LE FALLACIE DELL’ECONOMIA TRADIZIONALE – Parte 1
SOMMARIO
In questo post,
suddiviso in sei parti, vengono prese in esame alcune delle numerose
fallacie o errori di ragionamento che interessano la teoria economica
tradizionale, neoclassica e neoliberista, che è alla base del paradigma
socioeconomico globalizzato, oggi dominante. Di rilevante importanza sono le
fallacie linguistiche; in special modo quelle di ambiguità (le fallacie della
realtà fraintesa) e di composizione (le fallacie di confusione tra i livelli
olonici 1 di un sistema complesso), che testimoniano quanto la teoria economica
tradizionale sia obsoleta e incapace di comprendere il complesso comportamento
socioeconomico degli umani.
E’ soprattutto merito
dell’economia ecologica quello di aver messo in luce e criticato, in modo
costruttivo, acuto e profondo, le fondamentali fallacie sulle quali è stata
costruita la teoria economica tradizionale. Per inciso, occorre sottolineare quanto sia importante conoscere l’economia ecologica, o economia del benessere, per comprendere le
grandi potenzialità che essa ha di diventare il nuovo paradigma socioeconomico;
il necessario cambiamento verso un nuovo stile di vita, prospero, sostenibile e
giusto, fondato in primo luogo sul rispetto degli esseri umani e della natura.
Parlando in generale,
ricordo che le fallacie sono strumenti
retorici sempre più diffusi nella comunicazione contemporanea; sono
argomentazioni erronee e ragionamenti ingannevoli frequentemente usati dalla
classe politica, economica e finanziaria dirigente (la cosiddetta elite) che li
diffonde attraverso le istituzioni (scuola, università, think tank, ecc.), i
media e la pubblicità.
Le fallacie danno
l’illusione di sembrare ragionamenti rigorosi e
coerenti ma, nello stesso tempo, creano un certo turbamento, imprimono
nell’animo una suggestione che si dissolve solo quando, a livello razionale,
dopo un’adeguata riflessione, si risolve la difficoltà intellettuale e si
comprende l’inganno che si cela nel ragionamento.
ABSTRACT
In this post, subdivided into six parts, we examine some of the
numerous fallacies or errors of reasoning that concern traditional,
neoclassical and neoliberal economic theory, which is the basis of the
globalized socio-economic paradigm, which is today dominant. Of great
importance are the linguistic fallacies; especially those of ambiguity (the
fallacies of the misunderstood reality) and of composition (the fallacies of
confusion between the holonic levels of a complex system), which testify to how
obsolete the traditional economic theory is and how unable it is to understand the complex socioeconomic
behavior of humans.
It is primarily merit of the ecological economy to have highlighted and criticized, in a constructive, acute and profound way, the fundamental fallacies on which traditional economic theory was built. Moreover, it is important to underline the importance of knowing more about ecological economics, to understand the great potential it has to become the new socio-economic paradigm; the necessary change towards a new, prosperous, sustainable and just lifestyle, based primarily on respect for human beings and nature.
It is primarily merit of the ecological economy to have highlighted and criticized, in a constructive, acute and profound way, the fundamental fallacies on which traditional economic theory was built. Moreover, it is important to underline the importance of knowing more about ecological economics, to understand the great potential it has to become the new socio-economic paradigm; the necessary change towards a new, prosperous, sustainable and just lifestyle, based primarily on respect for human beings and nature.
Generally speaking, I remember that fallacies are increasingly widespread
rhetorical tools in contemporary communication; they are erroneous arguments
and deceptive reasoning frequently used by the political, economic and
financial leadership (the so-called elite) that spreads them through
institutions (schools, universities, think tanks, etc.), the media and
advertising industry.
The fallacies give the illusion of seeming rigorous and coherent
reasoning but, at the same time, they create a certain disturbance, imprinting
in the soul a suggestion that dissolves only when, at a rational level, after
an adequate reflection, the intellectual difficulty is resolved and we
understand the deception that lies in the reasoning.
