CONOSCERE LE FALLACIE, PER DIFENDERSI – Parte 4


La società sembra essersi dimenticata dell’importanza della verità. Immersi come siamo nella nostra “realtà” post–ideologica, sostenuta e potenziata dai social network, ci stiamo impegnando a contaminare e ad avvelenare sistematicamente la verità. Oggi, lo scopo di ogni attività sembra che non sia più quello di perseguire la verità ma semplicemente di raccontare una propria storia, di intrattenere, divertire e, purtroppo, sempre più spesso, anche di mentire, di ingannare. Uno sport molto praticato, in tutto il mondo, soprattutto dalle elite finanziarie, economiche e politiche, nei confronti dei cittadini volutamente tenuti nella inconsapevolezza.

In questa quarta e ultima parte, si prosegue con la discussione di altre tipi di fallacie non formali e, più precisamente, vengono esaminate le fallacie che fanno appello alle emozioni e ai sentimenti e le fallacie causali. Dopo le conclusioni, in appendice, vengono approfondite, usando anche il linguaggio della logica formale, le fallacie di affermazione del conseguente e negazione dell'antecedente. 



FALLACIE CHE FANNO APPELLO ALLE EMOZIONI O AI SENTIMENTI

In questi tipi di fallacie, l’interlocutore cerca di convincere l’avversario ad accettare la propria tesi non sulla base di una valida argomentazione logica ma facendo leva sugli stati emotivi, con argomenti razionalmente irrilevanti ma molto più convincenti sul piano irrazionale. 

·         Ricorso al bastone (argumentum ad baculum). La fallacia consiste nell’imporre la propria tesi minacciando di ricorrere alla forza o di esercitare una qualche altra forma di pressione sull’avversario. Qui la forza argomentativa risulta irrilevante.
Esempio 1. Pensala come vuoi, ma se non ti ricredi saremo costretti a trarne le conseguenze.”

·         Appello alla paura (argumentum ad metum). La fallacia consiste nell’evocare un evento terrificante per far accettare, all’avversario, la propria tesi e indurlo a comportarsi nel modo voluto.
Esempio 1. Volete le centrali nucleari? Allora pensate a Cernobyl e a Fukushima”. Come vedete, a volte, appellarsi alle emozioni può essere più “ragionevole” che appellarsi alla ragione.

·         Appello alla compassione (argumentum ad misericordiam). La fallacia consiste nel convincere l’avversario ad accettare la propria tesi facendo appello alla compassione e alla pietà e non sulla base di una argomentazione logicamente coerente, fondata su prove certe. Anche in questa fallacia, le premesse non sono rilevanti per la conclusione. e la tesi viene accettata sull'onda di uno stato di partecipazione emotiva. Di fatto, chi si appella alla compassione non deve necessariamente affermare il vero né deve assumere un comportamento irreprensibile.
Esempio 1. “Professore, mi deve far superare l’esame perché, altrimenti, dovrò partire per il servizio militare.”

·         Appello alla popolarità (argumentum ad populum). L’appello alla popolarità o alla maggioranza è un’argomentazione erronea perché chi vi ricorre sostiene la propria tesi facendo riferimento ai sentimenti popolari e all’ opinione della maggioranza; quando è ben noto che, in un’argomentazione, il valore emotivo della premessa non è logicamente connesso con il valore di verità della conclusione. La fallacia è anche chiamata “effetto carrozzone”, essendo quest’ultimo il carro che trasporta la banda in una parata. Dato che chi sale sul carrozzone è avvantaggiato perché può ascoltare la musica seduto comodamente, senza dover camminare, quella del carrozzone è la metafora di chi intende sostenere la propria tesi senza dover fare la fatica di dimostrarne la validità, per il semplice fatto che essa gode di ampia popolarità. Inoltre, proprio grazie alla sua popolarità, la tesi viene automaticamente accettata per valida da tutti.

Gli studi di psicologia comportamentale dimostrano che, per pigrizia mentale, per evitare di dover fare la fatica di pensare in modo autonomo, la gente tende a delegare agli altri l’onere di assumere le decisioni. Quindi si uniforma alle decisioni prese, confidando a livello inconscio che gli altri si siano accollati, con solerzia e sacrificio, lo sforzo iniziale di analizzare tutte le possibilità per poi giungere ad una decisione giusta e ponderata. Questo comportamento irrazionale si chiama  “riprova sociale” o “istinto del gregge” ed è quel fenomeno che spinge la gente a credere che quello che la maggioranza pensa e come si comporta sia giusto, a prescindere, e lo imita istintivamente.
E’ proprio a causa dell’istinto del gregge che il voto tende a concentrarsi sui candidati che hanno la maggiore probabilità di vincere (generando così anche ampi e sorprendenti spostamenti di voti da una parte all’altra) e che l’uso del sondaggio ha acquisito una notevole importanza (spesso eccessiva) anche come mezzo di formazione dell’opinione pubblica.

