LE FALLACIE DELL’ECONOMIA TRADIZIONALE – Parte 3
Prosegue l’esame delle
principali fallacie linguistiche (di ambiguità e di composizione), che
affliggono la teoria economica dominante, neoclassica e neoliberista.
E’ merito dell’economia
ecologica o economia del benessere (che non è la green economy né tutte le
altre economie colorate, le quali sono solo fallaci derivazioni della teoria
economica tradizionale), l’aver evidenziato e criticato in modo costruttivo,
acuto e profondo, le fondamentali fallacie che minano la teoria economica
tradizionale.
L’economia ecologica
merita di essere conosciuta dal vasto pubblico perchè è l’economia che pone in
primo piano il benessere della gente e il rispetto della natura. Ha le
caratteristiche di una scienza sociale, interdisciplinare e postnormale; adotta
un approccio cognitivo di sintesi e ha tutti gli attributi per diventare la
teoria economica alla base del paradigma socioeconomico dell’ecologia
integrale: l’auspicato cambiamento verso un nuovo stile di vita, prospero,
sostenibile e giusto, fondato in primo luogo sul rispetto degli esseri umani e
della natura.
In questa terza parte si
illustrano altre importanti fallacie dell’economia tradizionale, che derivano:
dalla presunta equivalenza dei modelli di crescita della ricchezza reale e
finanziaria; dalla confusione tra la
responsabilità individuale e collettiva;
dalla visione di un’economia che trascura completamente l’ambiente biofisico
con le drammatiche conseguenze che ne derivano come: l’esaurimento delle
risorse naturali non rinnovabili, soprattutto dei combustibili fossili, e
l’inquinamento planetario. E’ l’economia ecologica, con il suo approccio interdisciplinare
e sistemico, che ci permette di comprendere perché abbiamo i problemi dei rendimenti
di estrazione decrescenti e dei limiti d’impiego delle risorse energetiche non
rinnovabili, nonostante la loro ancora relativa abbondanza nei giacimenti.
4 CONFONDE I MODELLI DI CRESCITA DELLA
RICCHEZZA REALE E FINANZIARIA
La ricchezza finanziaria
e la ricchezza reale sono due diverse proiezioni dell’unica entità complessa,
eseguite sui rispettivi piani astratti, tra loro incommensurabili, dove valgono
modelli costitutivi diversi, con proprietà e dinamiche comportamentali diverse.
La teoria economica
tradizionale, che non ha una visione sistemica e complessa della realtà, cade
nella fallacia della realtà fraintesa perché confonde i piani astratti della
ricchezza finanziaria e della ricchezza biofisica e, quando argomenta sul piano
astratto biofisico, applica gli stessi modelli e le stesse leggi che ha individuato
ragionando sul piano astratto finanziario. Il riferimento è alle leggi della
matematica finanziaria che ammettono la crescita illimitata del valore
monetario, secondo la dinamica dell’interesse composto.
Diversamente, l’economia
ecologica è consapevole della differenza di prospettiva che si ha quando si
argomenta proiettando sui due diversi piani astratti: della ricchezza
finanziaria e della ricchezza biofisica. Riconosce che sul piano astratto della ricchezza
biofisica valgono modelli costitutivi e dinamiche di comportamento del tutto
diversi e irriducibili dalle leggi della matematica finanziaria. Leggi che
derivano dai principi della termodinamica; gli unici in grado di tener conto
del degrado, nel tempo, del valore di un bene biofisico.
4.a Crescita del valore monetario di un asset
finanziario, secondo l’ interesse composto
Si parla di interesse composto
quando l’interesse che matura sul capitale, invece di essere pagato al termine
di ogni periodo di riferimento (anno), va ad aggiungersi al capitale stesso e produce
anch’esso interesse (l’interesse genera interesse).