In fact, fallacies are deceptive arguments because they do not aim to
convince the citizen, voter and consumer, always hurried and distracted, on the
basis of a correct logical reasoning. Almost always they try to persuade,
plagiarize and even terrorize, using invalid arguments, based on the violation
of inferential rules or on false, dogmatic or rationally irrelevant premises,
with sometimes highly desirable, albeit deceptive, and sometimes terrifying
suggestions, that are very more convincingly on an irrational level.
INTRODUZIONE
Etimologicamente, la parola “fallacia” deriva
dal latino “fallere” che significa sbagliare. Le “fallacie” sono tutte quelle forme di ragionamenti ingannevoli, di
argomentazioni erronee, che appaiono psicologicamente persuasivi ma che, in seguito ad un esame più approfondito, si dimostrano
errati. Sono argomentazioni che non mirano a convincere la gente, sulla
base di un corretto ragionamento logico, ma tendono ad agire con suggestioni
subdole e ingannevoli. In generale, i ragionamenti fallaci derivano da:
-
premesse
false,
-
uso
improprio delle forme linguistiche,
-
uso
improprio dell’induzione,
-
inclusione
delle conclusioni già direttamente nelle premesse,
-
violazione
delle regole inferenziali della logica formale,
-
insufficienza,
irrilevanza o assenza, nelle premesse, delle ragioni addotte a sostegno della
conclusione,
-
inclusioni
di dati ed elementi non pertinenti per una corretta argomentazione.
Insomma, le fallacie
sono forme argomentative false e non valide, studiate ad arte, che originano da
un problema logico linguistico. Esse:
- sono
false, perchè le
proposizioni con le quali si enunciano gli argomenti a sostegno della propria
tesi (le premesse) sono false o irrazionali e
- non
sono valide, perchè contengono, spesso ad arte, degli errori logici, generalmente molto
sottili e nascosti, che violano le regole logiche formali sul modo in cui le
premesse implicano la conclusione, in un confronto argomentativo corretto.
La
teoria economica tradizionale, neoclassica e neoliberista, che è alla base del paradigma
socioeconomico tecnocratico dominante, nel tentativo di mietere un successo pari a quello che hanno
avuto le scienze hard (fisica e chimica), senza però riuscirvi, ha adottato la stessa visione ingenua della
realtà e lo stesso approccio cognitivo, analitico, lineare, riduzionista, che è
poco consono ad una scienza sociale, qual è l’economia. Come risultato, la
teoria economica tradizionale si è sempre più isolata dalla realtà, che è
complessa e che non comprende perché non si è dotata degli idonei strumenti
intellettuali. Piuttosto si è arroccata in una dimensione squisitamente matematica
e vive in un suo mondo fatto di ingenui modelli lineari, validati dal
linguaggio formale della teoria matematica dei gruppi, ma del tutto avulsi
dalla realtà e incapaci di spiegare correttamente il complesso comportamento socioeconomico
degli umani, come risulta dai numerosi dati raccolti dall’esperienza diretta.
Ci ritroviamo pertanto
con una teoria economica tradizionale, dominante su un mondo globalizzato, che
non è supportata dai dati dell’osservazione e che ha poche se non nulle capacità
predittive. Infatti, con il suo inadeguato approccio cognitivo alla realtà, essa
non è mai riuscita a prevedere nemmeno una delle ripetute crisi che hanno
afflitto il mondo globalizzato, a partire dagli ultimi decenni del secolo
passato e nemmeno la più recente e la più importante di tutte: la grande
recessione, nel mondo occidentale, del 2007 – 2008.
Disponiamo di una teoria
economica che trascura del tutto l’aspetto etico e sociale e che ci ha trascinati
in un devastante sistema socioeconomico consumistico, globalizzato,
finanziarizzato, assurdo, amorale, indifferente alle sofferenze umane,
inquinatore del pianeta e predatore delle risorse naturali.
Ovunque volgiamo lo sguardo, ci accorgiamo di vivere in una realtà caratterizzata da una complessità dinamica e dalla multidimensionalità dei rapporti umani. Una realtà che ci impone una serie di problemi che possono essere compresi, affrontati e risolti unicamente con un salto di consapevolezza, adottando una diversa visione del mondo e un diverso paradigma socioeconomico: quello dell’ecologia integrale, basato sull’economia ecologica.