Ecco, di seguito, alcuni esempi di appello alla popolarità
Esempio 1. “Per secoli, in Europa Occidentale, la maggioranza ha creduto alle streghe ed ha ritenuto giusto bruciarle”. E’ stato il più importante fenomeno di psicosi collettiva del Medioevo.
Esempio 2. “Da oltre un secolo, nei paesi a capitalismo sviluppato, tutti credono al feticismo monetario ossia alla possibilità di arricchirsi basandosi sulla capacità del denaro di generare ulteriore denaro e quindi facendo soldi dai soldi”. E’ la finanziarizzazione dell’economia; il più importante fenomeno di psicosi collettiva moderna.
Esempio 1. “Il prodotto di igiene intima X è di eccellente qualità; infatti lo usa il 99% delle donne”. Siccome lo usa la maggioranza, allora vuol dure che è effettivamente di eccellente qualità.


·         Appello alla tradizione. L’appello alla tradizione, che è affine all’appello alla popolarità, è una fallacia quando, chi vi ricorre, pretende di sostenere la validità della propria tesi senza addurre prove e senza una valida argomentazione logica ma per il solo fatto che, da sempre, essa viene ritenuta valida. E’ evidente che, in generale, una vecchia argomentazione non è migliore di una nuova (e viceversa) e non vi è alcuna relazione logica tra il tempo durante il quale è rimasta in auge e il suo valore di verità.

L’appello alla tradizione è una fallacia molto comune e attraente perché:
a)    emotivamente è normale che la gente preferisca rimanere ancorata alle tradizioni che danno sicurezza dato che, in genere, ci si trova più a proprio agio con ciò che si conosce da più tempo e meglio;
b)    il cambiamento spaventa e, pertanto, è più facile restare legati alle idee vecchie e alle tradizioni, piuttosto che cambiare e provare cose nuove.
D’altra parte la storia insegna che, per secoli, la gente ha creduto a innumerevoli argomentazioni erronee (le fallacie commesse per aver seguito la maggioranza).

Occorre sottolineare che se l’argomentazione continua ad essere periodicamente comprovata da prove e test, anche se è in auge da lungo tempo, non è una fallacia di appello alla tradizione.
Esempio 1. “La teoria che afferma che la materia è costituita da particelle subatomiche è ragionevole perché esiste da molti anni ed ha sempre superato numerosi test e prove”. L'argomentazione è valida, non tanto perché non viene confutata da molti anni ma perché viene continuamente convalidata da numerose prove.


FALLACIE CAUSALI

La fallacia causale per antonomasia è la fallacia del cecchino texano, che è legata al pregiudizio di conferma (bias di conferma), un fenomeno di oscuramento cognitivo in cui la gente tende a interpretare le cose in modo da confermare le proprie convinzioni, ignorando le informazioni che le contraddicono.

·         Fallacia del cecchino texano. E’ una fallacia di “falsa causa” il cui nome deriva dal racconto di un tiratore che sparò a caso contro una staccionata e poi dipinse i bersagli intorno ai buchi lasciati dai proiettili, facendo apparire come se fosse un eccellente tiratore.


Quella del cecchino del Texas è una fallacia legata al pregiudizio di conferma (bias di conferma), in cui la gente tende a interpretare le cose in modo da confermare le proprie convinzioni, ignorando le informazioni che le contraddicono. E’ un tipico oscuramento cognitivo (tunnel cognitivo) della mente razionale, che si esprime con la tendenza a far emergere schemi, modelli, teorie a partire da un insieme, anche totalmente casuale di dati, fatti, testimonianze ed esperimenti, scegliendo inconsapevolmente i dati a favore di una presunta argomentazione o che si adattano ad un presunto modello e ignorando ogni dato che sia in contrasto. Si spiega con il fenomeno del “cherry picking”, una deformazione cognitiva di conferma, in funzione della quale la gente tende a vedere il mondo sulla base delle suoi modelli mentali acquisiti, delle sue convinzioni e dei suoi preconcetti.

