ECONOMIA ECOLOGICA ED ECONOMIA TRADIZIONALE, A CONFRONTO - Parte 4

11   Gestione delle incertezze

Si premettono alcune definizioni:

a)    Il rischio, o incertezza tecnica, è la condizione nella quale si conoscono tutte le variabili che caratterizzano un problema  ed è nota la probabilità della loro incidenza quantitativa.

b)    L’incertezza, o più precisamente incertezza metodologica, si ha quando si conoscono tutte le variabili che caratterizzano un problema ma non è nota la loro incidenza quantitativa; pertanto si ignora la probabilità dell’evento.

c)    L’ignoranza intrinseca, o incertezza epistemica, si riferisce ai limiti assoluti della nostra capacità di comprendere; si ha quando non è possibile costruire un modello del problema perché non si conoscono le variabili rilevanti oppure sono note solo in parte e manca ogni possibilità di conoscere la loro incidenza quantitativa.

d)    L’ indeterminazione è quella particolare incertezza che si ha nel rapporto tra esseri umani e sistemi tecnologici



Economia tradizionale

L’economia tradizionale ritiene che l’incertezza tecnica (il rischio) si possa minimizzare, fino a ridurla teoricamente a zero. D’altra parte, i metodi di analisi che adotta escludono a priori ogni possibilità di incertezza metodologica e di ignoranza intrinseca (incertezza epistemica)

Non si preoccupa delle conseguenze socio economiche ed ambientali delle soluzioni e delle relative decisioni che suggerisce al decisore politico.


Economia ecologica

L’ economia ecologica è consapevole che il rischio, l’incertezza metodologica e l’ignoranza intrinseca, sono aspetti irriducibili, quindi ineliminabili; pertanto si procura gli strumenti metodologici più idonei per gestirle.

Dà grande importanza alle conseguenze socio economiche ed ambientali delle soluzioni e delle relative decisioni che propone al decisore politico; proprio perché è consapevole delle ineliminabili incertezze che caratterizzano i processi di gestione dei dati.



12   Gestione dei valori

Economia tradizionale

L’economia tradizionale presume (ipotizza) il carico dei valori e le conseguenze delle decisioni assunte nel guidare il sistema socioeconomico verso l’obiettivo prefissato.


Economia ecologica

L’economia ecologica descrive (spiega) il carico dei valori e le conseguenze delle decisioni che propone di adottare per orientare il sistema socioeconomico verso comportamenti giudicati accettabili e riconosciuti, dalla comunità estesa dei pari, come le soluzioni fondamentali e definitive del problema. Suggerisce di guidare il complesso sistema socioeconomico,  mantenendo un atteggiamento sempre molto prudente e diligente e impiegando tecniche di orientamento euristiche ed evolutive (fitness landscape).



13   Obiettivo macroeconomico primario

Economia tradizionale

L’economia tradizionale è centrata su un’unica politica economica: quella della crescita economica biofisica illimitata. Un tale punto di vista è sostenuto dalla convinzione  che la crescita materiale illimitata sia “la politica economica” per eccellenza, la soluzione a tutti i principali problemi socioeconomici; la politica che evita di dover attuare politiche economiche più puntuali come, ad esempio, particolari politiche di ridistribuzione della ricchezza, che sono poco gradite alle elite, sono sempre molto impegnative da realizzare e portano a risultati che, storicamente, si sono spesso rivelati incerti.


La crescita economica biofisica illimitata ha mostrato di essere efficace nell’attenuare il conflitto di classe. Infatti, sebbene punti ad arricchire ulteriormente e in modo smodato la fascia sociale già ricca  essa permette anche alla fascia meno abbiente di migliorare la sua condizione economica (teoria dello sgocciolamento).

L’economia tradizionale ha sviluppato un insieme di tecniche di gestione di beni di proprietà che mira a massimizzare, nel breve termine, i guadagni e i profitti di singoli individui; ossia, la ricchezza finanziaria di un’ elite di proprietari. In tal senso è soprattutto crematistica (Aristotele).

