ECONOMIA ECOLOGICA ED ECONOMIA TRADIZIONALE, A CONFRONTO - Parte 4
11 Gestione delle incertezze
Si
premettono alcune definizioni:
a)
Il
rischio, o incertezza tecnica, è la
condizione nella quale si conoscono tutte le variabili che caratterizzano un
problema ed è nota la probabilità della
loro incidenza quantitativa.
b)
L’incertezza, o più precisamente incertezza
metodologica, si ha quando si conoscono tutte le variabili che caratterizzano
un problema ma non è nota la loro incidenza quantitativa; pertanto si ignora la
probabilità dell’evento.
c)
L’ignoranza intrinseca, o incertezza
epistemica, si riferisce ai limiti assoluti della nostra
capacità di comprendere; si ha quando non è possibile costruire un
modello del problema perché non si conoscono le variabili rilevanti oppure sono
note solo in parte e manca ogni possibilità di conoscere la loro incidenza
quantitativa.
d)
L’
indeterminazione è quella
particolare incertezza che si ha nel rapporto tra esseri umani e sistemi
tecnologici
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale ritiene che l’incertezza tecnica (il rischio) si possa minimizzare,
fino a ridurla teoricamente a zero. D’altra parte, i metodi di analisi che adotta
escludono a priori ogni possibilità di incertezza metodologica e di ignoranza
intrinseca (incertezza epistemica)
Non
si preoccupa delle conseguenze socio economiche ed ambientali delle soluzioni e
delle relative decisioni che suggerisce al decisore politico.
Economia ecologica
L’
economia ecologica è consapevole che il rischio, l’incertezza metodologica e l’ignoranza intrinseca, sono aspetti irriducibili, quindi
ineliminabili; pertanto si procura gli strumenti metodologici più idonei per
gestirle.
Dà grande importanza alle conseguenze socio economiche
ed ambientali delle soluzioni e delle relative decisioni che propone al decisore
politico; proprio perché è consapevole delle ineliminabili incertezze che
caratterizzano i processi di gestione dei dati.
12 Gestione dei valori
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale presume (ipotizza) il carico dei valori e le conseguenze delle
decisioni assunte nel guidare il sistema socioeconomico verso l’obiettivo
prefissato.
Economia ecologica
L’economia
ecologica descrive (spiega) il carico dei valori e le conseguenze delle
decisioni che propone di adottare per orientare il sistema socioeconomico verso
comportamenti giudicati accettabili e riconosciuti, dalla comunità estesa dei
pari, come le soluzioni fondamentali e definitive del problema. Suggerisce di guidare il
complesso sistema socioeconomico, mantenendo
un atteggiamento sempre molto prudente e diligente e impiegando tecniche di
orientamento euristiche ed evolutive (fitness landscape).
13 Obiettivo macroeconomico primario
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale è centrata su un’unica politica economica: quella della crescita economica biofisica illimitata. Un tale punto di vista è sostenuto dalla
convinzione che la crescita materiale
illimitata sia “la politica economica” per eccellenza, la soluzione a tutti i
principali problemi socioeconomici; la politica che evita di dover attuare politiche
economiche più puntuali come, ad esempio, particolari politiche di ridistribuzione
della ricchezza, che sono poco gradite alle elite, sono sempre molto impegnative
da realizzare e portano a risultati che, storicamente, si sono spesso rivelati incerti.
La
crescita economica biofisica illimitata ha mostrato di essere efficace
nell’attenuare il conflitto di classe. Infatti, sebbene punti ad arricchire
ulteriormente e in modo smodato la fascia sociale già ricca essa permette anche alla fascia meno abbiente
di migliorare la sua condizione economica (teoria dello sgocciolamento).
L’economia
tradizionale ha sviluppato un insieme di tecniche di gestione di beni di
proprietà che mira a massimizzare, nel breve termine, i guadagni e i profitti di
singoli individui; ossia, la ricchezza finanziaria di un’ elite di proprietari.
In tal senso è soprattutto crematistica
(Aristotele).
Non
disponendo di strumenti concettuali appropriati, l’economia tradizionale pretende
di applicare le stesse leggi, valide per i beni privati, anche per la gestione
dei beni collettivi, siano essi comuni (rivali e non escludibili) o pubblici
(non rivali e non escludibili) e, in tal modo, favorisce comportamenti individuali
egoistici di appropriazione (in relazione ai beni comuni) e di opportunismo (con
riferimento ai beni pubblici).
