LE ORIGINI BIBLICHE DELL'ECONOMIA ECOLOGICA - Parte 1


SOMMARIO

Viviamo in un mondo profondamente secolarizzato dove le principali istituzioni: la politica, l’economia, la scienza, la tecnologia sono tutte amorali.

Il paradigma tecnocratico, oggi dominante, è un modello socioeconomico da biasimare e rigettare perché adotta una visione antropocentrica, egemonica sull’umanità e sulla natura, basata su una filosofia riduzionista e meccanicistica, assolutamente amorale. E’ un paradigma che punta al consumismo, alla globalizzazione e allo sfruttamento intensivo degli uomini e della natura, per arricchire smodatamente un’ elite minoritaria, a scapito di un’ampia fascia di popolazione che non ha di che poter vivere in modo dignitoso. E’ un paradigma abominevole perché ritiene che non sia necessario preoccuparsi delle future generazioni umane né delle altre specie che condividono con noi il pianeta.

Sia pure ancora in forma indecisa e confusa, tra la gente sta crescendo un sentimento di insoddisfazione se non di ribellione. Le persone, pur essendo grate alla scienza e alla tecnologia per il notevole miglioramento apportato alla qualità della vita umana, specialmente nei campi della medicina e dell’ingegneria, sono preoccupate dell’enorme potere tecnologico che l’uomo ha acquisito e della sua immaturità a gestirlo con saggezza.

In molti si stanno risvegliando dall’illusione del consumismo e si stanno accorgendo che non ha portato la prosperità, tanto promessa a tutti, ma ha concentrato la ricchezza nelle mani di pochissimi superricchi, impoverendo tutto il resto della popolazione e cancellando il ceto sociale intermedio.

Per assicurare un futuro prospero su un pianeta vivibile ci dobbiamo tutti impegnare, in prima persona, a chiedere con forza alle istituzioni di cambiare le politiche economiche locali, nazionali e globali e dare loro una base etica. Dobbiamo incominciare a riflettere sulla necessità di abbandonare il modello socioeconomico, oggi dominante, e passare al nuovo paradigma dell’ecologia integrale; lo stesso che Papa Francesco propone nella sua Lettera Enciclica  “Laudato Sii“. Un paradigma che pone in primo piano il rispetto per gli esseri umani e per la natura e che può avere, a fondamento, l’economia ecologica dello stato stazionario, che è un’economia etica, un’economia del benessere, attenta soprattutto alle esigenze delle persone. Un’economia che si fonda sui solidi principi etici di sostenibilità, sufficienza, equità ed efficienza.

Questo post, suddiviso in quattro parti, si pone l’obiettivo di spiegare, secondo quanto indicato dall’economista ecologico H.E. Daly, come i principi etici economici dell’economia ecologica derivino dai principi spirituali / religiosi rintracciabili nelle sacre scritture  e come, con le opportune modifiche, tali principi millenari si possono tradurre in concrete politiche economiche, coerenti con l’attuale contesto socio politico economico.  

Nonostante derivino da ispirazioni spirituali /religiose, i principi sui quali si fonda l’economia ecologica sono condivisibili anche da parte dei non credenti. Questo perché detti principi possono essere di valido riferimento, per un serio impegno a difesa del prossimo e della natura, anche da parte di chi non crede alla loro ispirazione spirituale / religiosa.


ABSTRACT

We live in a profoundly secularized world where the main institutions: politics, economics, science, technology are all amoral.

The technocratic paradigm, today dominant, is a socio-economic model to blame and reject because it adopts an anthropocentric, hegemonic view on humanity and nature, based on a reductionist and mechanistic philosophy, absolutely amoral. It is a paradigm that points to consumerism, globalization and the intensive exploitation of men and nature, to immoderately enrich a minority elite, to the detriment of a wide segment of the population that does not have enough to live in dignity. It is an abominable paradigm because it believes that it is not necessary to worry about future human generations or the other species that share the planet with us.