Per il calcolo del capitale
sottoposto ad un interesse composto si utilizza la seguente formula della
matematica finanziaria:
CN = CO (1 + y /100)N
dove:
CN capitale al termine dell’anno N (€)
CO capitale iniziale (€)
y tasso
di interesse annuo (%)
N
durata dell’investimento (anni)
ESEMPIO. Si supponga di disporre di un capitale
iniziale CO = 1.000 € che viene investito ad un tasso di interesse y = 1 % all’anno, per N =
10 anni. Calcolare il valore del capitale al termine dell’investimento.
CN =
CO (1 + y /100)N = 1000 (1 + 1/100)10 = 1104 €
4.b Decrescita, per degrado, del valore di un
bene biofisico
Per il calcolo del
deprezzamento di un bene biofisico, soggetto ad un dato tasso di degrado, si utilizza la seguente formula :
VN = VO (1 – x /100)N
dove:
VN valore del bene dopo N anni
(€)
VO valore iniziale del bene (€)
x
tasso di degrado annuo (%)
N
periodo di tempo di osservazione (anni)
ESEMPIO. Un bene, che ha un valore iniziale VO
= 5000 €, è soggetto a un degrado (ammortamento), ad un tasso x = 5 % all’anno.
Calcolare il valore residuale del bene dopo N = 10 anni.
VN =
VO (1 – x /100)N =
5000 (1 – 5/100)10 = 2993,68 €
Come si nota, le due
dinamiche, quella del valore del bene (asset) finanziario e quella del valore
del bene biofisico, sono divergenti. A causa del degrado, la ricchezza
biofisica non può crescere e presenta una dinamica opposta a quella del valore
finanziario
Insomma, la moneta non è
un proxy di un bene biofisico (la dinamica del valore monetario non è direttamente
correlata alla dinamica valoriale di un bene biofisico e pertanto non ne
descrive bene la dinamica). Questo, nella storia, ha sempre causato numerosi
guai. Soggetti al paradigma dell’economia dominante, la confusione tra i due
piani astratti ci porta, prima o poi, a dover affrontare una delle varie forme
di ripudio del debito: la mera remissione del debito (una forma di giubileo),
una super inflazione, la bancarotta, un’ esosa tassazione o, cosa molto frequente
nel passato, l’innesco di conflitti e guerre.
4.c Feticismo monetario
Per definizione il
feticismo consiste nel ricercare il valore intrinseco di una cosa nella sua
nuda materialità. Il feticismo monetario per antonomasia è credere che il denaro generi denaro, in una
sorta di autoriproduzione automatica, infinita, per cui è solo una questione di
tempo e tutti diventano ricchi sfondati. L’economia finanziaria, con il
feticismo monetario, ha originato il più grande fenomeno di
psicosi di massa dell’attuale società occidentale; una grande illusione,
un’ isteria collettiva, paragonabile solo alla caccia alle streghe del
medioevo, durata dal XIII al XVII secolo.
Un caso esemplare di
feticismo monetario è quello dei Paesi ricchi e sviluppati, del Nord del mondo,
che prestano denaro, ad interesse, ai Paesi in via di sviluppo, del Sud del
mondo, per permettere a quest’ultimi di acquistare i loro prodotti tecnologici che
non sanno fabbricare e che tanto desiderano. Così, i Paesi in via di sviluppo
si indebitano in valuta estera pregiata e pagano con l’esportazione delle loro
risorse naturali, di cui sono ancora relativamente ricchi.
Così si pone in atto una
condizione di scambio disuguale e
ingannevole, basata dalla fallacia della realtà fraintesa, che confonde il
piano astratto del valore monetario con il piano astratto del valore biofisico.
