel modo più efficiente i beni. Un completo
fallimento della teoria economa tradizionale.
I
grandi economisti classici e neoclassici, a partire da A. Smith, D. Ricardo, T.
Malthus, hanno speso tanta energia e tempo per fondare l’edificio della teoria economica
classica e neoclassica sul modello di comportamento dell’ “homo oeconomicus”;
quest’ultimo inteso come l’unità fondamentale, autosufficiente,
dell’individualismo metodologico. Un modello, che la recente ricerca
scientifica nell’ambito dell’economia sperimentale e delle neuroscienze, che si
sono avvalse dei più avanzati strumenti di indagine non invasiva del cervello (risonanza
magnetica), ha dimostrato essere completamente falso.
I
più recenti studi rivelano un nuovo profilo, completamente diverso, del
comportamento dell’uomo come agente economico. E’ il profilo dell’ “homo
sapiens”; quello di una persona:
a)
la
cui volontà non ha la piena capacità di controllo sugli istinti e sulle
emozioni; egli pertanto vive sempre in un qualche stato emotivo che condiziona
pesantemente le sue facoltà razionali e i suoi comportamenti;
b)
che
è del tutto incapace di assumere qualsiasi decisione su una base puramente
razionale, senza la preventiva autorizzazione a procedere da parte dell’area
limbica cerebrale (la sede della mente inconscia e delle emozioni);
c)
che
è dotata di un sistema di repressione e moderazione delle istanze emotive ed
istintive che affiorano alla mente conscia e che provengono dall’area limbica
(la mente inconscia); istanze che, in assenza di un tale sistema di protezione,
produrrebbero effetti devastanti sia alla stessa persona sia alla società;
d)
con
una mente razionale che decide in una perenne situazione di errori di
valutazione; una caratteristica, quella della mente razionale, di recente
scoperta, che è oggetto di un intenso studio da parte della ricerca neurologica
e della psicologia sperimentale;
e)
che,
nelle giuste condizioni, è istintivamente portata alla collaborazione con i
suoi simili.
La
moderna ricerca scientifica, transdisciplinare, in ambito economico, sociale,
psicologico e neurologico, sta progressivamente rivelando che la teoria
economica tradizionale si fonda su modelli del tutto inadeguati e falsi.
Risulta sempre più evidente che il paradigma economico tradizionale oggi
dominante si rivela sempre più incapace di affrontare e risolvere i problemi socioeconomici
di una realtà, quella della società moderna, che si rivela essere sempre più
complessa e sistemica.
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