Non disponendo di strumenti concettuali appropriati, l’economia tradizionale pretende di applicare le stesse leggi, valide per i beni privati, anche per la gestione dei beni collettivi, siano essi comuni (rivali e non escludibili) o pubblici (non rivali e non escludibili) e, in tal modo, favorisce comportamenti individuali egoistici di appropriazione (in relazione ai beni comuni) e di opportunismo (con riferimento ai beni pubblici).

L’economia tradizionale adotta un approccio lineare e riduzionistico e ritiene di poter applicare le stesse leggi della microeconomia anche allo studio della dinamica macroeconomica, dimostrando così di confondere i livelli olonici del tutto e delle parti che, in un sistema altamente complesso come l’economia umana, sono assolutamente irriducibili.

Come già accennato, per l’economia tradizionale, l’ unico obiettivo di politica macroeconomica è la crescita economica biofisica illimitata che, a suo modo di vedere, è una panacea, dato che è in grado di risolvere ogni problema. In particolare:

§      Riduce la disoccupazione, perché stimola gli investimenti.
§     Tiene sotto controllo l’inflazione, perché aumenta la produzione di beni reali.
§       Rende più tollerabile il problema dell’ ingiusta distribuzione dei redditi fra le classi sociali; l’idea è che la crescita biofisica illimitata è in grado, meglio di ogni altra politica economica, di risolvere il problema di una più equa distribuzione dei redditi. La tesi, fallace, sostenuta della elite è che se i ricchi diventassero ancora più ricchi, investirebbero saggiamente le loro faraoniche fortune, creando ulteriore ricchezza che andrebbe anche a beneficio dell’intera società, compresa la classe meno abbiente. E’ una gigantesca fandonia che va sotto il nome di “teoria dello sgocciolamento”. La scienza economica, già a partire dagli anni ’80, ha ripetutamente dimostrato che, a causa della incompletezza dei mercati finanziari, i ricchi non potranno mai allocare le loro faraoniche ricchezze in un modo che sia efficiente e di beneficio per la società, intesa nel suo complesso.
§      Tiene sotto controllo l’incremento della popolazione; questo perché, statisticamente è dimostrato che, all’aumentare del reddito procapite, aumenta anche il livello di istruzione e diminuisce il tasso di natalità.
§      Risolve il problema del degrado ambientale perché, con la crescita economica, la società diventa più ricca ed ha a disposizione più risorse per risanare l’ambiente.



Economia ecologica

L’economia ecologica si configura come una scienza sistemica e transdisciplinare che adotta una visione a lungo termine e che valuta i costi e i benefici nell’ottica degli interessi di tutta la comunità.

Per l’economia ecologica, la questione della sostenibilità ecologica dell’attività economica umana è un aspetto centrale. Essa, pertanto, contesta la visione dell’economia tradizionale, dominante, secondo la quale la crescita economica materiale illimitata è l’unico obiettivo di politica economica da perseguire. Ritiene invece che il principale obiettivo di politica economica sia quello di porre un limite alla crescita economica biofisica e orientare l’economia verso uno sviluppo sostenibile.

L’economia ecologica pone grande attenzione alla dimensione biofisica del processo economico e ritiene fondamentali i temi dell’esauribilità e della rigenerazione delle risorse naturali nonchè la questione dell’assorbimento dei rifiuti inquinanti prodotti dai processi produttivi. Essa pertanto persegue l’obiettivo di imporre un limite ai consumi delle risorse naturali, alle emissioni e alla produzione, ponendosi al di fuori della logica mercatistica, monetaria, dell’economia tradizionale.


L’economia ecologica  ritiene che il problema della scala ottimale dell’economia debba essere affrontato e definito a livello sociale (collettivo) perché implica un giudizio etico sulla qualità delle nostre relazioni sociali; data l’incommensurabilità tra la dimensione sociale e la dimensione individuale. A tal fine, come strumento di decisione, adotta un dialogo trasparente, onesto e democratico, a sfondo etico, che viene condotto all’interno di una comunità di pari, che rappresenta le diverse componenti sociali e le diverse forme di conoscenza (scientifica e umanistica). Il dialogo punta a valorizzare soprattutto gli aspetti politici e sociali, oltre a quelli tecnico scientifici, che passano in secondo ordine.

