LE ORIGINI BIBLICHE DELL'ECONOMIA ECOLOGICA - Parte 1
SOMMARIO
Viviamo in un mondo
profondamente secolarizzato dove le principali istituzioni: la politica,
l’economia, la scienza, la tecnologia sono tutte amorali.
Il paradigma
tecnocratico, oggi dominante, è un modello socioeconomico da biasimare e
rigettare perché adotta una visione antropocentrica, egemonica sull’umanità e
sulla natura, basata su una filosofia riduzionista e meccanicistica,
assolutamente amorale. E’ un paradigma che punta al consumismo, alla
globalizzazione e allo sfruttamento intensivo degli uomini e della natura, per
arricchire smodatamente un’ elite minoritaria, a scapito di un’ampia fascia di
popolazione che non ha di che poter vivere in modo dignitoso. E’ un paradigma
abominevole perché ritiene che non sia necessario preoccuparsi delle future
generazioni umane né delle altre specie che condividono con noi il pianeta.
Sia pure ancora in forma
indecisa e confusa, tra la gente sta crescendo un sentimento di insoddisfazione
se non di ribellione. Le persone, pur essendo grate alla scienza e alla
tecnologia per il notevole miglioramento apportato alla qualità della vita
umana, specialmente nei campi della medicina e dell’ingegneria, sono
preoccupate dell’enorme potere tecnologico che l’uomo ha acquisito e della sua
immaturità a gestirlo con saggezza.
In molti si stanno
risvegliando dall’illusione del consumismo e si stanno accorgendo che non ha
portato la prosperità, tanto promessa a tutti, ma ha concentrato la ricchezza
nelle mani di pochissimi superricchi, impoverendo tutto il resto della
popolazione e cancellando il ceto sociale intermedio.
Per assicurare un futuro
prospero su un pianeta vivibile ci dobbiamo tutti impegnare, in prima persona,
a chiedere con forza alle istituzioni di cambiare le politiche economiche
locali, nazionali e globali e dare loro una base etica. Dobbiamo incominciare a
riflettere sulla necessità di abbandonare il modello socioeconomico, oggi
dominante, e passare al nuovo paradigma dell’ecologia integrale; lo stesso che
Papa Francesco propone nella sua Lettera Enciclica “Laudato Sii“. Un paradigma che pone in primo
piano il rispetto per gli esseri umani e per la natura e che può avere, a
fondamento, l’economia ecologica dello
stato stazionario, che è un’economia etica, un’economia del benessere,
attenta soprattutto alle esigenze delle persone. Un’economia che si fonda sui
solidi principi etici di sostenibilità,
sufficienza, equità ed efficienza.
Questo post, suddiviso
in quattro parti, si pone l’obiettivo di spiegare, secondo quanto indicato
dall’economista ecologico H.E. Daly, come i principi etici economici
dell’economia ecologica derivino dai principi spirituali / religiosi
rintracciabili nelle sacre scritture e come,
con le opportune modifiche, tali principi millenari si possono tradurre in
concrete politiche economiche, coerenti con l’attuale contesto socio politico
economico.
Nonostante derivino da
ispirazioni spirituali /religiose, i principi sui quali si fonda l’economia
ecologica sono condivisibili anche da parte dei non credenti. Questo perché
detti principi possono essere di valido riferimento, per un serio impegno a
difesa del prossimo e della natura, anche da parte di chi non crede alla loro
ispirazione spirituale / religiosa.
ABSTRACT
We live in a profoundly secularized world where the main institutions:
politics, economics, science, technology are all amoral.
The technocratic paradigm, today dominant, is a socio-economic model to
blame and reject because it adopts an anthropocentric, hegemonic view on
humanity and nature, based on a reductionist and mechanistic philosophy,
absolutely amoral. It is a paradigm that points to consumerism, globalization
and the intensive exploitation of men and nature, to immoderately enrich a
minority elite, to the detriment of a wide segment of the population that does
not have enough to live in dignity. It is an abominable paradigm because it
believes that it is not necessary to worry about future human generations or
the other species that share the planet with us.
Although still in an indecisive and confused way, a feeling of
dissatisfaction is growing among the people, if not rebellion. People, despite
being grateful to science and technology for the remarkable improvement brought
to the quality of human life, especially in the fields of medicine and
engineering, are worried about the enormous technological power that man has
acquired and his immaturity in manage it wisely.