Although still in an indecisive and confused way, a feeling of dissatisfaction is growing among the people, if not rebellion. People, despite being grateful to science and technology for the remarkable improvement brought to the quality of human life, especially in the fields of medicine and engineering, are worried about the enormous technological power that man has acquired and his immaturity in manage it wisely.

Many are awakening from the illusion of consumerism and are realizing that it has not brought prosperity, so much promised to everyone, but has concentrated wealth in the hands of very few super-riches, impoverishing the rest of the population and erasing the intermediate social class.

To ensure a prosperous future on a liveable planet we must all commit ourselves, personally, to forcefully ask institutions to change local, national and global economic policies and give them an ethical basis. We must begin to reflect on the need to abandon the dominant socio-economic model, and move on to the new paradigm of integral ecology; the same that Pope Francis proposes in his Encyclical Letter "Laudato Be". A paradigm that focuses on respect for human beings and nature and that can have, as a foundation, the ecological economy of the stationary state, which is an ethical economy, a welfare economy, attentive above all to the needs of people. An economy based on solid ethical principles of sustainability, sufficiency, equity and efficiency.

This post, divided into four parts, aims to explain, as indicated by the ecological economist H.E. Daly, how the economic ethical principles of the ecological economy derive from the spiritual / religious principles traceable in the sacred scriptures and how, with the appropriate modifications, these millennial principles can be translated into concrete economic policies, consistent with the current socio-economic and political context.

Although they derive from spiritual / religious inspirations, the principles on which the ecological economy is based can also be shared by non-believers. This is because these principles can be of valid reference, for a serious commitment to the defense of others and of nature, even by those who do not believe in their spiritual / religious inspiration.



FONDARE IL PARADIGMA ECONOMICO SU SOLIDI PRINCIPI ETICI

Necessità di un rinnovamento etico dell’economia

Il paradigma dell’ecologia integrale propone una nuova visione del mondo, un profondo rinnovamento interiore e un cambiamento dei modelli di pensiero e di comportamento, che può nascere solo dopo aver acquisito una profonda consapevolezza che la strada che stiamo percorrendo è sbagliata e ci sta portando verso un collasso sociale ed economico.


Quello che servirebbe veramente è un “pentimento” collettivo ma il termine, in un mondo così secolarizzato, suona troppo forte perché evoca la necessità di un mutamento religioso e di un forte impegno, in prima persona, nel riconoscere lo sbaglio e nel voler cambiare stile di vita e recuperare valori desueti come: moralità, sobrietà, serietà, impegno, collaborazione, generosità, ecc.

Allora, si preferisce parlare di cambiamento, che è un termine più accettabile perché ha una connotazione più neutra, che non implica un nostro serio coinvolgimento. Il cambiamento è più simile ad un qualcosa che ci aspettiamo che avvenga al di fuori di noi, verso il quale noi non ci opponiamo ma non facciamo neppure nulla per farlo accadere.

Viviamo in un mondo profondamente secolarizzato e ricco di contraddizioni. Da un lato, le principali istituzioni: la politica, l’economia, la scienza, la tecnologia sono tutte amorali; dall’altro, abbiamo un forte bisogno di adorare idoli: il denaro, il potere, ecc., che ogni volta finiscono per deluderci. C’è un diffuso senso di rifiuto della religione. I materialisti scientifici credono in un universo deterministico e riduzionista, ma sono patetici quando poi ce la mettono proprio tutta per convincere la gente che val la pena di salvare la vita sul pianeta, che loro affermano essere senza scopo. 


Si deve essere grati alla scienza e alla tecnologia per il notevole miglioramento apportato alla qualità della vita umana, specialmente nei campi della medicina e dell’ingegneria, dove sono stati risolti gran parte dei problemi che da sempre hanno afflitto l’umanità.  Il progresso scientifico e l’innovazione tecnologica che trasforma la natura per soddisfare sempre meglio i bisogni dell’uomo sono il frutto della sua creatività, che è un dono di Dio, ed esprime la tensione dell’animo umano, sempre proteso a superare ogni condizionamento materiale. E’ dunque doveroso mantenere un atteggiamento di apertura e di fiducia nei confronti del progresso della scienza e dell’innovazione tecnologica, specialmente quella dell’efficienza, che promette un supporto fondamentale al paradigma dell’economia dello sviluppo sostenibile.