L’economia ecologica contesta la tesi della teoria economica tradizionale, neoclassica, secondo la quale l’economia globale può sostenere una crescita biofisica illimitata, e fissa una diversa priorità per le politiche economiche.  

L’obiettivo prioritario di politica macroeconomica è la questione della sostenibilità ecologica dell’economia. Intanto, si deve assolutamente contenere la dimensione biofisica dell’economia umana entro i confini dell’ecosistema (il suo ambiente biofisico). Questo significa imporre un limite superiore alla dimensione del transflusso entropico, che non deve superare la capacità di carico dell’ecosistema. Però non basta. Per la sostenibilità ecologica dell’economia umana, occorre anche regolare la dimensione dell’economia al valore ottimale (individuare la scala economica ottimale), che si colloca ad un valore inferiore a quello massimo stabilito dalla capacità di carico dell’ecosistema.

La scala economica ottimale è la dimensione dell’economia (misurata in termini di PIL) che si ottiene quando il valore della curva dei benefici marginali aggregati (MB) è pari al valore della curva dei costi marginali aggregati (MC): MB = MC. E’ il punto B della fig. 1, dove si ha: AB = BC.

Fig. 1. Visione jevoniana dei limiti alla crescita della macroeconomia

Il secondo obiettivo di politica macroeconomica, in ordine di importanza, è la questione etica e culturale della giusta distribuzione dei redditi e della ricchezza. Per l’economia ecologica quello del conflitto distributivo è un tema da affrontare con grande determinazione, sia all’interno di una stessa generazione sia tra le generazioni. Per raggiungere tale obiettivo, tra i vari provvedimenti, si sottolinea l’urgenza di regolamentare l’attività finanziaria e di implementare una gestione corretta dei beni comuni.

Il terzo obiettivo di politica macroeconomica, l’ultimo in ordine di importanza, è la questione dell’efficiente allocazione dei beni. Tra l’altro non gli viene neppure riconosciuto il rango di problema di macroeconomia; non è pertinente, in quanto è classificato come un problema di microeconomia.  E’ curioso osservare che, per  l’economia tradizionale, l’efficiente allocazione dei beni è invece un tema di fondamentale rilevanza, magnificato come una delle massime conquiste del pensiero economico neoclassico: il desiderato e taumaturgico effetto dell’azione dei liberi mercati e del loro sistema dei prezzi.



14   Il mercato e il sistema dei prezzi

Economia tradizionale

L’economia tradizionale è centrata sulla preminenza del libero mercato e del suo sistema dei prezzi, che ritiene essere il suo più grande successo; un’istituzione di primaria importanza che si ritiene capace di allocare automaticamente e nel modo più efficiente tutti i tipi di beni e servizi, utili a soddisfare i bisogni umani.


Gli economisti neoclassici e neoliberisti esultano perché credono di aver dato all’umanità la più grande invenzione sociale di tutti i tempi: il libero mercato. Sono felici di aver scoperto, nei meccanismi del mercato, uno strumento di grande efficacia che, a loro avviso, assicura, nel lungo periodo, grandi benefici all’intera collettività e lo hanno perfino mitizzato (il mito della mano invisibile). Peccato però che l’istituzione del libero mercato non faccia leva sui nobili sentimenti altruistici come la compassione, il patriottismo, l'amore fraterno e la solidarietà (che sono virtù ignorate dai neoclassici e neoliberisti e, del resto, molto gravose e impegnative da mantenere) ma si basa sugli istinti meno nobili dell’uomo; sull’egoismo, sulla competitività, sulla predazione, sull’interesse del singolo individuo. Peccato anche che la recente ricerca nell’ambito della scienza economica abbia ampiamente dimostrato che, a causa dell’incompletezza dei mercati finanziari (e quindi di tutti i mercati, che ne sono inquinati), il concetto dell’efficiente allocazione dei beni sia solo una grande fallacia.