La fallacia del cecchino texano viene commessa in buona fede quando, dopo aver raccolto ed esaminato i dati, ci si convince che certi raggruppamenti osservati devono essere il risultato di una causa e si formula una teoria che li giustifica. Quando si è in presenza di un raggruppamento di dati, non si può argomentare subito l’esistenza di una teoria causale. Il ragionamento può essere fallace per due motivi:
a)    il raggruppamento potrebbe essere solo casuale e, in tal caso, si può parlare solo di correlazione tra dati casuali ma non di una teoria causale
b)    il raggruppamento potrebbe non essere casuale ma dovuto a fenomeni che si possono descrivere sulla base di una teoria diversa da quella ipotizzata.

Il procedimento corretto è quello di formulare dapprima una teoria, predisporre un modello, ossia formulare un’ipotesi iniziale, da testare. I modelli sono utili per formulare delle ipotesi ma non sono prove sufficienti a convalidare un raggruppamento causale. In altri termini, la correlazione tra i dati non implica necessariamente la causalità.
La parte prevalente del lavoro degli scienziati è quella di raccogliere i dati, interpretarli e cercare le leggi che li governino. Se uno scienziato parte già con un’idea preconcetta della teoria che intende dimostrare, è molto facile che cada nella fallacia del cecchino texano. Egli sarà soggetto a distorsione di conferma e andrà alla ricerca dei dati che supportano la sua teoria mentre ignorerà tutto quanto la potrebbe confutare.

La fallacia del cecchino texano viene frequentemente usata in modo ingannevole dalla politica e dalla pubblicità quando si diffondono unicamente le informazioni utili a supportare le proprie tesi mentre invece si ignorano tutte le informazioni che tendono a confutarle.

Di seguito si propongono alcuni esempi di fallacie del cecchino texano
Esempio 1. “Un’agenzia matrimoniale ha dichiarato che Maria e Paolo sono la coppia dell’anno perché, dall’analisi dei questionari che hanno compilato, risultano avere molti aspetti in comune. Sono entrambi biondi, hanno la stessa età, amano lo stesso tipo di pizza, abitano nella stessa città, amano gli stessi film e adorano lo stesso attore, hanno frequentato la stessa università e adorano entrambi il tennis”. La fallacia consiste nel fatto che l’agenzia matrimoniale, su un questionario di 50 punti, ha evidenziato solo gli 8 punti di somiglianza della coppia mentre ha sottaciuto gli altri 42 punti di discordanza. In un’argomentazione non è mai una buona idea concentrarsi solo sulle somiglianze e trascurare le differenze.
Esempio 2. “Presso un punto vendita sono esposti in bella vista le giocate vincenti dei gratta e vinci con gli importi vinti dai clienti”. La fallacia consiste nel non far parola di tutti i clienti che hanno giocato ed hanno perso.
Esempio 3. “I telegiornali diffondono soprattutto le notizie negative di delitti, rapine, stupri, stragi, catastrofi naturali, e tralasciano di parlare delle storie, infinitamente più numerose, di normale vita quotidiana, dato che quest’ultime non fanno notizia”. La conseguenza della fallacia comunicativa è che la gente vive terrorizzata e pensa che il mondo stia peggiorando e stia diventando un luogo invivibile quando invece non è vero, come ci si può rendere conto solo se si avesse il tempo di esaminare le statistiche dei crimini.   


CONCLUSIONI

Mai come in questi ultimi decenni la società sembra aver dimenticato l’importanza della verità. Nella nostra “realtà” post–ideologica ci stiamo impegnando a contaminare e ad avvelenare sistematicamente la verità. Lo spregio per la verità non ha mai raggiunto livelli così elevati e non è mai stato diffuso e istituzionalizzato a sistema. Nella nostra epoca, lo scopo di ogni attività non sembra più essere quello di perseguire la verità ma semplicemente di raccontare una propria storia, di intrattenere, divertire e, purtroppo, sempre più spesso, anche di mentire, di ingannare. Uno sport molto praticato, in tutto il mondo, soprattutto dalle elite finanziarie, economiche e politiche, nei confronti delle popolazioni inermi.

Oggi, la figura di moda è quella dell'opinionista. Anneghiamo letteralmente in un oceano di informazioni, pareri e idee, che ci vengono rovesciate in modo scriteriato, senza offrirci un valido metodo per una corretta interpretazione dei fatti. E’ il cosiddetto “opinionismo”; un tipo di giornalismo, aggressivo e impertinente, che si vanta di abbandonare ogni forma di rispetto nei confronti della verità dei fatti (sia pure presunta), che adduce il diritto alla libertà di parola e alla democratica espressione delle proprie opinioni, per degradare la verità dei fatti, la validità di ogni regola argomentativa formale e per impedire un dialogo trasparente ed onesto tra le parti.