L’economia
tradizionale adotta un approccio lineare e riduzionistico e ritiene di poter
applicare le stesse leggi della microeconomia anche allo studio della dinamica
macroeconomica, dimostrando così di confondere i livelli olonici del tutto e
delle parti che, in un sistema altamente complesso come l’economia umana, sono
assolutamente irriducibili.
Come
già accennato, per l’economia tradizionale, l’ unico obiettivo di politica macroeconomica è la crescita economica biofisica illimitata che, a suo modo di
vedere, è una panacea, dato che è in grado di risolvere ogni problema. In
particolare:
§ Riduce la disoccupazione, perché stimola gli investimenti.
§ Tiene sotto controllo l’inflazione, perché aumenta la produzione di beni
reali.
§ Rende più tollerabile il problema
dell’ ingiusta distribuzione dei redditi fra le classi sociali; l’idea è che la crescita
biofisica illimitata è in grado, meglio di ogni altra politica economica, di
risolvere il problema di una più equa distribuzione dei redditi. La tesi,
fallace, sostenuta della elite è che se i ricchi diventassero ancora più
ricchi, investirebbero saggiamente le loro faraoniche fortune, creando
ulteriore ricchezza che andrebbe anche a beneficio dell’intera società, compresa
la classe meno abbiente. E’ una gigantesca fandonia che va sotto il nome di “teoria
dello sgocciolamento”. La scienza economica, già a partire dagli anni ’80, ha
ripetutamente dimostrato che, a causa della incompletezza dei mercati
finanziari, i ricchi non potranno mai allocare le loro faraoniche ricchezze in
un modo che sia efficiente e di beneficio per la società, intesa nel suo
complesso.
§ Tiene sotto controllo l’incremento
della popolazione;
questo perché, statisticamente è dimostrato che, all’aumentare del reddito
procapite, aumenta anche il livello di istruzione e diminuisce il tasso di
natalità.
§ Risolve il problema del degrado
ambientale perché,
con la crescita economica, la società diventa più ricca ed ha a disposizione
più risorse per risanare l’ambiente.
Economia ecologica
L’economia
ecologica si configura come una scienza sistemica e transdisciplinare che
adotta una visione a lungo termine e che valuta
i costi e i benefici nell’ottica degli interessi di tutta la comunità.
Per
l’economia ecologica, la questione della sostenibilità ecologica dell’attività
economica umana è un aspetto centrale. Essa, pertanto, contesta la visione
dell’economia tradizionale, dominante, secondo la quale la crescita economica
materiale illimitata è l’unico obiettivo di politica economica da perseguire. Ritiene
invece che il principale obiettivo di politica economica sia quello di porre un
limite alla crescita economica biofisica e orientare l’economia verso uno
sviluppo sostenibile.
L’economia
ecologica pone grande attenzione alla dimensione biofisica del processo economico e ritiene fondamentali
i temi dell’esauribilità e della rigenerazione delle risorse naturali nonchè la
questione dell’assorbimento dei rifiuti inquinanti prodotti dai processi
produttivi.
Essa
pertanto persegue l’obiettivo di imporre un limite ai consumi delle risorse
naturali, alle emissioni e alla produzione, ponendosi al di fuori della logica mercatistica, monetaria,
dell’economia tradizionale.
L’economia ecologica ritiene che il problema della scala ottimale dell’economia debba essere affrontato e
definito a livello sociale (collettivo) perché implica un giudizio etico
sulla qualità delle nostre relazioni sociali; data l’incommensurabilità tra la
dimensione sociale e la dimensione individuale. A tal fine, come strumento di
decisione, adotta un dialogo
trasparente, onesto e democratico, a sfondo etico, che viene condotto all’interno
di una comunità di pari, che rappresenta le diverse componenti sociali e le
diverse forme di conoscenza (scientifica e umanistica). Il dialogo punta a
valorizzare soprattutto gli aspetti politici e sociali, oltre a quelli tecnico
scientifici, che passano in secondo ordine.
L’economia
ecologica contesta la tesi della teoria economica tradizionale, neoclassica, secondo
la quale l’economia globale può sostenere una crescita biofisica illimitata, e fissa
una diversa priorità per le politiche economiche.