In sostanza, i Paesi sviluppati pretendono che i Paesi in via di sviluppo
paghino i debiti contratti in termini di valuta pregiata che, sul piano
astratto finanziario crescono con la legge esponenziale dell’interesse
composto, con un equivalente valore di risorse naturali. Però, come già sappiamo,
sul piano astratto biofisico, il valore di una risorsa naturale segue una dinamica
opposta e conforme alle leggi della termodinamica. In conclusione, i Paesi in
via di sviluppo si trovano gravati da un debito in continua crescita, a causa
degli interessi, che devono ripagare con merci il cui valore è in continua
diminuzione, sia a causa dei decrescenti rendimenti termodinamici di produzione
sia per l’eccesso di offerta di quei prodotti sui mercati mondiali.
Le
condizioni di scambio si deteriorano rapidamente e i Paesi in via di sviluppo si
trovano costretti a chiedere ai Paesi sviluppati ulteriori prestiti, sempre in
valuta pregiata e sempre soggetti ad interessi, solo per ripagare gli interessi
sui debiti. Insomma, si avvitano in una subdola dinamica debitoria di
“feticismo monetario” che è addirittura peggiore di uno schema di Ponzi e che
li vede costretti a liquidare le loro preziose risorse naturali ad una velocità
sempre maggiore, in cambio di una minore quantità di beni tecnologici, sempre
più cari.
A causa della fallacia della
realtà fraintesa risulta impossibile ripagare un debito finanziario con una
ricchezza reale per cui, periodicamente, si incorre inevitabilmente in una
crisi che si risolve in una delle esistenti forme di cancellazione del debito. Oggi,
l’intera umanità si trova ostaggio della fallacia della realtà fraintesa. Ci
ritroviamo in un gigantesca bolla del debito, che è già di un ordine di
grandezza superiore alla ricchezza reale planetaria e che è in continua
crescita. La bolla viene alimentata dal denaro continuamente pompato nel
sistema per sostenere artificialmente un modello socioeconomico che, di fatto,
è insostenibile in quanto l’economia reale esprime una dinamica di crescita
diversa dall’economia finanziaria.
I motori della crescita ci abbandonano
Purtroppo, l’economia reale mondiale oggi è troppo pericolosamente vicina ai limiti imposti dall’ecosistema globale e non può più crescere in modo esponenziale come ha fatto nel passato. Nel trentennio immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, l’economia occidentale ha registrato una formidabile crescita esponenziale che, per i due terzi, è stata alimentata dalla presenza dei combustibili fossili a buon mercato.
I motori della crescita ci abbandonano
Purtroppo, l’economia reale mondiale oggi è troppo pericolosamente vicina ai limiti imposti dall’ecosistema globale e non può più crescere in modo esponenziale come ha fatto nel passato. Nel trentennio immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, l’economia occidentale ha registrato una formidabile crescita esponenziale che, per i due terzi, è stata alimentata dalla presenza dei combustibili fossili a buon mercato.
Successivamente, a partire dagli anni ’80, venendo meno la spinta dell’energia a basso prezzo, l’ulteriore crescita esponenziale dell’economia mondiale è stata resa possibile da un crescente indebitamento, dalla delocalizzazione della produzione e dalla libera circolazione dei capitali (la globalizzazione) che ha permesso di aumentare la produttività dei fattori produttivi (lavoro e capitale).
Ai nostri giorni, i
motori della crescita economica esponenziale reale hanno esaurito o stanno
esaurendo la loro forza propulsiva:
a)
il
motore dell’energia a basso prezzo sta esaurendo la sua spinta a causa dei
decrescenti rendimenti termodinamici di produzione dell’energia a buon mercato
(bassi EROEI)
b)
il
motore del debito sta esaurendo la sua spinta a causa dell’eccesso di
debito nell’economia reale; ci siamo accorti che, in un immediato
futuro, non sarà possibile disporre della quantità di energia a buon mercato, necessaria
per ripagare i debiti.
Quest’ultimo aspetto
merita un chiarimento. I processi economici vengono attivati dall’energia
libera che è la variabile fisica che ci serve per compiere lavoro (in pratica
per fare tutto): muovere il nostro corpo, alimentare le macchine, ecc. In
termodinamica, l’energia libera o lavoro di un processo che si svolge sotto
determinate condizioni di temperatura e pressione è definita dal potenziale
termodinamico di Gibbs (una trasformata di Legendre dell’energia).