Occorre combattere l’idea che la verità sia un concetto astratto; diversamente tutti si sentirebbero autorizzati a diffondere un’informazione fallace a proprio vantaggio, con la scusa che tanto l’opinione pubblica avrebbe l’antidoto per mantenere una propria opinione equilibrata e indipendente. Purtroppo è pura demagogia perché le persone non hanno queste difese ed il risultato che si ottiene è quello di confondere le idee, di spaventare la gente, per poter efficacemente influenzare e manipolare i suoi comportamenti sociali, economici e politici

La recente e tumultuosa innovazione tecnologica, che ha interessato il settore delle comunicazioni, ha offerto un fertile terreno di crescita all’opinionismo e ne ha potenziato la capacità di influenzare i comportamenti della gente. Basta pensare alla incontrollata crescita esponenziale dei blog opinionisti sulla rete e agli infiniti talk show televisivi dove personaggi singolari, scelti per fare audience, sono lasciati liberi di diffondere fesserie a più non posso. Se prima, quella gente poteva influenzare al massimo tre o quattro amici, al bar dell’angolo, che lo ascoltavano per quanto permesso dai fumi dell’alcool, ora le loro imbecillità sono amplificate dal mezzo televisivo e costituiscono una vera a propria piaga sociale. Sono i “tuttologi”; è gente che sente il diritto di pronunciarsi su tutti gli argomenti possibili ed immaginabili, confondendo allegramente tra fatti e opinioni. Spesso, sono individui affetti dalla sindrome di Dunning–Kruger, una distorsione cognitiva che li porta ad auto valutarsi esperti, più di quanto non lo siano realmente. Essi sono così convinti delle “verità” che affermano, che assumono un atteggiamento sicuro, arrogante e non provano la minima vergogna nel proferire fiumi di fesserie e amenità di ogni genere, che vengono diffuse a tutto il mondo. Pensate che tra questi “tuttologi”, ci sono anche direttori di testate giornalistiche, professoroni universitari, economisti rampanti, che non temono di avventurarsi al di fuori del loro campo specifico. Qualche volta vengono addirittura scomodati ultraottantenni che, a loro tempo, avevano ricoperto cariche di una certa importanza e che, senza alcun rispetto per la loro età, vengono dati in pasto al mezzo televisivo e vengono sollecitati ad esprimersi sui più svariati temi, senza tener conto della loro, a volte malcelata, difficoltà ad esprimersi ancora con la dovuta profondità di pensiero.


In un contesto dove la ricerca dell’assenso prevale sulla serietà e sul senso di responsabilità, l’ambiguità diventa il sentimento predominante.

La figura del giornalista serio, che ricerca la verità con ostinazione, con serietà ma anche con umiltà, che fa del dubbio il suo principale metodo di lavoro, non è più di moda. Oggi ci si stente così liberi e spudorati da poter affermare qualsiasi stupidaggine, per la pura ricerca dell’applauso, dell’assenso, del “mi piace” su Facebook e state pur certi che, sulla rete, si riesce sempre a trovare un pubblico di fan che applaude a qualsiasi fesseria venga diffusa.

Occorre recuperare quel senso di responsabilità da parte dei rappresentanti politici e dei giornalisti, quell’imperativo categorico interiore che li spinge a controllare, a verificare più volte l’attendibilità delle informazioni che diffondono, a sottoporle a dei test di verifica sperimentale che non è solo appannaggio delle scienze dure (fisica, chimica, ecc.) ma anche e sopratutto delle scienze sociali, per il loro valore etico.

Sebbene il linguaggio formale della logica non possa sostituire il sapere in campi specifici, è comunque un potente strumento di validazione delle teorie che permette un più corretto ed efficace utilizzo della conoscenza. In particolare, lo studio delle fallacie logiche è di fondamentale importanza nel pensiero critico e dovrebbe far parte del bagaglio culturale di ogni cittadino. Si parla, a ragione, di introdurre l’educazione civica nelle scuole, a partire dalle primarie (elementari), ma io credo che occorra rivedere seriamente e criticamente l’intero piano di formazione scolastica. In una società complessa come la nostra, sin dalle scuole primarie occorre insegnare materie di grande importanza per la formazione di un cittadino consapevole e responsabile. Mantenendo le materie tradizionali, un po’ snellite nei programmi, il piano formativo deve comprendere anche materie come: il pensiero sistemico, il pensiero critico, l’educazione civica e l’economia; discipline che oggi vengono completamente ignorate.