Many are awakening from the illusion of consumerism and are realizing
that it has not brought prosperity, so much promised to everyone, but has
concentrated wealth in the hands of very few super-riches, impoverishing the
rest of the population and erasing the intermediate social class.
To ensure a prosperous future on a liveable planet we must all commit
ourselves, personally, to forcefully ask institutions to change local, national
and global economic policies and give them an ethical basis. We must begin to
reflect on the need to abandon the dominant socio-economic model, and move on
to the new paradigm of integral ecology; the same that Pope Francis proposes in
his Encyclical Letter "Laudato Be". A paradigm that focuses on
respect for human beings and nature and that can have, as a foundation, the
ecological economy of the stationary state, which is an ethical economy, a
welfare economy, attentive above all to the needs of people. An economy based
on solid ethical principles of sustainability, sufficiency, equity and
efficiency.
This post, divided into four parts, aims to explain, as indicated by the
ecological economist H.E. Daly, how the economic ethical principles of the
ecological economy derive from the spiritual / religious principles traceable
in the sacred scriptures and how, with the appropriate modifications, these
millennial principles can be translated into concrete economic policies,
consistent with the current socio-economic and political context.
Although they derive from spiritual / religious inspirations, the principles on which the ecological economy is based can also be shared by non-believers. This is because these principles can be of valid reference, for a serious commitment to the defense of others and of nature, even by those who do not believe in their spiritual / religious inspiration.
Although they derive from spiritual / religious inspirations, the principles on which the ecological economy is based can also be shared by non-believers. This is because these principles can be of valid reference, for a serious commitment to the defense of others and of nature, even by those who do not believe in their spiritual / religious inspiration.
FONDARE IL PARADIGMA ECONOMICO SU SOLIDI
PRINCIPI ETICI
Necessità di un rinnovamento etico
dell’economia
Il paradigma dell’ecologia integrale propone una nuova visione del mondo, un profondo rinnovamento interiore e un cambiamento dei modelli di pensiero e di comportamento, che può nascere solo dopo aver acquisito una profonda consapevolezza che la strada che stiamo percorrendo è sbagliata e ci sta portando verso un collasso sociale ed economico.
Quello
che servirebbe veramente è un “pentimento” collettivo ma il termine, in un mondo così
secolarizzato, suona troppo forte perché evoca la necessità di un mutamento
religioso e di un forte impegno, in prima persona, nel riconoscere lo sbaglio e
nel voler cambiare stile di vita e recuperare valori desueti come: moralità, sobrietà, serietà, impegno,
collaborazione, generosità, ecc.
Allora,
si preferisce parlare di cambiamento,
che è un termine più accettabile perché ha una connotazione più neutra, che non
implica un nostro serio coinvolgimento. Il cambiamento è più simile ad un
qualcosa che ci aspettiamo che avvenga al di fuori di noi, verso il quale noi
non ci opponiamo ma non facciamo neppure nulla per farlo accadere.
Viviamo in un mondo profondamente
secolarizzato e ricco di contraddizioni. Da un lato, le principali istituzioni: la politica, l’economia, la scienza, la
tecnologia sono tutte amorali; dall’altro, abbiamo un forte bisogno di
adorare idoli: il denaro, il potere, ecc., che ogni volta finiscono per
deluderci. C’è un diffuso senso di rifiuto della religione. I materialisti
scientifici credono in un universo deterministico e riduzionista, ma sono
patetici quando poi ce la mettono proprio tutta per convincere la gente che val
la pena di salvare la vita sul pianeta, che loro affermano essere senza scopo.
Si deve essere grati
alla scienza e alla tecnologia per il notevole miglioramento apportato alla
qualità della vita umana, specialmente nei campi della medicina e
dell’ingegneria, dove sono stati risolti gran parte dei problemi che da sempre
hanno afflitto l’umanità. Il progresso
scientifico e l’innovazione tecnologica che trasforma la natura per soddisfare
sempre meglio i bisogni dell’uomo sono il frutto della sua creatività, che è un
dono di Dio, ed esprime la tensione dell’animo umano, sempre proteso a superare
ogni condizionamento materiale. E’ dunque doveroso mantenere un atteggiamento
di apertura e di fiducia nei confronti del progresso della scienza e
dell’innovazione tecnologica, specialmente quella dell’efficienza, che promette
un supporto fondamentale al paradigma dell’economia dello sviluppo sostenibile.