L’obiettivo prioritario di politica
macroeconomica è la questione della sostenibilità ecologica dell’economia. Intanto, si deve assolutamente
contenere la dimensione biofisica dell’economia umana entro i confini
dell’ecosistema (il suo ambiente biofisico). Questo significa imporre un limite
superiore alla dimensione del transflusso entropico, che non deve superare la
capacità di carico dell’ecosistema. Però non basta. Per la sostenibilità
ecologica dell’economia umana, occorre anche regolare la dimensione dell’economia
al valore ottimale (individuare la scala
economica ottimale), che si colloca ad un valore inferiore a quello massimo
stabilito dalla capacità di carico dell’ecosistema.
La
scala economica ottimale è la dimensione dell’economia (misurata in termini di
PIL) che si ottiene quando il valore della curva dei benefici marginali aggregati
(MB) è pari al valore della curva dei costi marginali aggregati (MC): MB = MC. E’
il punto B della fig. 1, dove si ha: AB
= BC.
Fig. 1.
Visione jevoniana dei limiti alla crescita della macroeconomia
Il secondo obiettivo di politica
macroeconomica, in ordine di importanza, è la questione etica e culturale della
giusta distribuzione dei redditi e della ricchezza. Per l’economia ecologica quello del conflitto
distributivo è un tema da affrontare con grande determinazione, sia all’interno
di una stessa generazione sia tra le generazioni. Per raggiungere tale
obiettivo, tra i vari provvedimenti, si sottolinea l’urgenza di regolamentare
l’attività finanziaria e di implementare una gestione corretta dei beni comuni.
Il terzo obiettivo di politica
macroeconomica, l’ultimo in ordine di importanza, è la questione dell’efficiente
allocazione dei beni.
Tra l’altro non gli viene neppure riconosciuto il rango di problema di
macroeconomia; non è pertinente, in quanto è classificato come un problema di microeconomia. E’ curioso osservare che, per l’economia tradizionale, l’efficiente
allocazione dei beni è invece un tema di fondamentale rilevanza, magnificato
come una delle massime conquiste del pensiero economico neoclassico: il
desiderato e taumaturgico effetto dell’azione dei liberi mercati e del loro
sistema dei prezzi.
14 Il mercato e il sistema dei prezzi
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale è centrata sulla preminenza del libero mercato e del suo sistema
dei prezzi, che ritiene essere il suo più grande successo; un’istituzione di
primaria importanza che si ritiene capace di allocare automaticamente e nel
modo più efficiente tutti i tipi di beni e servizi, utili a soddisfare i
bisogni umani.
Gli economisti neoclassici e neoliberisti esultano perché credono di aver
dato all’umanità la più grande invenzione sociale di tutti i tempi: il libero
mercato. Sono felici di aver scoperto, nei meccanismi del mercato, uno
strumento di grande efficacia che, a loro avviso, assicura, nel lungo periodo, grandi
benefici all’intera collettività e lo hanno perfino mitizzato (il mito della
mano invisibile). Peccato però che
l’istituzione del libero mercato non faccia leva sui nobili sentimenti
altruistici come la compassione, il patriottismo, l'amore fraterno e la
solidarietà (che sono virtù ignorate dai neoclassici e neoliberisti e, del
resto, molto gravose e impegnative da mantenere) ma si basa sugli istinti meno
nobili dell’uomo; sull’egoismo, sulla competitività, sulla predazione,
sull’interesse del singolo individuo. Peccato anche che la recente ricerca
nell’ambito della scienza economica abbia ampiamente dimostrato che, a causa
dell’incompletezza dei mercati finanziari (e quindi di tutti i mercati, che ne
sono inquinati), il concetto dell’efficiente allocazione dei beni sia solo una grande
fallacia.
I danni ambientali e/o sociali, ossia le
esternalità negative generate dai processi produttivi, non vengono
automaticamente rilevate dal mercato e dal suo sistema dei prezzi che, pertanto, risulta
essere un’istituzione fallimentare incapace di individuare la produzione
sociale ottimale. Gli
economisti ambientali, tuttavia, credono di agire nel giusto, aggirando
l’ostacolo e assegnando dei valori monetari arbitrari ai danni, presenti e futuri, causati
dalle esternalità socio ambientali. E’ il concetto della monetizzazione delle esternalità, che vengono poi internalizzate nel sistema dei prezzi,
utilizzando i tradizionali strumenti di politica economica, per poi lasciare al
meccanismo del mercato il compito di determinare la produzione sociale
ottimale.