Ovunque volgiamo lo sguardo, ci accorgiamo di vivere in una realtà caratterizzata da una complessità dinamica e dalla multidimensionalità dei rapporti umani. Una realtà che ci impone una serie di problemi che possono essere compresi, affrontati e risolti unicamente con un salto di consapevolezza, adottando una diversa visione del mondo e un diverso paradigma socioeconomico: quello dell’ecologia integrale, basato sull’economia ecologica.
LE FALLACIE LINGUISTICHE
Tra i numerosi tipi di fallacie
esistenti (la loro classificazione è ancora un tema aperto), vi è la classe
delle "fallacie linguistiche"; un tipo di fallacie che già Aristotele
aveva definito "fallacie legate all'uso delle parole" poiché derivano
dall'uso ambiguo delle parole e dall’uso improprio delle forme linguistiche. Sono
ragionamenti erronei che nascondono la non–validità sotto i vari significati di
una stessa parola oppure a causa di un’erronea costruzione di un’espressione linguistica.
La teoria economica
tradizionale è ricca di "fallacie linguistiche", tra esse, due sono particolarmente
importanti.
-
Le fallacie di ambiguità; specialmente quelle che si
commettono quando si confonde l'astratto con il concreto; quando un concetto
astratto viene trattato come
se fosse un vero e proprio evento concreto o un'entità fisica. Un
tipico errore di ambiguità è quello di confondere i diversi
piani di astrazione con la realtà, dimenticandosi che “la mappa non è il territorio”. Whitehead
le ha chiamate: “fallacies of misplaced concreteness" ossia “errori della concretezza
malriposta” o “fallacie della realtà fraintesa” o anche “errori di reificazione”.
-
Le fallacie di composizione; sono ragionamenti erronei che
derivano dal confondere i diversi livelli olonici 1 di un sistema enormemente complesso qual è il sistema socioeconomico,
per cui si attribuiscono al sistema, inteso come un tutt’uno, le stesse
proprietà che vengono espresse dalle sue parti componenti, quando sono studiate separatamente.
1. L’idea
di olone (A. Koestler, 1967) deriva dal riconoscere che il concetto di
parte e di intero sono astrazioni della mente razionale e non esistono in senso
assoluto. Qualsiasi sistema complesso si presenta organizzato in strutture
gerarchiche a più livelli: i livelli olonici.
La teoria della
complessità insegna che è impossibile derivare direttamente il comportamento di un sistema complesso,
composto da più parti interconnesse e interdipendenti che interagiscono tra di
loro in modi non lineari, a partire dal comportamento delle sue parti componenti,
prese separatamente. Le proprietà di livello olonico superiore, cioè il
comportamento del sistema, inteso come un tutt’uno, emergono da quelle del livello
olonico inferiore attraverso un processo dinamico non lineare che, per
l’appunto, prende il nome di “emergenza”. Attraverso il processo dell’emergenza
il sistema, come un’unica entità, acquisisce nuove proprietà e leggi di
comportamento che non sono analiticamente ricavabili, a livello olonico
inferiore, dalle proprietà e dai comportamenti delle sue parti costituenti,
prese separatamente.
Ripeto il concetto perché
è molto importante:
le proprietà del sistema, al livello
olonico superiore, non dipendono dalle proprietà delle entità che si trovano al
livello olonico inferiore ma da come, dette entità sono interconnesse, da come
interagiscono e dal loro grado di interdipendenza. Per questo motivo, ad ogni livello olonico,
il sistema esprime leggi di comportamento che sono esclusive di quel livello e che
non si possono derivare dalle leggi che regolano altri livelli olonici,
superiori o inferiori.
Ho voluto appositamente
sottolineare l’organizzazione olonica della realtà complessa proprio perché la teoria
economica tradizionale la ignora del tutto, dato che non è prevista nella sua
visione preanalitica. La confusione che la teoria economica tradizionale fa tra
i diversi livelli olonici del sistema socioeconomico (infinitamente complesso) è
proprio all’origine delle numerose fallacie di composizione che la affliggono.
La teoria economica tradizionale ha un approccio cognitivo analitico, lineare e riduzionista che la porta a credere
(sbagliando) che:
le
proprietà di un’entità, presa nella sua interezza, siano ricavabili analiticamente
(come somma) dalle proprietà delle sue parti componenti, prese isolatamente.