Forse esiste ancora una via di uscita da questo processo di distruzione della verità. I cittadini possono mantenere ben saldo il potere democratico se sanno padroneggiare e giudicare le argomentazioni delle elite: dei politici, degli economisti, degli intellettuali e dei manipolatori dell’opinione pubblica. Quanto più ogni cittadino comprende che la verità è un bene comune indispensabile e molto fragile, che va difeso a tutti i costi, con attenzione e pervicacia, e impara a giudicare e ad individuare i punti critici delle argomentazioni del mondo della politica, della finanza e dell’economia, tanto più la società sarà in grado di combattere il sistematico avvelenamento della verità che sta interessando la comunicazione pubblica, a livello globale.

Socrate esortava i cittadini ad imparare l’arte di argomentare bene, di seguire la dialettica dei concetti, in modo da far prevalere i migliori. E’ un precetto, ancora valido al giorno d’oggi da seguire con entusiasmo ed impegno se vogliamo preservare quell’immenso “bene comune” che è la democrazia.






APPENDICE DI APPROFONDIMENTO

FALLACIA DELL’ AFFERMAZIONE DEL CONSEGUENTE

Nel linguaggio artificiale, l’applicazione del modus ponens è la seguente :

[(p É q) Ù p] É q

dove:
p, q  : sono lettere proposizionali che rappresentano le proposizioni atomiche
É , Ù , Ø : sono i connettivi vero–funzionali che, espressi a parole, significano:
É :  è il connettivo di implicazione; “se … allora”;
Ù :   è il connettivo congiunzione “ e “
Ø :   è il connettivo di negazione “non”

Tradotto in italiano significa :

se è vero che p implica q ed è vero p, allora è vero anche q

Nel linguaggio artificiale, la fallacia dell’affermazione del conseguente si esprime come:

[(p É q) Ù q] É p

che, tradotto in italiano, significa :

Se è vero che p implica q ed è vero q, allora è vero anche p.

Il ragionamento, ovviamente, non è valido in quanto l’implicazione ( É ) significa che la verità di p forza la verità su q ; tuttavia q potrebbe essere vero per i fatti suoi, anche indipendentemente da p.

Esempio


Ipotizziamo le seguenti proposizioni atomiche:
p = essere un gatto (antecedente)
q = avere quattro zampe (conseguente)

lnferenza corretta:

“Essere un gatto implica avere quattro zampe. Io sono un  gatto, dunque ho quattro zampe.”

Ragionamento fallace (per affermazione del conseguente):

Un cane pensa:

“Essere un gatto implica avere quattro zampe. Io ho quattro zampe, dunque sono un gatto.”

Il ragionamento di affermazione del conseguente (avere quattro zampe) è erroneo perché attribuisce la proprietà di avere quattro zampe solo ai gatti quando invece ci sono altri animali che hanno quattro zampe e non sono gatti (ad esempio i cani).


FALLACIA DELLA NEGAZIONE DELL’ANTECEDENTE

Nel linguaggio artificiale, l’applicazione corretta del modus tollens è la seguente :

[(p É q) Ù Øq] É Øp

dove, per le lettere proposizionali p, q e per i connettivi vero–funzionali valgono le definizioni sopra indicate.

Tradotto in italiano, significa :

se è vero che p implica q, e q è falso, allora è falso anche p.

Nel linguaggio artificiale, la fallacia della negazione dell’antecedente si esprime come:

[(p É q) Ù Øp] É Øq

che, tradotto in italiano significa :

se è vero che p implica q, e p è falso, allora è falso anche q.

Il ragionamento, ovviamente, non è valido per lo stesso motivo visto sopra; solo che qui anziché fare un’assunzione irrilevante sulla verità di q, se ne fa una sulla falsità di p.

Esempio

Ipotizziamo le seguenti proposizioni atomiche:
p = essere un gatto (antecedente)
q = avere la coda (conseguente)

lnferenza corretta:

“Essere un gatto implica avere la coda. Io non ho la coda, dunque non sono un gatto.”


Ragionamento fallace (per negazione dell’antecedente):

Un cane pensa:

“Essere un gatto implica avere la coda. Io non sono un gatto, dunque non ho la coda.”

Il ragionamento di negazione dell’antecedente (non essere un gatto) è erroneo perché attribuisce la proprietà di non avere la coda a tutti gli animali che non sono gatti, quando invece si sono altri animali che hanno la coda e non sono gatti (ad esempio i cani).


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