Sempre più arditamente, gli economisti ambientali intendono assegnare valori monetari a tutti i beni
socio ambientali: beni che non sono soggetti al mercato ma che, in tal modo, vi vengono assoggettati forzosamente. A
tal fine, essi utilizzano diversi metodi di valorizzazione monetaria. Uno di
essi, molto fantasioso, è quello della valorizzazione contingente; praticamente
un sondaggio per conoscere quanto la gente sarebbe disposta a pagare per
l’ambiente, se esistesse un mercato.
E’ evidente la poca oggettività di
tale valorizzazione. D’altra parte si deve anche tener presente che il valore
che una persona assegna all’ambiente (bene collettivo) può essere diverso a
seconda del cappello che indossa. Un conto è quando ragiona come consumatore, come
agente di mercato, con un proprio potere d’acquisto, che opera secondo una
propria strategia e con proprie preferenze, e un altro conto è quando ragiona come cittadino, con il potere di esercitare
il suo diritto di voto, a difesa dell’ambiente.
Economia ecologica
L’economia ecologica si pone in modo molto critico e mette
in evidenza i molteplici limiti del sistema dei prezzi nei liberi mercati. In
particolare, pone in evidenza i seguenti aspetti fallimentari del mercato.
§ Il sistema dei prezzi
non può allocare in modo efficiente tutti i tipi di beni. L’economia
ecologica è molto critica nei confronti del sistema dei prezzi, tanto magnificato
dall’economia tradizionale e ritiene che sia impossibile, per i liberi mercati,
allocare in modo efficiente tutti i vari tipi di beni. Il libero mercato, con
il suo sistema dei prezzi, ha successo solo per le merci, ossia per i beni
rivali ed escludibili, per le quali è in grado di assegnare automaticamente un
prezzo (nel piano di astrazione simbolico, monetario) in base alle preferenze
degli agenti economici. Per le risorse naturali, invece, siano esse beni
pubblici (non rivali ed non escludibili) oppure beni comuni (rivali e non
escludibili), il mercato con il suo sistema dei prezzi non funziona. Il mercato
può assegnare un prezzo ai beni solo in
base alla loro scarsità relativa, con riferimento alle preferenze
relative degli attori economici. Per il mercato, invece, è impossibile individuare un
prezzo per le risorse naturali, dato che esse acquistano valore in funzione
della loro scarsità assoluta. La conclusione è che è impossibile monetizzare il capitale
naturale, perché il suo valore è assoluto, non dipende dalle preferenze
degli agenti economici e dalla sua possibile sostituibilità con altre merci. In
tutti i casi in cui si tenta comunque di forzare un valore monetario ad una risorsa
naturale, succede sempre che essa viene sottovalutata.
§ Il
sistema dei prezzi non è in grado di assegnare un corretto valore ai danni
ambientali. Dato che
il mercato non può assegnare un prezzo al capitale naturale, che acquista
valore in funzione della sua scarsità assoluta, allora l’economia tradizionale,
per definizione, ne presume l’abbondanza. A causa di questa sua fondamentale
impossibilità di assegnare in modo automatico un valore monetario ai danni
ambientali, il mercato, con il suo sistema dei prezzi, non può tenere
correttamente conto dell’impatto che le esternalità producono sull’ambiente.
§ Il
sistema dei prezzi non è in grado di individuare la causa dei rendimenti
decrescenti. Purtroppo,
il sistema dei prezzi, che viene considerato un potente strumento dell’economia
tradizionale, funziona solo quando si ragiona sul piano di astrazione simbolico
monetario. Sul piano di astrazione biofisico è uno strumento inutilizzabile
perché, nella dimensione biofisica (che è una dimensione completamente ignorata
dall’economia tradizionale), i processi economici sono regolati dalle leggi
della termodinamica, che sono irriducibili al sistema dei prezzi.
Per l’economia ecologica è impossibile valorizzare
i danni ambientali, futuri, irreversibili e incerti, che le nostre attuali
azioni arrecheranno alle future generazioni. In particolare, siccome le
esternalità sono crematisticamente incommensurabili, ritiene che sia altresì impossibile assegnare valori monetari alle
esternalità socio ambientali. Di conseguenza,
si oppone all’internalizzazione delle esternalità e non crede nella possibilità
di costruire una curva dei costi esterni sociali marginali per poter individuare la produzione sociale
ottimale.
Il
concetto di incommensurabilità significa che non esiste un’unità di misura
comune per valutare diverse situazioni. Questo però non significa che sia impossibile
esprimere un’opinione sui temi ecologici, economici e sociali e confrontare
possibili decisioni alternative, su una base razionale, prendendo in
considerazione diverse scale di valori. Per l’economia ecologica, lo strumento
idoneo a condurre un tale processo decisionale esiste ed è il dialogo trasparente, onesto e democratico,
a sfondo etico, tra una comunità estesa di pari.