Se, in qualche caso, ciò
può essere vero, in generale non c’è alcun motivo logico di pensare che il
tutto debba essere la somma delle sue parti componenti. Per chiarezza, di seguito propongo una serie di fallacie di composizione.
Esempio
1. “Chi si alza
in piedi durante una partita di calcio ha una visibilità migliore (proprietà a
livello olonico inferiore), quindi se tutti si alzano in piedi, tutti avranno
una visibilità migliore (proprietà a livello olonico superiore)”.
Esempio 2.
“Un cittadino, è virtuoso se spende meno del suo reddito (comportamento a livello
olonico inferiore). Quindi lo Stato, che è l’insieme di tutti i cittadini, è
virtuoso se spende meno di quanto preleva attraverso le tasse (comportamento a
livello olonico superiore)”. E’ l’argomentazione
del buon padre di famiglia che, secondo l’economia tradizionale, deve essere
applicata anche alla contabilità nazionale. Ne deriva che un governo è virtuoso
quando non fa deficit di spesa. Si tratta di una fallacia di composizione perché
si confondono i livelli olonici e si pensa ingenuamente che l’economia
di uno Stato (un’entità di livello olonico superiore) debba essere la stessa
dell’economia di un’azienda o di una famiglia (entità di livello olonico
inferiore). E’ una fallacia abominevole e devastante, all’origine
delle politiche economiche di austerità che stanno causando grande sofferenza a
milioni di uomini, soprattutto in Europa.
Esempio 3. “Se uno Stato vuole arricchirsi e prosperare,
ogni anno, deve esportare più merci e servizi di quanti ne importa; deve cioè chiudere
in surplus la sua bilancia commerciale con l’estero; (proprietà a livello olonico
inferiore). Quindi, se si vuole che
l’intero mondo sia ricco e prospero, tutti gli Stati, ogni anno, devono
chiudere in surplus la loro bilancia commerciale con l’estero (proprietà
a livello olonico superiore)”. E’ la
tesi mercantilistica, che è completamente sbagliata perché è evidente che il
complesso di tutti i Paesi non può chiudere il suo bilancio con un netto di
esportazioni. A livello globale, per necessità contabile, le esportazioni
devono compensare esattamente le importazioni. Se alcuni Stati esportano più di
quanto importano (fanno surplus) altri Stati devono necessariamente esportare
meno di quanto importano (fanno deficit).
I FILOSOFI DEL PROCESSO
I filosofi del processo considerano la realtà metafisica come cambiamento e dinamismo e, pertanto, tengono nella massima considerazione la “realtà” ineliminabile del tempo. In tal senso, la metafisica della filosofia del processo è la negazione delle metafisiche di matrice platonica, le quali invece postulano una realtà atemporale degli enti, negano la processualità e ostentano un atteggiamento di chiusura nei confronti di tutto ciò che diviene.
Per i filosofi del processo, il cambiamento non è un'illusione, E' la filosofia del divenire (πάντα ῥεῖ – tutto scorre) di Eraclito di Efeso (nell’attuale Turchia), vissuto circa dal 550 a.C. al 480 a.C.
In contrapposizione si ha la filosofia dell’essere, di Parmenide di Elea (che in epoca romana fu ridenominata Velia; una località che si trova nel comune di Ascea, in provincia di Salerno), vissuto circa dal 515 a.C. al 450 a.C.
Oltre al già citato Eraclito, in epoca
moderna troviamo altri grandi filosofi del processo, quali: G.W.F. Hegel, C.S. Peirce, F. Nietzsche, J. Dewey
e, probabilmente, il più rappresentativo di tutti: Alfred North
Whitehead, con
la sua opera: “Processo e realtà”.