Tuttavia, a differenza
della scienza, che mira al sapere disinteressato, la tecnologia ha un lato
oscuro: è il suo carattere opportunistico, che punta esclusivamente al potere e
che esercita un forte impatto sulla vita di tutti noi. La tecnologia non ha mai
dato tanto potere all’umanità come ai giorni nostri e la storia ci insegna che
non c’è alcuna garanzia che l’uomo utilizzi il potere ricevuto esclusivamente a
fin di bene. La tecnologia non è mai neutra e dà, a chi la padroneggia, un
immenso potere sull’umanità e sulla natura. Ciò deve destare molta preoccupazione,
soprattutto quando il potere tecnologico si concentra nelle mani di una elite
minoritaria che detiene la conoscenza e soprattutto i mezzi economici per
sfruttarlo.
L’umanità si è lasciata
sedurre dal falso idolo della tecnologia e si è prostrata ad adorarlo.
Annebbiata dal mito del progresso della tecnica, l’uomo oggi vede la crescita
del potere tecnologico come il bene supremo, da perseguire a tutti i costi; è convinto
che sia l’unico capace di risolvere ogni problema e di fornire sicurezza,
benessere e valori al genere umano.
Il modello
socioeconomico oggi dominante è il paradigma tecnocratico, che adotta una
visione antropocentrica, di dominio sull’umanità e sulla natura, basata su una
filosofia riduzionista e meccanicistica, assolutamente amorale. Il paradigma si
avvale del potere tecnologico per sottomettere al proprio servizio sia il
potere politico che il potere economico, per consolidarsi e globalizzarsi,
espandendo la propria egemonia sull’intera umanità e sulla natura, senza
incontrare ostacoli. Oggi, però, il paradigma tecnocratico si sta mostrando fallimentare
perché fa fatica a sostenere quella prosperità, tanto promessa a tutti. Una valida
testimonianza è la crisi socio–
economica che incombe sull’intera umanità, ormai globalizzata.
La globalizzazione, tanto perseguita dal paradigma tecnocratico, è molto pericolosa perché, alla sua rapida ed incontrastata espansione a livello planetario non corrisponde, un altrettanto rapido sviluppo di consapevolezza e di valori da parte dell’umanità. L’uomo moderno non è riuscito a tenere il passo e a sviluppare una solida morale, una spiritualità e una cultura, capaci di guidare il suo comportamento e consentirgli di governare in modo corretto e sicuro l’enorme potere tecnologico, in rapida crescita, che ha a disposizione.
C’è il rischio che l’uomo perda la ragione, rinunci alla libertà di compiere scelte corrette e ceda al suo lato oscuro, abbandonandosi alle forze cieche degli istinti egoistici, dell’avidità, della soddisfazione immediata di ogni esigenza. Insomma, c’è il pericolo che l’uomo usi in modo sbagliato il potere tecnologico di cui dispone e che il paradigma tecnocratico ha enormemente amplificato.
Sia pure ancora in forma indecisa e confusa, tra la gente sta crescendo un sentimento di insoddisfazione se non di ribellione. E’ preoccupata dell’enorme potere tecnologico che l’uomo ha acquisito e della sua immaturità a gestirlo con saggezza. Le persone iniziano ad intuire che ci sono altre forme di conoscenza, come l’umanesimo, che possono elargire la tanto agognata prosperità che la tecnologia non è più in grado di offrire. Si sente soprattutto il bisogno di recuperare una dimensione etica, per dare un significato alla propria esistenza.
La globalizzazione, tanto perseguita dal paradigma tecnocratico, è molto pericolosa perché, alla sua rapida ed incontrastata espansione a livello planetario non corrisponde, un altrettanto rapido sviluppo di consapevolezza e di valori da parte dell’umanità. L’uomo moderno non è riuscito a tenere il passo e a sviluppare una solida morale, una spiritualità e una cultura, capaci di guidare il suo comportamento e consentirgli di governare in modo corretto e sicuro l’enorme potere tecnologico, in rapida crescita, che ha a disposizione.