Tuttavia, a differenza della scienza, che mira al sapere disinteressato, la tecnologia ha un lato oscuro: è il suo carattere opportunistico, che punta esclusivamente al potere e che esercita un forte impatto sulla vita di tutti noi. La tecnologia non ha mai dato tanto potere all’umanità come ai giorni nostri e la storia ci insegna che non c’è alcuna garanzia che l’uomo utilizzi il potere ricevuto esclusivamente a fin di bene. La tecnologia non è mai neutra e dà, a chi la padroneggia, un immenso potere sull’umanità e sulla natura. Ciò deve destare molta preoccupazione, soprattutto quando il potere tecnologico si concentra nelle mani di una elite minoritaria che detiene la conoscenza e soprattutto i mezzi economici per sfruttarlo.

L’umanità si è lasciata sedurre dal falso idolo della tecnologia e si è prostrata ad adorarlo. Annebbiata dal mito del progresso della tecnica, l’uomo oggi vede la crescita del potere tecnologico come il bene supremo, da perseguire a tutti i costi; è convinto che sia l’unico capace di risolvere ogni problema e di fornire sicurezza, benessere e valori al genere umano.


Il modello socioeconomico oggi dominante è il paradigma tecnocratico, che adotta una visione antropocentrica, di dominio sull’umanità e sulla natura, basata su una filosofia riduzionista e meccanicistica, assolutamente amorale. Il paradigma si avvale del potere tecnologico per sottomettere al proprio servizio sia il potere politico che il potere economico, per consolidarsi e globalizzarsi, espandendo la propria egemonia sull’intera umanità e sulla natura, senza incontrare ostacoli. Oggi, però, il paradigma tecnocratico si sta mostrando fallimentare perché fa fatica a sostenere quella prosperità, tanto promessa a tutti. Una valida testimonianza è la crisi  socio– economica che incombe sull’intera umanità, ormai globalizzata.

La globalizzazione, tanto perseguita dal paradigma tecnocratico, è molto pericolosa perché, alla sua rapida ed incontrastata espansione a livello planetario non corrisponde, un altrettanto rapido sviluppo di consapevolezza e di valori da parte dell’umanità. L’uomo moderno non è riuscito a tenere il passo e a sviluppare una solida morale, una spiritualità e una cultura, capaci di guidare il suo comportamento e consentirgli di governare in modo corretto e sicuro l’enorme potere tecnologico, in rapida crescita, che ha a disposizione.

C’è il rischio che l’uomo perda la ragione, rinunci alla libertà di compiere scelte corrette e ceda al suo lato oscuro, abbandonandosi alle forze cieche degli istinti egoistici, dell’avidità, della soddisfazione immediata di ogni esigenza. Insomma, c’è il pericolo che l’uomo usi in modo sbagliato il potere tecnologico di cui dispone e che il paradigma tecnocratico ha enormemente amplificato.

Sia pure ancora in forma indecisa e confusa, tra la gente sta crescendo un sentimento di insoddisfazione se non di ribellione. E’ preoccupata dell’enorme potere tecnologico che l’uomo ha acquisito e della sua immaturità a gestirlo con saggezza. Le persone iniziano ad intuire che ci sono altre forme di conoscenza, come l’umanesimo, che possono elargire la tanto agognata prosperità che la tecnologia non è più in grado di offrire. Si sente soprattutto il bisogno di recuperare una dimensione etica, per dare un significato alla propria esistenza.  