In teoria,
si potrebbe fare tutto senza denaro (anche se sarebbe difficile o alquanto
scomodo) ma non si può fare nulla senza energia. Sappiamo che la dinamica dell’energia
è regolata dalle leggi della termodinamica (TD), che sono essenzialmente leggi
dell’impossibilità. Infatti, il primo principio della TD afferma
l’impossibilità di ottenere qualcosa dal nulla mentre il secondo principio
della TD stabilisce che, in un processo, è impossibile riciclare totalmente
l’energia, che viene immediatamente degradata e non può venire riqualificata in
termini netti; lo si può fare solo con un’ulteriore apporto di energia di
elevata qualità (a bassa entropia), accettando però un incremento dell’entropia
totale del processo. Sempre il secondo principio della TD afferma che è
impossibile realizzare processi economici che crescono all’infinito, con
rendimenti unitari. L’esperienza insegna che in tutti i processi reali, prima o
poi, si incontrano limiti di ogni tipo i quali si manifestano con la legge dei
rendimenti decrescenti.
Tipicamente, in economia utilizziamo il danaro per controllare i processi economici e quindi
la dinamica dell’energia libera. In pratica, attribuiamo al denaro la funzione
di controllo del processo e lo usiamo come una variabile proxy dell'energia libera sebbene, come abbiamo
già rilevato, ciò non è del tutto lecito dato che la dinamica del valore
monetario non è direttamente correlata alla dinamica dell’energia libera e non
ne descrive correttamente il comportamento.
Per definizione, il debito
è un obbligo giuridico che impone a chi riceve una somma di denaro in prestito
(debitore) di restituirla al creditore, secondo prefissate modalità, compresi gli
interessi. Un debito implica pertanto la promessa di estinzione, ossia di
restituzione futura della somma di denaro prestata, più gli interessi. Avendo
stabilito che il denaro è un proxy dell’energia libera, si può anche dire che il
debito è la promessa di restituire, in futuro, l’energia libera, per compiere
lavoro.
Di
conseguenza, un debito verrà onorato solo se, in futuro, si potrà disporre
della necessaria energia libera, a buon mercato, che lo ripaga con gli
interessi. Già oggi, però, ci troviamo in un contesto di approvvigionamento di
energia a rendimenti decrescenti. Ciò significa che, nel futuro, sarà sempre
più difficile disporre di energia libera e, di conseguenza, sarà sempre più
difficile ripagare i debiti. Questo è il motivo per il quale anche il motore
della crescita economica per indebitamento (economia finanziaria) sta iniziando
a perdere colpi.
5 RIDUCE TUTTE LE RELAZIONI A QUESTIONI DI MERA RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE
La teoria economica
tradizionale, neoclassica, teorizza il modello dell’ “homo oeconomicus”: l’unità fondamentale, autosufficiente,
dell’individualismo metodologico; un individuo iper razionale, egoista,
individualista e perfettamente informato, che agisce con l’obiettivo di trarre
la massima utilità possibile. Con questo modello, l’economia tradizionale valorizza
atteggiamenti predatori ed egoistici, incoraggia comportamenti accentratori e
personalistici e porta a prediligere soluzioni individualistiche.
L’economia ecologica, viceversa,
ha una concezione collettivista e ritiene che l’uomo sia un essere sociale che vive in comunità e si rapporta con
i suoi simili mediante relazioni sociali e di fiducia.
La psicologia
comportamentale insegna che l’uomo è un essere sociale, un individuo che vive
in comunità, la cui identità si definisce e cambia con le relazioni sociali ma
anche con i propri stati interni. Gli studi di psicologia sociale dimostrano che
il modello dell’ “homo oeconomicus”, adottato dalla teoria economica
neoclassica, è una mera astrazione teorica, è una grossa fallacia. L’evidenza
sperimentale mostra che le relazioni umane non si riducono esclusivamente a
puri atti formali di pagamento individuale, a transazioni economiche private, con
l’unico scopo di soddisfare i propri interessi individuali.