C’è il rischio che l’uomo perda la ragione, rinunci alla libertà di compiere scelte corrette e ceda al suo lato oscuro, abbandonandosi alle forze cieche degli istinti egoistici, dell’avidità, della soddisfazione immediata di ogni esigenza. Insomma, c’è il pericolo che l’uomo usi in modo sbagliato il potere tecnologico di cui dispone e che il paradigma tecnocratico ha enormemente amplificato.
Sia pure ancora in forma indecisa e confusa, tra la gente sta crescendo un sentimento di insoddisfazione se non di ribellione. E’ preoccupata dell’enorme potere tecnologico che l’uomo ha acquisito e della sua immaturità a gestirlo con saggezza. Le persone iniziano ad intuire che ci sono altre forme di conoscenza, come l’umanesimo, che possono elargire la tanto agognata prosperità che la tecnologia non è più in grado di offrire. Si sente soprattutto il bisogno di recuperare una dimensione etica, per dare un significato alla propria esistenza.
E’ ormai tempo che l’economia
e la scienza, dopo lo scisma rinascimentale, tornino ad integrare i principi
etici. Alcuni preferiscono che tali principi siano fondati sulla cultura
secolare e sulla storia, anche se è vero che l’etica ha radici che affondano
nella tradizione religiosa. Quindi, ben vengano gli economisti laici che pensano
di dover imporre un limite alle dimensioni globali dell’economia e alla
disuguaglianza dei redditi, essendovi giunti con la sola forza della ragione.
Noi
tutti dobbiamo sentirci impegnati a cambiare le istituzioni e le politiche
economiche locali, nazionali e globali per dare loro un fondamento etico. Prima di fare questo, però, occorre
disporre di un criterio che giustifichi, sul piano etico, la scelta del paradigma
socioeconomico che si intende adottare per poi predisporre politiche economiche
coerenti con l’attuale contesto socioeconomico.
I principi etici a sostegno del paradigma economico
In economia ecologica, i principi etici sono espressi in termini di: sostenibilità, sufficienza, equità ed efficienza e devono essere individuati prima di predisporre le politiche economiche. Diversamente, potremmo essere indotti fuori strada dai sostenitori del paradigma economico tradizionale i quali ritengono che non abbiamo alcun obbligo verso le future generazioni, dato che esse non esistono ancora e, pertanto, non possono sedere ai tavoli di concertazione e non possono reclamare alcun diritto né pretendere obblighi da parte nostra.
Secondo la teoria
economica tradizionale, il miglior servizio che questa generazione può offrire
alle generazioni future è quello di rendere massimo il nostro benessere oggi.
Proprio così. Gli economisti tradizionali giustificano questa loro posizione
facendo riferimento al meccanismo della
“mano invisibile”. Quest’ultimo è una metafora, che viene fatta risalire ad Adam Smith, secondo la quale i capitalisti che investono il loro denaro in attività economiche per
trarne un esclusivo interesse, egoistico, personale, finiscono, sebbene non
intenzionalmente, per avvantaggiare l’intera società.
Nella teoria economica
tradizionale, il concetto della “mano invisibile” trasforma l’utilitarismo o meglio l’egoismo e l’avidità
individuale in beneficenza sociale, in generosità intergenerazionale. E’
evidente che il concetto della “mano invisibile”, specialmente quando riferito
a livello intergenerazionale, è solo una grande fallacia, che serve a
giustificare l’egoismo, l’individualismo e l’interesse personale, che sono caratteristiche
peculiari della teoria economia tradizionale, oggi dominante.
Stiamo accumulando capitale artificiale in gran quantità per soddisfare i nostri bisogni smodati e il nostro ego gigantesco e stiamo distruggendo irreversibilmente il capitale naturale non rinnovabile e i servizi ecosistemici che sostengono la vita. Gli economisti tradizionali credono che il capitale artificiale, che stiamo ammassando, potrà soddisfare anche i bisogni di tutte le future generazioni, le quali dovranno esserci addirittura grate per avere ereditato da noi un mondo, senza natura e senza ambiente, ma pieno di prodotti e di servizi artificiali. Naturalmente sarà compito loro provvedere a fare la necessaria manutenzione, per evitare che quel mondo artificiale si degradi in breve tempo!