E’ ormai tempo che l’economia e la scienza, dopo lo scisma rinascimentale, tornino ad integrare i principi etici. Alcuni preferiscono che tali principi siano fondati sulla cultura secolare e sulla storia, anche se è vero che l’etica ha radici che affondano nella tradizione religiosa. Quindi, ben vengano gli economisti laici che pensano di dover imporre un limite alle dimensioni globali dell’economia e alla disuguaglianza dei redditi, essendovi giunti con la sola forza della ragione.

Noi tutti dobbiamo sentirci impegnati a cambiare le istituzioni e le politiche economiche locali, nazionali e globali per dare loro un fondamento etico. Prima di fare questo, però, occorre disporre di un criterio che giustifichi, sul piano etico, la scelta del paradigma socioeconomico che si intende adottare per poi predisporre politiche economiche coerenti con l’attuale contesto socioeconomico.


I principi etici a sostegno del paradigma economico

In economia ecologica, i principi etici sono espressi in termini di: sostenibilità, sufficienza, equità ed efficienza e devono essere individuati prima di predisporre le politiche economiche. Diversamente, potremmo essere indotti fuori strada dai sostenitori del paradigma economico tradizionale i quali ritengono che non abbiamo alcun obbligo verso le future generazioni, dato che esse non esistono ancora e, pertanto, non possono sedere ai tavoli di concertazione e non possono reclamare alcun diritto né pretendere obblighi da parte nostra.

Secondo la teoria economica tradizionale, il miglior servizio che questa generazione può offrire alle generazioni future è quello di rendere massimo il nostro benessere oggi. Proprio così. Gli economisti tradizionali giustificano questa loro posizione facendo riferimento al meccanismo della “mano invisibile”. Quest’ultimo è una metafora, che viene fatta risalire ad Adam Smith, secondo la quale i capitalisti che investono il loro denaro in attività economiche per trarne un esclusivo interesse, egoistico, personale, finiscono, sebbene non intenzionalmente, per avvantaggiare l’intera società.

Nella teoria economica tradizionale, il concetto della “mano invisibile” trasforma  l’utilitarismo o meglio l’egoismo e l’avidità individuale in beneficenza sociale, in generosità intergenerazionale. E’ evidente che il concetto della “mano invisibile”, specialmente quando riferito a livello intergenerazionale, è solo una grande fallacia, che serve a giustificare l’egoismo, l’individualismo e l’interesse personale, che sono caratteristiche peculiari della teoria economia tradizionale, oggi dominante.

Stiamo accumulando capitale artificiale in gran quantità per soddisfare i nostri bisogni smodati e il nostro ego gigantesco e stiamo distruggendo irreversibilmente il capitale naturale non rinnovabile e i servizi ecosistemici che sostengono la vita. Gli economisti tradizionali credono che il capitale artificiale, che stiamo ammassando, potrà soddisfare anche i bisogni di tutte le future generazioni, le quali dovranno esserci addirittura grate per avere ereditato da noi un mondo, senza natura e senza ambiente, ma pieno di prodotti e di servizi artificiali. Naturalmente sarà compito loro provvedere a fare la necessaria manutenzione, per evitare che quel mondo artificiale si degradi in breve tempo!

Per gli economisti ecologici, la perfetta sostituibilità tra capitale naturale e capitale artificiale  (il criterio di sostenibilità debole) è un non senso. Una segheria non lavora in assenza di legname, le flotte di navi da pesca rimangono ferme al porto senza i banchi di pesci da pescare, una raffineria di petrolio arrugginisce senza il greggio da raffinare, una diga non serve a nulla senza un efficace bacino imbrifero, a monte, in grado di assicurare i servizi ecosistemici funzionali come impedire l’erosione dei fianchi delle montagne e il riempimento, con fango, del bacino artificiale.

Il criterio di sostenibilità debole è solo un mito e anche facilmente smontabile. Infatti, se è vero che il capitale artificiale sostituisce perfettamente il capitale naturale deve essere vero anche il contrario, cioè che il capitale naturale sostituisce perfettamente il capitale artificiale. Ma, allora, è lecito chiedersi a cosa serve l’economia, dato che potremmo soddisfare tutti i nostri bisogni solo con il capitale naturale, senza doverci affannare per produrre beni e servizi.