15 Obiettivo microeconomico primario
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale si prefigge lo scopo di massimizzare,
a breve termine, la ricchezza finanziaria di un’ elite di individui proprietari.
A tal fine ha predisposto un insieme di tecniche di gestione della proprietà
e della ricchezza.
Economia ecologica
L’economia
ecologica trascende la prospettiva microeconomica dell’economia tradizionale e si pone come una vera scienza macroeconomica,
che tratta i temi macroeconomici in modo sistemico e transdisciplinare, secondo
una visione a lungo termine. Nei casi in cui ritiene possibile condurre un’analisi
di costi–benefici, lo fa nell’ottica dell’interesse di tutta la comunità.
16 Rendimenti
decrescenti dell’economia
Economia tradizionale
L’economia tradizionale non affronta il tema dei rendimenti decrescenti perchè, nella sua visione preanalitica, il sistema socioeconomico è
studiato unicamente nella dimensione simbolico monetaria, dove vale il modello
del flusso del valore di scambio che può circolare e riciclarsi all’infinito
tra le famiglie e le aziende, mentre invece ignora del tutto la dimensione biofisica
dei processi economici, dove valgono i principi della termodinamica.
Come
conseguenza, l’economia tradizionale non
ha gli strumenti concettuali che le consentono di concepire i rendimenti
decrescenti nei processi economici e, in particolare, di indagare sulle cause
del degrado dei servizi ecosistemici; tutti fenomeni che si possono comprendere
solo proiettando i processi economici sul piano biofisico, facendo riferimento ai
rendimenti del primo e del secondo principio della termodinamica.
I
rendimenti decrescenti, infatti, sono una conseguenza dei principi di
impossibilità che la termodinamica impone al sistema socioeconomico:
a)
l’impossibilità
di creare energia dal nulla (primo principio della termodinamica)
b)
l’impossibilità
di trasformare integralmente l’energia disponibile (specialmente l’energia termica)
in “exergia” ossia in energia idonea a compiere un lavoro utile (secondo
principio della termodinamica)
Dato
che, a causa della sua visione preanalitica, l’economia tradizionale non può concepire
il fenomeno dei rendimenti decrescenti nei processi economici, essa si è
inventata assunzioni fantasiose come l’insistente ricorso ai poteri taumaturgici
del progresso tecnologico e l’ingenuo criterio di sostenibilità debole.
Vedere il Post: Le fallacie dell’economia tradizionale – Parte 2. Punto 2 : Utilizza funzioni di produzione inadeguate. Criteridi sostenibilità debole e sostenibilità forte
Vedere il Post: Le fallacie dell’economia tradizionale – Parte 2. Punto 2 : Utilizza funzioni di produzione inadeguate. Criteridi sostenibilità debole e sostenibilità forte
Economia ecologica
L’economia
ecologica dispone invece di tutti gli strumenti concettuali per indagare sulle cause
biofisiche che sono alla base del fenomeno dei rendimenti decrescenti, specialmente
quelli dei servizi ecosistemici (i servizi dell’ambiente) che presiedono alle
attività di estrazione delle risorse naturali dalle sorgenti dell’ecosistema e
all’assorbimento e riciclaggio dei rifiuti nei bacini di raccolta e di
rigenerazione dell’ambiente (aria, acqua e terra).
L’economia ecologica introduce il
concetto di transflusso entropico: un
flusso di materia e di energia, che
attraversa i confini tra il sistema socioeconomico umano e il suo ecosistema (o
ambiente biofisico) e che permette di evidenziare la stretta relazione sistemica
esistente, sul piano biofisico, tra le risorse naturali: materia ed energia
utili, che alimentano i processi produttivi (a bassa entropia), e la produzione
dei rifiuti: materia ed energia inutili,
(ad alta entropia) che vengono rilasciati nell’ambiente dagli stessi processi
di produzione.
In
possesso del concetto di transflusso, dei principi della termodinamica e del principio di conservazione della massa,
gli economisti ecologici sanno che, nei processi economici, l’energia non può
essere riciclata (se non parzialmente, con un
certo rendimento), perché lo impedisce il secondo principio della
termodinamica. Per la materia, la situazione è leggermente diversa dato che,
almeno teoricamente, essa può essere riciclata all’infinito mentre, in pratica,
lo si può fare solo poche volte (ed è doveroso farlo).