5.a Riduzione della responsabilità collettiva a responsabilità
individuale
Come singoli individui,
siamo disposti a pagare di persona per ottenere dei benefici e soddisfare i
nostri bisogni ma siamo anche esseri sociali e, come tali, sentiamo una
responsabilità sia nei confronti dei nostri simili, che sono meno fortunati, sia
delle future generazioni e delle altre specie.
L’economia tradizionale
ignora ogni responsabilità collettiva e ritiene che l’aspetto fondamentale sia il
comportamento individuale di ogni agente economico. Ragionando in questa
ottica, essa confonde i piani astratti e incommensurabili della dimensione della
responsabilità sociale e di quella individuale e cade nella grave fallacia della realtà
fraintesa.
Priva di un approccio
sistemico, la teoria economica tradizionale affronta e risolve i problemi
di responsabilità collettiva, che sono dinamiche emergenti dal sistema
socioeconomico inteso nella sua globalità (a livello olonico
superiore), con un approccio riduzionistico che adotta gli stessi
modelli di responsabilità, le stesse leggi che descrivono il comportamento dei
singoli agenti, presi individualmente (dinamiche di livello olonico inferiore).
In pratica nel paradigma
dell'economia tradizionale, i gravi problemi di politica economica, che
implicano aspetti di responsabilità collettiva e di qualità delle relazioni
umane, che ci qualificano come esseri sociali appartenenti ad una comunità,
vengono ridotti a semplici problemi di responsabilità individuale, di
disponibilità ad assumere in prima persona la responsabilità del problema
sociale e a pagare come singolo individuo, con transazioni monetarie tra
privati (creditori e debitori).
5.b Le soluzioni dell’economia ambientale (green
economy)
La nostra natura di
esseri sociali, di persone che vivono in comunità, mal si addice con l’ approccio
riduzionistico del paradigma socioeconomico tradizionale, che tende a scomporre
ogni problema di natura etica e a ridurlo a questioni di responsabilità
personale, da risolvere in termini monetari, in base al reddito.
Un esempio eclatante di
individualismo fatto metodo è il modo in cui l’economia ambientale pensa di
risolvere il problema sociale dell’inquinamento e del deterioramento dei
servizi ecosistemici (effetto serra, distruzione dello strato protettivo di
ozono, cambiamento climatico, piogge acide, ecc.). Occorre fare molta attenzione
a non confondere l’economia ambientale (detta anche green economy) con
l’economia ecologica. Nonostante il nome, la green economy è pur sempre
economia tradizionale, neoclassica, perchè ne mantiene la visione e i
metodi anche se ha assunto un nome ingannevole e si è travestita per dare
l'illusione di una maggiore attenzione ai temi dell’ambiente. L'unica economia
veramente attenta alle persone e all'ambiente che propone politiche economiche
orientate verso soluzioni collettive è l'economia ecologica.
Per la green economy, il
problema ambientale che è di natura sociale si risolve a livello personale,
imponendo ad ogni singolo individuo una tassa proporzionale all’inquinamento
prodotto che serve a costituire un fondo per ripristinare i servizi deteriorati.
In questo modo non si costruisce alcuna consapevolezza a livello sociale.
Insomma, pagando la
tassa, il problema dell'inquinamento, anzichè assumere una connotazione sociale
che comporta una responsabilità e una presa di coscienza collettiva, diventa il
diritto del privato a continuare ad inquinare senza remore. Con il suo denaro,
qualcun altro riparerà i danni e lui continuerà ad inquinare e a
perseguire i suoi interessi egoistici.