La verità è che sia la mano invisibile sia il criterio di sostenibilità debole, sono entrambi artifici fallaci per giustificare un principio che è posto a fondamento dell’economia neoclassica tradizionale:

rendere massimo il livello di consumo procapite per garantire il più elevato tenore di vita possibile ad un sufficiente (limitato) numero di persone della presente generazione.


Per i credenti, una teoria economica equa ed ottimale deve essere fondata su principi etico economici che si ispirano a principi spirituali / religiosi i quali fanno capo al mandato di Dio che incarica l’uomo, la sua unica creatura personale (dotata di un "io"), di custodire e di coltivare il Suo Creato. Un incarico che, per l’uomo deve essere un impegno nei confronti dei suoi simili, bisognosi, e della natura. Secondo quanto afferma Papa Francesco, per un credente, ignorare il mandato di Dio e distruggere la capacità della Terra di sostenere la vita (la portata ecologica della Terra) è un crimine contro la natura e un peccato contro Dio, come lo è rubare o uccidere.

E’ da biasimare e contestare l’attuale paradigma tecnocratico che punta al consumismo e alla globalizzazione per arricchire smodatamente un’ elite minoritaria, a scapito di un’ampia fascia di popolazione che non ha di che poter vivere in modo dignitoso. E’ un paradigma socioeconomico abominevole che crede che la crescita economica materiale illimitata e lo sfruttamento smodato delle persone e della natura siano l’unico modo per risolvere ogni problema economico e che non sia necessario preoccuparsi delle future generazioni umane né delle altre specie che condividono con noi il pianeta.

In condizioni di necessità, è giustificabile adottare dei provvedimenti che riducano il numero delle persone delle future generazioni, allo scopo di assicurare alle persone oggi viventi uno stile di vita decoroso. E' però del tutto inaccettabile e peccaminoso sacrificare delle vite future per assicurare ad una infima parte di questa generazione uno stile di vita sprecone e lussuoso.

Anche per i non credenti, una teoria economica giusta deve comunque essere fondata su principi etico economici, sebbene non di ispirazione religiosa, ma tali da poter giustificare un serio impegno a difesa del prossimo e della natura. E’ molto importante, specialmente per chi crede che il Creato e la vita siano frutto del puro caso e della selezione naturale, non fare riferimento ad un proprio personale sentire soggettivo, ma trovare valori oggettivi sui quali fondare più saldamente il suo credo e il suo agire. Ad esempio, condividendo i principi etici dell’economia ecologica dello stato stazionario con i suoi valori di: sostenibilità, sufficienza, equità ed efficienza.


I principali obiettivi delle politiche economiche nel paradigma dell’economia ecologica

Secondo il paradigma dell’economia ecologica, gli obiettivi di politica economica sono: la scala sostenibile, la distribuzione equa e l’allocazione efficiente. Sono tutti problemi economici indipendenti, che devono essere affrontati e risolti da altrettante politiche economiche indipendenti (criterio di Tinbergen).

a)    La scala sostenibile. Il problema della scala dell’economia è legato alle dimensioni fisiche del transflusso entropico ossia alla quantità delle risorse naturali utili all’uomo (a bassa entropia) che il sistema socioeconomico preleva dall’ambiente, all’inizio del processo economico, e dei rifiuti (ad alta entropia), non più utilizzabili dall’uomo, che vengono scaricati nell’ambiente, al termine dello stesso processo economico. La scala è sostenibile quando il tasso di prelievo delle risorse naturali è inferiore al loro tasso di rigenerazione e quando il tasso di scarico dei rifiuti nell’ambiente è inferiore alla capacità di assorbimento dell’ambiente stesso. Le politiche economiche per una scala sostenibile fissano dei valori limite ai prelievi di risorse naturali e allo scarico dei rifiuti.