I danni ambientali e/o sociali, ossia le esternalità negative generate dai processi produttivi, non vengono automaticamente rilevate dal mercato e dal suo sistema dei prezzi che, pertanto, risulta essere un’istituzione fallimentare incapace di individuare la produzione sociale ottimale. Gli economisti ambientali, tuttavia, credono di agire nel giusto, aggirando l’ostacolo e assegnando dei valori monetari arbitrari ai danni, presenti e futuri, causati dalle esternalità socio ambientali. E’ il concetto della monetizzazione delle esternalità, che vengono poi internalizzate nel sistema dei prezzi, utilizzando i tradizionali strumenti di politica economica, per poi lasciare al meccanismo del mercato il compito di determinare la produzione sociale ottimale.

Sempre più arditamente, gli economisti ambientali intendono assegnare valori monetari a tutti i beni socio ambientali: beni che non sono soggetti al mercato ma che, in tal  modo, vi vengono assoggettati forzosamente. A tal fine, essi utilizzano diversi metodi di valorizzazione monetaria. Uno di essi, molto fantasioso, è quello della valorizzazione contingente; praticamente un sondaggio per conoscere quanto la gente sarebbe disposta a pagare per l’ambiente, se esistesse un mercato.

E’ evidente la poca oggettività di tale valorizzazione. D’altra parte si deve anche tener presente che il valore che una persona assegna all’ambiente (bene collettivo) può essere diverso a seconda del cappello che indossa. Un conto è quando ragiona come consumatore, come agente di mercato, con un proprio potere d’acquisto, che opera secondo una propria strategia e con proprie preferenze, e un altro conto è quando  ragiona come cittadino, con il potere di esercitare il suo diritto di voto, a difesa dell’ambiente.



Economia ecologica

L’economia ecologica si pone in modo molto critico e mette in evidenza i molteplici limiti del sistema dei prezzi nei liberi mercati. In particolare, pone in evidenza i seguenti aspetti fallimentari del mercato.

§        Il sistema dei prezzi non può allocare in modo efficiente tutti i tipi di beni. L’economia ecologica è molto critica nei confronti del sistema dei prezzi, tanto magnificato dall’economia tradizionale e ritiene che sia impossibile, per i liberi mercati, allocare in modo efficiente tutti i vari tipi di beni. Il libero mercato, con il suo sistema dei prezzi, ha successo solo per le merci, ossia per i beni rivali ed escludibili, per le quali è in grado di assegnare automaticamente un prezzo (nel piano di astrazione simbolico, monetario) in base alle preferenze degli agenti economici. Per le risorse naturali, invece, siano esse beni pubblici (non rivali ed non escludibili) oppure beni comuni (rivali e non escludibili), il mercato con il suo sistema dei prezzi non funziona. Il mercato può assegnare un prezzo ai beni solo in  base alla loro scarsità relativa, con riferimento alle preferenze relative degli attori economici. Per il mercato, invece, è impossibile individuare un prezzo per le risorse naturali, dato che esse acquistano valore in funzione della loro scarsità assoluta. La conclusione è che è impossibile monetizzare il capitale naturale, perché il suo valore è assoluto, non dipende dalle preferenze degli agenti economici e dalla sua possibile sostituibilità con altre merci. In tutti i casi in cui si tenta comunque di forzare un valore monetario ad una risorsa naturale, succede sempre che essa viene sottovalutata.

§        Il sistema dei prezzi non è in grado di assegnare un corretto valore ai danni ambientali. Dato che il mercato non può assegnare un prezzo al capitale naturale, che acquista valore in funzione della sua scarsità assoluta, allora l’economia tradizionale, per definizione,  ne presume l’abbondanza. A causa di questa sua fondamentale impossibilità di assegnare in modo automatico un valore monetario ai danni ambientali, il mercato, con il suo sistema dei prezzi, non può tenere correttamente conto dell’impatto che le esternalità producono sull’ambiente.

§        Il sistema dei prezzi non è in grado di individuare la causa dei rendimenti decrescenti. Purtroppo, il sistema dei prezzi, che viene considerato un potente strumento dell’economia tradizionale, funziona solo quando si ragiona sul piano di astrazione simbolico monetario. Sul piano di astrazione biofisico è uno strumento inutilizzabile perché, nella dimensione biofisica (che è una dimensione completamente ignorata dall’economia tradizionale), i processi economici sono regolati dalle leggi della termodinamica, che sono irriducibili al sistema dei prezzi.