6 IGNORA IL CAPITALE NATURALE E LA QUESTIONE ENERGETICA
Per
realizzare i prodotti e servizi che soddisfano i bisogni umani, il processo
economico deve prelevare dall’ambiente il capitale naturale, tra cui i minerali
utili e i combustibili fossili, che vengono progressivamente liquidati. Come è
ben noto, l’economia è la scienza che si occupa di gestire al meglio le risorse
scarse. Oggi, la risorsa che inizia a scarseggiare è il capitale naturale non
rinnovabile ed è quella che dovrebbe essere maggiormente tutelata. Invece,
l’economia tradizionale ignora completamente le risorse naturali, che non sono
previste nella sua visione preanalitica, e non sa dell’esistenza del transflusso
di materia e di energia che alimenta i processi economici e ne definisce la
scala.
La
teoria economica tradizionale non si preoccupa dell’esaurimento del capitale
naturale perché, nella sua visione, adotta il criterio di sostenibilità debole
e ritiene che il capitale naturale possa essere integralmente sostituito dal
capitale artificiale. Di seguito, parleremo soprattutto di combustibili
fossili, ma il discorso vale per tutto il capitale naturale non rinnovabile.
La teoria economica
tradizionale cade nella fallacia della realtà fraintesa perché ritiene di poter
risolvere il problema dell’esaurimento delle risorse naturali, sostituendole
con il capitale artificiale. Essa pensa di poter
applicare, anche sul piano astratto biofisico, l’ingenuo modello meccanicistico
del flusso circolare del valore di scambio, che è valido solamente nel piano
astratto del valore monetario. L’errore viene commesso perché la teoria non
dispone di idonei strumenti per ragionare sul piano di astrazione biofisico,
dove la dinamica comportamentale è soggetta alle leggi della termodinamica.
6.a La dinamica energetica nella visione
dell’economia tradizionale
Nella
sua visione analitica, lineare e riduzionistica della realtà, l’economia
tradizionale ritiene che il progressivo esaurimento dei combustibili fossili
(ad esempio il petrolio) tenda a farne aumentare il prezzo e questo preme per
un aumento della produzione dei prodotti energetici, perchè diventerebbero
accessibili un sempre maggior numero di giacimenti marginali. Per l’economia
tradizionale dunque non esistono problemi di esauribilità dei combustibili
fossili e, più in generale, delle risorse naturali. L’aumento della produzione dei
prodotti energetici preme per un aumento della produzione dei beni di consumo e
questo richiama una maggiore occupazione ed un aumento dei salari dei
lavoratori di base (la fascia più ampia di lavoratori). La crescita dei salari
sostiene la domanda dei beni di consumo che, a sua volta, ne fa lievitare i
prezzi e la cosa favorisce l’ ulteriore crescita della produzione di quei beni.
Si innesca così un circolo di rinforzo virtuoso e l’economia cresce
all’infinito.
Per i
pensatori sistemici, ecco il CLD (Causal Loop Diagram) che spiega la dinamica
energetica, secondo l’approccio lineare della teoria economica tradizionale.
Crescita
economica illimitata, secondo l’economia tradizionale
6.b La dinamica energetica nella visione
dell’economia ecologica
L’economia
ecologica ha un diverso approccio e adotta una visione di sintesi, sistemica e
circolare della realtà. Essa ritiene che il progressivo esaurimento dei
combustibili fossili (ad esempio il petrolio) tenda a farne aumentare il prezzo
ma solo fino ad certo limite massimo (limite di cut off) che, per ragioni
sistemiche, non può superare. L’iniziale aumento di prezzo del petrolio preme
per un aumento della produzione dei prodotti energetici derivati (benzina,
kerosene, gasolio, ecc.), perchè diventerebbero accessibili un sempre maggior
numero di giacimenti petroliferi marginali. Con la maggiore disponibilità di
prodotti energetici, si ha un aumento della produzione dei beni di consumo e
questo richiama una maggiore occupazione ed un aumento dei salari dei
lavoratori di base (la fascia più ampia di lavoratori). La crescita dei salari
sostiene la domanda dei beni di consumo che, a sua volta, ne fa lievitare i
prezzi e la cosa favorisce l’ ulteriore crescita della loro produzione. Si
innesca così un circolo di rinforzo virtuoso e l’economia inizia a crescere. Tuttavia,
a differenza dell’approccio lineare della teoria economica tradizionale,
l’economia ecologica tiene conto degli effetti di sistema che, ben presto,
iniziano a farsi sentire.