Per gli economisti
ecologici, la perfetta sostituibilità
tra capitale naturale e capitale artificiale
(il criterio di sostenibilità debole) è un non senso. Una segheria
non lavora in assenza di legname, le flotte di navi da pesca rimangono ferme al
porto senza i banchi di pesci da pescare, una raffineria di petrolio
arrugginisce senza il greggio da raffinare, una diga non serve a nulla senza un
efficace bacino imbrifero, a monte, in grado di assicurare i servizi
ecosistemici funzionali come impedire l’erosione dei fianchi delle montagne e
il riempimento, con fango, del bacino artificiale.
Il criterio di
sostenibilità debole è solo un mito e anche facilmente smontabile. Infatti,
se è vero che il capitale artificiale sostituisce perfettamente il capitale
naturale deve essere vero anche il contrario, cioè che il capitale naturale
sostituisce perfettamente il capitale artificiale. Ma, allora, è lecito
chiedersi a cosa serve l’economia, dato che potremmo soddisfare tutti i nostri
bisogni solo con il capitale naturale, senza doverci affannare per produrre
beni e servizi.
La verità è che sia la mano
invisibile sia il criterio di sostenibilità debole, sono entrambi artifici
fallaci per giustificare un principio che è posto a fondamento dell’economia
neoclassica tradizionale:
rendere massimo il livello di consumo
procapite per garantire il più elevato tenore di vita possibile ad un
sufficiente (limitato) numero di persone della presente generazione.
Per i credenti, una teoria economica equa ed ottimale deve essere fondata su principi etico
economici che si ispirano a principi spirituali / religiosi i quali fanno capo
al mandato di Dio che incarica l’uomo, la sua unica creatura personale (dotata di un "io"), di custodire
e di coltivare il Suo Creato. Un incarico che, per l’uomo deve essere un impegno
nei confronti dei suoi simili, bisognosi, e della natura. Secondo quanto afferma Papa Francesco, per un credente, ignorare il mandato di
Dio e distruggere la capacità della Terra di sostenere la vita (la portata
ecologica della Terra) è un crimine contro la natura e un peccato contro Dio,
come lo è rubare o uccidere.
E’ da biasimare e
contestare l’attuale paradigma tecnocratico che punta al consumismo e alla
globalizzazione per arricchire smodatamente un’ elite minoritaria, a scapito di
un’ampia fascia di popolazione che non ha di che poter vivere in modo dignitoso.
E’ un paradigma socioeconomico abominevole che crede che la crescita economica
materiale illimitata e lo sfruttamento smodato delle persone e della natura siano
l’unico modo per risolvere ogni problema economico e che non sia necessario
preoccuparsi delle future generazioni umane né delle altre specie che
condividono con noi il pianeta.
In condizioni di
necessità, è giustificabile adottare dei provvedimenti che riducano il numero
delle persone delle future generazioni, allo scopo di assicurare alle persone oggi viventi uno stile di vita decoroso. E' però del tutto inaccettabile
e peccaminoso sacrificare delle vite future per assicurare ad una infima parte
di questa generazione uno stile di vita sprecone e lussuoso.
Anche per i non
credenti, una teoria economica giusta deve comunque essere fondata su principi
etico economici, sebbene non di ispirazione religiosa, ma tali da poter
giustificare un serio impegno a difesa del prossimo e della natura. E’ molto
importante, specialmente per chi crede che il Creato e la vita siano frutto del
puro caso e della selezione naturale, non fare riferimento ad un proprio personale
sentire soggettivo, ma trovare valori oggettivi sui quali fondare più saldamente
il suo credo e il suo agire. Ad esempio, condividendo i principi etici
dell’economia ecologica dello stato stazionario con i suoi valori di: sostenibilità, sufficienza, equità ed efficienza.