b)    La distribuzione equa. Il problema della giusta distribuzione riguarda la ripartizione delle risorse incorporate nei beni e servizi finali, tra le diverse fasce di consumatori. Una distribuzione corretta deve tener conto dell’equità e della sufficienza. Per assicurare una giusta distribuzione, le politiche economiche possono utilizzare vari strumenti, tra i quali: i trasferimenti di denaro e l’imposizione di limiti inferiori e superiori ai redditi.

c)    L’allocazione efficiente. Il problema dell’allocazione efficiente riguarda come assegnare le risorse disponibili tra gli utilizzi alternativi (quante risorse destinare per la produzione di case, automobili, scarpe, ecc.). L’allocazione è efficiente quando si producono i beni e i servizi che la gente desidera e che è in grado di pagare. Lo strumento per conseguire l’efficienza allocativa è il libero mercato, con il suo sistema dei prezzi che misura il costo opportunità marginale.



Dai principi religiosi a concrete e attuali politiche economiche

Un modo per giustificare, sul piano etico, un paradigma socioeconomico è quello di trovare un fondamento spirituale / religioso a sostegno del paradigma stesso. A tal fine si ricercano, nelle sacre scritture, dei principi religiosi che riguardano aspetti economici fondamentali che poi vengono tradotti in politiche economiche coerenti con l’attuale contesto socio economico.

La cosa non è né immediata né semplice. Ancora oggi le Istituzioni sovranazionali di cui disponiamo insistono nel percorrere una strada sbagliata. Per loro, la soluzione al problema dell’ingiusta distribuzione dei redditi tra le fasce sociali e del dilagare della povertà è sempre quella della crescita economica biofisica illimitata. 

Per tradurre un principio religioso in un programma di politiche economiche concrete, capaci di attuarlo occorre seguire un percorso in più tappe:

a)    individuare un principio spirituale / religioso;

b)    capire come il principio spirituale /religioso sia stato tradotto in un principio economico etico, rimanendo fedeli all’interpretazione storica; è necessaria una corretta interpretazione storica di come il principio spirituale / religioso sia stato tradotto in un principio economico tanto importante che il popolo ebraico ha ritenuto di doverne incorporare il valore etico nelle sacre scritture;

c)    capire il significato originario del principio economico etico, per incorporarlo in una moderna politica economica; si tratta di discutere le implicazioni e l’importanza del principio economico etico nel quadro dell’economia ecologica dello stato stazionario e dimostrare che deriva in modo naturale da una visione spirituale / religiosa del mondo; in tal modo lo si può tradurre in un principio equivalente moderno e incorporarlo in politiche economiche concrete, compatibili con l’attuale contesto socio economico politico e culturale.

Tradurre un principio religioso in politiche economiche attuali

Bisogna stare molto attenti perché, a causa del doppio passaggio:

1)    dal principio spirituale a quello etico / economico e
2)    dal principio etico / economico a concrete e attuali politiche economiche,

il percorso può rivelarsi accidentato e si possono commettere diversi errori. Ad esempio si può:
a)    assumere un’intuizione spirituale troppo distaccata oppure troppo appassionata;
b)    sbagliare nel tradurre l’intuizione spirituale in un principio economico etico, distorcendo l’interpretazione storica;
c)    sbagliare nel tradurre il principio economico etico in politiche economiche coerenti con l’attuale contesto socio economico politico e culturale (ad esempio, una visione sbagliata su come funziona il mondo può condurre a politiche economiche che portano a risultati opposti a quelli desiderati).

Nel seguito, si discutono due principi etici, propri dell’economia ecologica dello stato stazionario, che derivano da principi spirituali /religiosi. In tal modo si dimostrano l’aspetto etico del paradigma dell’ecologia integrale e le sue naturali origini spirituali / religiose. I due principi, rintracciabili nelle sacre scritture, sono:

1)    il principio di minima disuguaglianza dei redditi
2)    il principio dello sviluppo sostenibile


Le naturali origini religiose dell’economia ecologica dello stato stazionario

I due principi citati, che stanno alla base dell’economia ecologica dello stato stazionario, derivano in modo naturale da una visione spirituale / religiosa del mondo.