L’economia
ecologica, a differenza dell’economia tradizionale, ha metodologie e strumenti
idonei per valutare il danno irreversibile che il transflusso entropico provoca
all’ambiente. L’economia umana preleva dalle sorgenti dell’ambiente le risorse
naturali, a bassa entropia, per alimentare i suoi processi economici dissipativi
e scarica, nell’ambiente stesso, i rifiuti, ad alta entropia, che vanno ad
accumularsi nei bacini di raccolta. La progressiva liquidazione delle risorse
naturali non rinnovabili e l’emissione dei rifiuti prodotti, sia durante i
processi sia al termine degli stessi (quando i beni, alla fine del loro ciclo
di vita, vengono scartati), modificano le concentrazioni delle risorse minerarie
nelle sorgenti e degli inquinanti nei bacini di scarico. L’effetto complessivo
è il danno irreversibile che il transflusso entropico provoca all’ambiente, che
è in stretta relazione con la capacità dell’ecosistema di rigenerare le risorse
e di assimilare i rifiuti.
L’economia
ecologica spiega un altro fenomeno, che è incomprensibile per l’economia
tradizionale: la dinamica, altamente volatile, dei costi delle risorse
energetiche non rinnovabili (combustibili fossili). Con il progressivo
esaurimento dei giacimenti e la diminuzione dei rendimenti di estrazione, il prezzo
dei combustibili fossili tende ad aumentare ma solo fino ad una certa soglia
(cut–off), oltre la quale il prezzo precipita, per mancanza di domanda. La
causa è un effetto sistemico che
l’economia tradizionale, con il suo approccio cognitivo analitico e lineare,
non può spiegare.
Secondo
la visione dell’economia tradizionale, infatti, le risorse naturali non si potranno
mai esaurire perché, ai primi avvisi di scarsità, il mercato risponderà con un
aumento dei prezzi che porterà ad un aumento dell’offerta. Grazie ai prezzi più
elevati, si potranno sfruttare ulteriori giacimenti, sempre meno accessibili, e
grazie ai prodigi del progresso tecnologico si disporrà di tecnologie di estrazione, sempre più
efficienti, che sosterranno la crescita dell’offerta mentre la domanda, sempre secondo
la visione, continuerà imperterrita ad inseguire l’offerta. Quando la risorsa naturale
inizierà veramente a scarseggiare, l’ulteriore aumento del suo prezzo sarà il
segnale che, sempre con l’aiuto di una prodigiosa tecnologia, permetterà di sostituirla,
magari con una risorsa artificiale equivalente (secondo il criterio della
sostenibilità debole).
Un
altro fenomeno, spiegato dall’economia ecologica, che invece sfugge all’analisi
economica tradizionale, è quello dei rendimenti decrescenti di estrazione dei
combustibili fossili. Allo scopo è stato predisposto un importante indicatore del
rendimento di estrazione di una risorsa energetica: l’ EROEI (Energy Return On Energy Invested), così definito:
l’ EROEI è il rapporto tra la quantità di energia
estratta e resa disponibile nella forma idonea all’uso (ad esempio come benzina
distillata dal greggio) ER
e la quantità di energia EI
che occorre investire per estrarre e lavorare la risorsa energetica (il
petrolio greggio) ed ottenere l’energia
ER:
EROEI = ER / EI.
Un
EROEI elevato, ad esempio 100, significa che è sufficiente un barile di
petrolio per estrarre il petrolio greggio dal giacimento, raffinarlo e, alla
fine, disporre di 100 barili di benzina, pronta ad essere pompata nei serbatoi
delle autovetture. Giova sottolineare che l’ EROEI è un indicatore adimensionale
perchè è espresso come rapporto tra due quantità di energia.
A
causa del progressivo esaurimento della risorsa energetica fossile, che impone
di estrarla da giacimenti sempre meno accessibili, con tecniche sempre più
raffinate ed energivore, l’EROEI è in costante declino per tutti i combustibili
fossili.
Quando
l’EROEI scende ad 1, significa che serve un barile di petrolio per ottenere un
barile di gasolio. In quelle condizioni, che dipendono da svariati fattori, tra
i quali anche la tecnologia disponibile, è evidente che non ha più alcun senso
proseguire con l’estrazione del combustibile fossile anche se nei giacimenti risultasse
ancora presente in abbondanza.
Commenti