I
principali obiettivi delle politiche economiche nel paradigma dell’economia
ecologica
Secondo il paradigma
dell’economia ecologica, gli obiettivi di politica economica sono: la scala
sostenibile, la distribuzione equa e l’allocazione efficiente. Sono tutti problemi
economici indipendenti, che devono essere affrontati e risolti da altrettante
politiche economiche indipendenti (criterio di Tinbergen).
a)
La
scala sostenibile. Il
problema della scala dell’economia è legato alle dimensioni fisiche del
transflusso entropico ossia alla quantità delle risorse naturali utili all’uomo
(a bassa entropia) che il sistema socioeconomico preleva dall’ambiente,
all’inizio del processo economico, e dei rifiuti (ad alta entropia), non più utilizzabili dall’uomo, che
vengono scaricati nell’ambiente, al termine dello stesso processo economico. La
scala è sostenibile quando il tasso di prelievo delle risorse naturali è
inferiore al loro tasso di rigenerazione e quando il tasso di scarico dei
rifiuti nell’ambiente è inferiore alla capacità di assorbimento dell’ambiente
stesso. Le politiche economiche per una scala sostenibile fissano dei valori
limite ai prelievi di risorse naturali e allo scarico dei rifiuti.
b)
La
distribuzione equa.
Il problema della giusta distribuzione riguarda la ripartizione delle risorse
incorporate nei beni e servizi finali, tra le diverse fasce di consumatori. Una
distribuzione corretta deve tener conto dell’equità e della sufficienza. Per
assicurare una giusta distribuzione, le politiche economiche possono utilizzare
vari strumenti, tra i quali: i trasferimenti di denaro e l’imposizione di
limiti inferiori e superiori ai redditi.
c)
L’allocazione
efficiente. Il
problema dell’allocazione efficiente riguarda come assegnare le risorse
disponibili tra gli utilizzi alternativi (quante risorse destinare per la
produzione di case, automobili, scarpe, ecc.). L’allocazione è efficiente
quando si producono i beni e i servizi che la gente desidera e che è in grado
di pagare. Lo strumento per conseguire l’efficienza allocativa è il libero
mercato, con il suo sistema dei prezzi che misura il costo opportunità
marginale.
Dai
principi religiosi a concrete e attuali politiche economiche
Un modo per
giustificare, sul piano etico, un paradigma socioeconomico è quello di trovare
un fondamento spirituale / religioso a sostegno del paradigma stesso. A tal
fine si ricercano, nelle sacre scritture, dei principi religiosi che riguardano
aspetti economici fondamentali che poi vengono tradotti in politiche economiche
coerenti con l’attuale contesto socio economico.
La cosa non è né
immediata né semplice. Ancora oggi le Istituzioni sovranazionali di cui
disponiamo insistono nel percorrere una strada sbagliata. Per loro, la soluzione
al problema dell’ingiusta distribuzione dei redditi tra le fasce sociali e del
dilagare della povertà è sempre quella della crescita economica biofisica illimitata.
Per tradurre un
principio religioso in un programma di politiche economiche concrete, capaci di
attuarlo occorre seguire un percorso in più tappe:
a)
individuare
un principio spirituale / religioso;
b)
capire
come il principio spirituale /religioso sia stato tradotto in un principio
economico etico, rimanendo fedeli all’interpretazione storica; è necessaria una corretta
interpretazione storica di come il principio spirituale / religioso sia stato
tradotto in un principio economico tanto importante che il popolo ebraico ha
ritenuto di doverne incorporare il valore etico nelle sacre scritture;
c)
capire
il significato originario del principio economico etico, per incorporarlo in
una moderna politica economica;
si tratta di discutere le implicazioni e l’importanza del principio economico
etico nel quadro dell’economia ecologica dello stato stazionario e dimostrare
che deriva in modo naturale da una visione spirituale / religiosa del mondo; in
tal modo lo si può tradurre in un principio equivalente moderno e incorporarlo
in politiche economiche concrete, compatibili con l’attuale contesto socio
economico politico e culturale.
Tradurre
un principio religioso in politiche economiche attuali
Bisogna stare molto
attenti perché, a causa del doppio passaggio:
1)
dal
principio spirituale a quello etico / economico e
2)
dal
principio etico / economico a concrete e attuali politiche economiche,
il percorso può rivelarsi
accidentato e si possono commettere diversi errori. Ad esempio si può:
a)
assumere
un’intuizione spirituale troppo distaccata oppure troppo appassionata;
b)
sbagliare
nel tradurre l’intuizione spirituale in un principio economico etico, distorcendo
l’interpretazione storica;
c)
sbagliare
nel tradurre il principio economico etico in politiche economiche coerenti con
l’attuale contesto socio economico politico e culturale (ad esempio, una
visione sbagliata su come funziona il mondo può condurre a politiche economiche
che portano a risultati opposti a quelli desiderati).