In particolare, il principio etico di minima disuguaglianza dei redditi (di giustizia sociale), esteso nel tempo su più generazioni, è una condizione necessaria ma non sufficiente per la sostenibilità.

Il nostro pianeta ha una capacità portante limitata quindi occorre anche contenere la scala (le dimensioni) dell’economia globale; ossia: il numero di persone e il loro consumo procapite.
E’ utile ricordare che il problema della scala dell’economia è legato alle dimensioni fisiche del transflusso entropico ossia della quantità di materia e di energia che il sottosistema socioeconomico preleva dalle sorgenti dell’ambiente, a bassa entropia, e che, al termine del processo economico, restituisce ai bacini di assorbimento dell’ambiente, sotto forma di rifiuti, ossia di materia e di energia ad alta entropia. 
La scala dell’economia è in relazione alla capacità e ai tassi di rigenerazione delle risorse naturali rinnovabili e alla capacità e ai tassi di assorbimento dei rifiuti da parte dell’ecosistema.


Non si deve credere che un'economia dello stato stazionario sia un'economia dove non succede più nulla di interessante. Al contrario, un’economia allo stato stazionario può svilupparsi in modo illimitato perché non insegue una crescita biofisica ma punta allo sviluppo sostenibile. E’ un’economia che ha per obiettivo il miglioramento qualitativo e una maggiore produttività delle risorse naturali (maggiore produzione di beni e servizi, a parità di impiego delle risorse naturali).

Una risorsa molto importante che può e deve crescere liberamente in un'economia dello stato stazionario, in quanto non è biofisica, e della quale tutti possono beneficiare, è il sapere. La conoscenza ha la proprietà di aumentare illimitatamente quando la si rende accessibile a tutti, dato che la condivisione è un mezzo per generare nuovo sapere. A tal proposito, è curioso notare che gli economisti tradizionali, neoliberisti, che sono i paladini della libertà di tutti i mercati, si oppongono al libero mercato del sapere e sostengono la necessità di brevettare ogni nuova conoscenza.

Comunque, occorre precisare che anche la produzione di conoscenza non può crescere all'infinito perché, per poter essere utilizzata dall’uomo, deve essere incorporata in un substrato fisico e, così, diventa una risorsa biofisica (capitale artificiale, inteso in senso fisheriano, a comprendere sia i beni di consumo che di produzione). Diventa cioè materia ed energia organizzata, a bassa entropia che, come è noto, è una risorsa naturale scarsa.


INDICE

Sommario
Fondare il paradigma economico su solidi principi etici
  • Necessità di un rinnovamento etico dell’economia
  • I principi etici a sostegno del paradigma economico
  • I principali obiettivi delle politiche economiche nel paradigma dell’economia ecologica
  • Dai principi religiosi alle concrete politiche economiche
  • Le naturali origini religiose dell’economia ecologica dello stato stazionario

Il principio biblico di minima disuguaglianza dei redditi
  • Il principio spirituale della minima disuguaglianza dei redditi e la sua fondamentale importanza economica
  • Il principio etico di minima disuguaglianza dei redditi nel contesto socioeconomico moderno
  • Limiti massimi e minimi alla disuguaglianza dei redditi
  • Le politiche economiche di attuazione del principio etico di minima disuguaglianza

Il principio biblico della cura e del rispetto per la Natura
  • Il principio spirituale di custodire e coltivare la natura e la sua fondamentale importanza economica 
  • Il principio etico della scala economica ottimale nel contesto socioeconomico moderno

  • Le politiche economiche di attuazione del principio etico della scala economica ottimale
    • La politica economica dei permessi negoziabili
Conclusioni
  • Riavviare il dibattito sui limiti della crescita e passare al paradigma dell’ecologia integrale

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