IL CONCETTO DI REALTA’
Tra gli scienziati
esistono pareri discordanti sulla “realtà” di alcuni concetti quali: la mente, la
coscienza, il valore, lo scopo, ecc. Secondo alcuni, sono entità che esistono
oggettivamente al mondo mentre, secondo altri, sono esperienze soggettive. Più
precisamente:
a)
Per
gli scienziati tradizionali,
cartesiani, entità come: mente, coscienza, valore e scopo, non esistono
oggettivamente al mondo, ma sono concetti soggettivi creati dalla mente
razionale e poi proiettati all’esterno.
b)
Per
gli scienziati evoluzionisti,
mente, coscienza, valore e scopo sono entità reali. Essi esistono
oggettivamente al mondo e sono stati progressivamente assimilati dall’uomo
durante le centinaia di migliaia di anni della sua evoluzione dal regno
animale. Questo loro punto di vista deriva ovviamente dal fatto che essi non
possono ammettere che gli umani siano stati oggetto di una creazione
indipendente, del tutto speciale.
c)
Per
i materialisti scientifici,
mente, coscienza, valore e scopo non esistono affatto come oggetti reali. Per
loro sono fenomeni emergenti dalla dinamica del cervello umano; un sistema
infinitamente complesso, composto da oggetti che essi ritengono fisici, reali,
quali: neuroni, molecole, atomi, elettroni, fotoni, ecc.
d)
Per
i filosofi del processo
(Whitehead), l’unico modo di conoscere, quello pieno, concreto e diretto, è la
“prensione” ossia la nostra
sensazione interiore, olistica, irrazionale, dell’esistenza.
Ogni altra modalità di conoscenza porta ad una comprensione di qualità
inferiore, in quanto mediata dai sensi oppure elaborata dalla mente
razionale (che crea modelli astratti). Secondo i filosofi del processo, i materialisti scientifici cadono nella “fallacia della reificazione” o “errore della
realtà fraintesa”, quando vogliono spiegare l’esperienza interiore, la coscienza,
come un epifenomeno prodotto dalla dinamica complessa del cervello umano, una
struttura che considerano composta da oggetti “reali” (neuroni, macromolecole,
ecc.) che invece, per i filosofi del processo, sono solo mere astrazioni della mente razionale.
LE FALLACIE DELLA REALTA’ FRAINTESA
Tra le “fallacie
linguistiche di ambiguità” vi è un
sottoinsieme che il grande filosofo dei processi Alfred North Whitehead ha
definito "fallacies of misplaced concreteness"
tradotto come “fallacie della concretezza malriposta” o
“fallacie
della realtà fraintesa”.
Si commette la fallacia della realtà fraintesa
quando si scambia il piano astratto
dell’analisi per la realtà concreta. Consiste nel pensare che i modelli, le
proprietà, i comportamenti e le leggi che si riscontrano ad un dato livello di
astrazione olonica, possano essere estese anche ad altri livelli di astrazione
olonica: inferiori o superiori.
Un esempio di fallacia
della realtà fraintesa è quel ragionamento erroneo
che consiste nel confondere tra loro i diversi piani di astrazione e la realtà.
E’ l’errore che si commette quando si ritengono
“reali” o “concreti” entità che invece sono astratte, come:
a)
la singola parte, isolata da un sistema complesso, che presenta proprie
caratteristiche e comportamenti, al livello di astrazione olonico inferiore ma
anche
b)
l’intero sistema complesso, inteso come un tutto unico, formato da più
parti interconnesse e interdipendenti che interagiscono tra di loro in modi non
lineari, e che presenta caratteristiche e comportamenti propri, al livello di
astrazione olonico superiore.
DIVERSI APPROCCI ALLA CONOSCENZA
Per Alfred
North Whitehead (1861 – 1947), un filosofo del processo e matematico britannico
che si è occupato di logica, matematica, epistemologia, teologia e metafisica,
è di fondamentale importanza distinguere tra due approcci alla conoscenza:
1. L’approccio
cognitivo simbolico, di
analisi, che avviene secondo i processi:
a)
di
biforcazione; è un
processo cognitivo, mediato dai sensi, che implica la suddivisione della realtà
che, originariamente, si presenta come un tutto; è un processo violento che comporta
la distruzione della realtà che si intende conoscere;
b)
di
astrazione ossia processi
di costruzione di modelli mentali che, sebbene utili nella vita di ogni giorno,
sono processi essenzialmente "falsi" perché mettono in risalto
unicamente alcuni aspetti della “realtà” osservata e ignorano tutto il resto. Infatti,
astrarre significa omettere una parte della verità. L’astrazione è un modo di tradurre
e rappresentare la realtà; è la mappatura e non il territorio.