Nel seguito, si discutono due principi etici, propri dell’economia ecologica dello stato stazionario, che derivano da principi spirituali /religiosi. In tal modo si dimostrano l’aspetto etico del paradigma dell’ecologia integrale e le sue naturali origini spirituali / religiose. I due principi, rintracciabili nelle sacre scritture, sono:
1)
il
principio di minima disuguaglianza dei redditi
2)
il
principio dello sviluppo sostenibile
Le
naturali origini religiose dell’economia ecologica dello stato stazionario
I due principi citati, che
stanno alla base dell’economia ecologica dello stato stazionario, derivano in
modo naturale da una visione spirituale / religiosa del mondo.
In particolare, il
principio etico di minima disuguaglianza dei redditi (di giustizia sociale), esteso
nel tempo su più generazioni, è una condizione necessaria ma non sufficiente per
la sostenibilità.
Il nostro pianeta ha una
capacità portante limitata quindi occorre anche contenere la scala (le
dimensioni) dell’economia globale; ossia: il numero di persone e il loro consumo
procapite.
E’ utile ricordare che il problema della scala dell’economia è legato alle
dimensioni fisiche del transflusso entropico ossia della quantità di materia e di
energia che il sottosistema socioeconomico preleva dalle sorgenti
dell’ambiente, a bassa entropia, e che, al termine del processo economico,
restituisce ai bacini di assorbimento dell’ambiente, sotto forma di rifiuti,
ossia di materia e di energia ad alta entropia.
La scala dell’economia è in relazione alla capacità e ai tassi di rigenerazione delle risorse naturali rinnovabili e alla capacità e ai tassi di assorbimento dei rifiuti da parte dell’ecosistema.
La scala dell’economia è in relazione alla capacità e ai tassi di rigenerazione delle risorse naturali rinnovabili e alla capacità e ai tassi di assorbimento dei rifiuti da parte dell’ecosistema.
Non si deve credere che
un'economia dello stato stazionario sia un'economia dove non succede più nulla
di interessante. Al contrario, un’economia allo stato stazionario può
svilupparsi in modo illimitato perché non insegue una crescita biofisica ma
punta allo sviluppo sostenibile. E’ un’economia che ha per obiettivo il
miglioramento qualitativo e una maggiore produttività delle risorse naturali
(maggiore produzione di beni e servizi, a parità di impiego delle risorse
naturali).
Una risorsa molto
importante che può e deve crescere liberamente in un'economia dello stato
stazionario, in quanto non è biofisica, e della quale tutti possono
beneficiare, è il sapere. La conoscenza ha la proprietà di aumentare illimitatamente
quando la si rende accessibile a tutti, dato che la condivisione è un mezzo per
generare nuovo sapere. A tal proposito, è curioso notare che gli economisti
tradizionali, neoliberisti, che sono i paladini della libertà di tutti i
mercati, si oppongono al libero mercato del sapere e sostengono la necessità di
brevettare ogni nuova conoscenza.
INDICE
Sommario
Fondare il paradigma economico su
solidi principi etici
- Necessità di un rinnovamento etico dell’economia
- I principi etici a sostegno del paradigma economico
- I principali obiettivi delle politiche economiche nel paradigma dell’economia ecologica
- Dai principi religiosi alle concrete politiche economiche
- Le naturali origini religiose dell’economia ecologica dello stato stazionario
Il principio biblico di minima
disuguaglianza dei redditi
- Il principio spirituale della minima disuguaglianza dei redditi e la sua fondamentale importanza economica
- Il principio etico di minima disuguaglianza dei redditi nel contesto socioeconomico moderno
- Limiti massimi e minimi alla disuguaglianza dei redditi
- Le politiche economiche di attuazione del principio etico di minima disuguaglianza
Il principio biblico della cura e del rispetto
per la Natura
- Il principio spirituale di custodire e coltivare la natura e la sua fondamentale importanza economica
- Il principio etico della scala economica ottimale nel contesto socioeconomico moderno
- Le politiche economiche di attuazione del principio etico della scala economica ottimale
- La politica economica dei permessi negoziabili
Conclusioni
- Riavviare il dibattito sui limiti della crescita e passare al paradigma dell’ecologia integrale
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