Il
prezzo dei beni di consumo non può crescere oltre un certo limite, superato il
quale diventano inaccessibili ai lavoratori di base, i cui salari non aumentano
allo stesso modo e la domanda dei beni di consumo tende a diminuire con la
conseguente diminuzione dei prezzi. La cosa provoca una diminuzione della
produzione dei beni di consumo. Le aziende iniziano a chiudere e a licenziare i
dipendenti. Di conseguenza: diminuisce l’occupazione, diminuiscono i salari dei
lavoratori di base e diminuisce ulteriormente la domanda dei beni di consumo. Si
innesca così un circolo di rinforzo vizioso e l’economia tende ad implodere.
Con
la diminuzione della produzione dei beni di consumo, diminuisce anche la
domanda di petrolio (e in genere di materie prime). Di conseguenza, molto
petrolio giace non sfruttato nei giacimenti e il suo prezzo diminuisce,
opponendosi così al suo iniziale aumento e dando origine ad una forte
volatilità dei prezzi.
La
diminuzione del prezzo del petrolio comporta due effetti contrastanti.
- da
un lato riduce la disponibilità dei prodotti energetici, perchè le aziende non
hanno più convenienza a produrli e questo contribuisce a deprimere l’economia
mentre
- dall’altro
lato, comporta una diminuzione dei prezzi dei beni di consumo e questo aiuta la
ripresa economica.
Ecco
il CLD (Causal Loop Diagram) che spiega la dinamica energetica vista nell’
ottica sistemica dell’economia ecologica.
I
limiti alla crescita economica, secondo l’economia ecologica
Insomma,
secondo l’approccio sistemico dell’economia ecologica, il collasso
dell’economia globale non verrà segnalato da un forte aumento dei prezzi del
petrolio e di tutte le altre materie prime, come prevede la teoria economica
tradizionale. Piuttosto, il superamento, da parte della nostra economia globalizzata, dei molteplici limiti imposti
dall’ecosistema globale sarà caratterizzato da una grande volatilità e
turbolenza dei prezzi delle materie prime, con una successione di improvvise
impennate e repentini crolli dei prezzi; caratteristiche che si rifletteranno anche
sull’economia nel suo complesso. E’ lo scenario VUCA: di grande volatilità dei
prezzi, di incertezza del futuro, di complessità ed ambiguità. Una scena di forte turbolenza e di grande destabilizzazione in tutti i settori: politico, istituzionale, sociale ed economico, sia a livello nazionale che internazionale. E’ lo scenario che ci aspetta se non ci impegniamo da subito a cambiare
paradigma socioeconomico e ad effettuare la transizione verso il paradigma
dell’ecologia integrale. Un paradigma che tiene in grande considerazione e
rispetto il rapporto con i nostri simili e con la natura.
Un
altro aspetto particolare dell’approccio sistemico è che l’economia non collasserà
per avvenuto esaurimento delle materie prime e, in particolare, dei
combustibili fossili. Continuando imperterriti sulla stessa strada, la nostra
economia globalizzata potrebbe crollare prima ancora di avere bruciato tutti i
combustibili fossili quando, sotto terra, ne rimarranno ancora in grande quantità.
Ciò significa che, probabilmente, non ci dovremo neppure preoccupare del
cambiamento climatico e dei terribili fenomeni che si verificheranno con
l’aumento della temperatura superficiale terrestre.
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