Per l’economia ecologica è impossibile valorizzare i danni ambientali, futuri, irreversibili e incerti, che le nostre attuali azioni arrecheranno alle future generazioni. In particolare, siccome le esternalità sono crematisticamente incommensurabili, ritiene che sia altresì impossibile assegnare valori monetari alle esternalità socio ambientali. Di conseguenza, si oppone all’internalizzazione delle esternalità e non crede nella possibilità di costruire una curva dei costi esterni sociali marginali  per poter individuare la produzione sociale ottimale.

Il concetto di incommensurabilità significa che non esiste un’unità di misura comune per valutare diverse situazioni. Questo però non significa che sia impossibile esprimere un’opinione sui temi ecologici, economici e sociali e confrontare possibili decisioni alternative, su una base razionale, prendendo in considerazione diverse scale di valori. Per l’economia ecologica, lo strumento idoneo a condurre un tale processo decisionale esiste ed è il dialogo trasparente, onesto e democratico, a sfondo etico, tra una comunità estesa di pari.



15   Obiettivo microeconomico primario

Economia tradizionale

L’economia tradizionale si prefigge lo scopo di massimizzare, a breve termine, la ricchezza finanziaria di un’ elite di individui proprietari. A tal fine ha predisposto un insieme di tecniche di gestione della proprietà e della ricchezza.


Economia ecologica

L’economia ecologica trascende la prospettiva microeconomica dell’economia tradizionale e si pone come una vera scienza macroeconomica, che tratta i temi macroeconomici in modo sistemico e transdisciplinare, secondo una visione a lungo termine. Nei casi in cui ritiene possibile condurre un’analisi di costi–benefici, lo fa nell’ottica dell’interesse di tutta la comunità.



16   Rendimenti decrescenti dell’economia

Economia tradizionale

L’economia tradizionale non affronta il tema dei rendimenti decrescenti perchè, nella sua visione preanalitica, il sistema socioeconomico è studiato unicamente nella dimensione simbolico monetaria, dove vale il modello del flusso del valore di scambio che può circolare e riciclarsi all’infinito tra le famiglie e le aziende, mentre invece ignora del tutto la dimensione biofisica dei processi economici, dove valgono i principi della termodinamica.

Come conseguenza, l’economia tradizionale non ha gli strumenti concettuali che le consentono di concepire i rendimenti decrescenti nei processi economici e, in particolare, di indagare sulle cause del degrado dei servizi ecosistemici; tutti fenomeni che si possono comprendere solo proiettando i processi economici sul piano biofisico, facendo riferimento ai rendimenti del primo e del secondo principio della termodinamica.

I rendimenti decrescenti, infatti, sono una conseguenza dei principi di impossibilità che la termodinamica impone al sistema socioeconomico:

a)    l’impossibilità di creare energia dal nulla (primo principio della termodinamica)
b)    l’impossibilità di trasformare integralmente l’energia disponibile (specialmente l’energia termica) in “exergia” ossia in energia idonea a compiere un lavoro utile (secondo principio della termodinamica)

Dato che, a causa della sua visione preanalitica, l’economia tradizionale non può concepire il fenomeno dei rendimenti decrescenti nei processi economici, essa si è inventata assunzioni fantasiose come l’insistente ricorso ai poteri taumaturgici del progresso tecnologico e l’ingenuo criterio di sostenibilità debole. 

Vedere il Post: Le fallacie dell’economia tradizionale – Parte 2. Punto 2  :  Utilizza funzioni di produzione inadeguate. Criteridi sostenibilità debole e sostenibilità forte


Economia ecologica

L’economia ecologica dispone invece di tutti gli strumenti concettuali per indagare sulle cause biofisiche che sono alla base del fenomeno dei rendimenti decrescenti, specialmente quelli dei servizi ecosistemici (i servizi dell’ambiente) che presiedono alle attività di estrazione delle risorse naturali dalle sorgenti dell’ecosistema e all’assorbimento e riciclaggio dei rifiuti nei bacini di raccolta e di rigenerazione dell’ambiente (aria, acqua e terra).