2. L’approccio
cognitivo diretto, di sintesi o "prensione". Per Whitehead, la prensione è la
nostra esperienza interiore dell’esistenza di uno scopo; è il “sentire” la
realtà in modo diretto, olistico. E’ la conoscenza nella dimensione olistica
della mente intuitiva e irrazionale ed è l’unica conoscenza concreta ed
immediata che possiamo avere perché è una conoscenza che non viene mediata né
dai sensi (attraverso i processi di biforcazione) né dalla mente razionale (attraverso
i processi di astrazione).
Per i filosofi del
processo, la conoscenza della “realtà” che si ottiene, secondo l’approccio cognitivo
simbolico, sperimentando con i processi di biforcazione sensoriali, elaborando
“concetti” sui diversi piani di astrazione e costruendo modelli mentali, è solo
una forma di conoscenza imperfetta. Un qualsiasi approccio cognitivo simbolico, su un qualsiasi
piano di astrazione si ragioni, non potrà mai giungere alla piena conoscenza
della “realtà”, la quale potrà essere afferrata unicamente con l’approccio cognitivo diretto, di
sintesi, olistico; cioè con la “prensione”.
Insomma, per i filosofi del processo, tutti i processi di conoscenza simbolica,
che implicano la costruzione di modelli mentali, sono mere astrazioni della
mente razionale e quindi non consentono di aspirare alla vera conoscenza
della “realtà” che si può raggiungere solamente con l’esperienza interiore della
“prensione”. Chi ritiene che la
comprensione della “realtà” sia un processo razionale che "emerge" dalla dinamica
complessa del cervello umano: un organo ritenuto “reale” e formato da oggetti altrettanto
“reali” quali: neuroni, atomi, elettroni, ecc., è un materialista scientifico
che cade nella “fallacia della realtà fraintesa”.
Per i filosofi del
processo, la “fallacia
della realtà fraintesa” è commessa anche da chi cerca di comprendere la “realtà” secondo
l’approccio cognitivo simbolico e applica lo stesso ragionamento,
indipendentemente dal piano di astrazione sul quale intende argomentare. In
pratica, ciò si verifica quando, individuato un tema, lo si studia su un determinato piano di
astrazione e si scoprono modelli e
leggi di comportamento di successo. Quindi, spesso inconsapevolmente, si passa a ragionare sullo stesso tema
ma da un diverso punto di vista, su un altro piano di astrazione e, dato il successo
precedentemente riscontrato, si estendono, anche su quel piano, gli stessi
modelli e le stesse leggi.
QUADRO SINOTTICO
DELLE PIU’ IMPORTATI FALLACIE DELL’ECONOMIA TRADIZIONALE (neoclassica e
neoliberista)
Le
fallacie dell’economia tradizionale – Parte 2
|
|
1
|
Adotta
il modello universale del flusso circolare del valore di scambio
|
2
|
Utilizza
funzioni di produzione inadeguate
|
3
|
Crede
nella crescita economica biofisica illimitata
|
Le fallacie dell’economia
tradizionale – Parte 3
|
|
4
|
Confonde
i modelli di crescita della ricchezza reale e finanziaria
|
5
|
Riduce
tutte le relazioni a questioni di mera responsabilità individuale
|
6
|
Ignora
il capitale naturale e la questione energetica
|
Le fallacie
dell’economia tradizionale – Parte 4
|
|
7
|
Usa
il PIL come indicatore di benessere
|
8
|
Adotta
un approccio mercantilista
|
Le fallacie
dell’economia tradizionale – Parte 5
|
|
9
|
Crea
l’illusione della ricchezza finanziaria nazionale
|
10
|
Confonde i piani
di astrazione micro e macroeconomico, tra loro incommensurabili
|
Le fallacie dell’economia
tradizionale – Parte 6
|
|
11
|
Crede
nel vantaggio comparato, in un contesto di globalizzazione
|
12
|
Confida nel capitale naturale per alimentare la grande illusione della crescita
biofisica illimitata
|
(continua)
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