L’economia ecologica introduce il concetto di transflusso entropico: un flusso di  materia e di energia, che attraversa i confini tra il sistema socioeconomico umano e il suo ecosistema (o ambiente biofisico) e che permette di evidenziare la stretta relazione sistemica esistente, sul piano biofisico, tra le risorse naturali: materia ed energia utili, che alimentano i processi produttivi (a bassa entropia), e la produzione dei rifiuti: materia ed energia inutili, (ad alta entropia) che vengono rilasciati nell’ambiente dagli stessi processi di produzione.

In possesso del concetto di transflusso, dei principi della termodinamica  e del principio di conservazione della massa, gli economisti ecologici sanno che, nei processi economici, l’energia non può essere riciclata (se non parzialmente, con un  certo rendimento), perché lo impedisce il secondo principio della termodinamica. Per la materia, la situazione è leggermente diversa dato che, almeno teoricamente, essa può essere riciclata all’infinito mentre, in pratica, lo si può fare solo poche volte (ed è doveroso farlo).

L’economia ecologica, a differenza dell’economia tradizionale, ha metodologie e strumenti idonei per valutare il danno irreversibile che il transflusso entropico provoca all’ambiente. L’economia umana preleva dalle sorgenti dell’ambiente le risorse naturali, a bassa entropia, per alimentare i suoi processi economici dissipativi e scarica, nell’ambiente stesso, i rifiuti, ad alta entropia, che vanno ad accumularsi nei bacini di raccolta. La progressiva liquidazione delle risorse naturali non rinnovabili e l’emissione dei rifiuti prodotti, sia durante i processi sia al termine degli stessi (quando i beni, alla fine del loro ciclo di vita, vengono scartati), modificano le concentrazioni delle risorse minerarie nelle sorgenti e degli inquinanti nei bacini di scarico. L’effetto complessivo è il danno irreversibile che il transflusso entropico provoca all’ambiente, che è in stretta relazione con la capacità dell’ecosistema di rigenerare le risorse e di assimilare i rifiuti.

L’economia ecologica spiega un altro fenomeno, che è incomprensibile per l’economia tradizionale: la dinamica, altamente volatile, dei costi delle risorse energetiche non rinnovabili (combustibili fossili). Con il progressivo esaurimento dei giacimenti e la diminuzione dei rendimenti di estrazione, il prezzo dei combustibili fossili tende ad aumentare ma solo fino ad una certa soglia (cut–off), oltre la quale il prezzo precipita, per mancanza di domanda. La causa è un  effetto sistemico che l’economia tradizionale, con il suo approccio cognitivo analitico e lineare, non  può spiegare.

Secondo la visione dell’economia tradizionale, infatti, le risorse naturali non si potranno mai esaurire perché, ai primi avvisi di scarsità, il mercato risponderà con un aumento dei prezzi che porterà ad un aumento dell’offerta. Grazie ai prezzi più elevati, si potranno sfruttare ulteriori giacimenti, sempre meno accessibili, e grazie ai prodigi del progresso tecnologico si disporrà di  tecnologie di estrazione, sempre più efficienti, che sosterranno la crescita dell’offerta mentre la domanda, sempre secondo la visione, continuerà imperterrita ad inseguire l’offerta. Quando la risorsa naturale inizierà veramente a scarseggiare, l’ulteriore aumento del suo prezzo sarà il segnale che, sempre con l’aiuto di una prodigiosa tecnologia, permetterà di sostituirla, magari con una risorsa artificiale equivalente (secondo il criterio della sostenibilità debole).



Un altro fenomeno, spiegato dall’economia ecologica, che invece sfugge all’analisi economica tradizionale, è quello dei rendimenti decrescenti di estrazione dei combustibili fossili. Allo scopo è stato predisposto un importante indicatore del rendimento di estrazione di una risorsa energetica: l’ EROEI (Energy Return On Energy Invested), così definito:

l’ EROEI è il rapporto tra la quantità di energia estratta e resa disponibile nella forma idonea all’uso (ad esempio come benzina distillata dal greggio) ER e la quantità di energia EI che occorre investire per estrarre e lavorare la risorsa energetica (il petrolio greggio) ed ottenere l’energia ER:
EROEI = ER / EI.

Un EROEI elevato, ad esempio 100, significa che è sufficiente un barile di petrolio per estrarre il petrolio greggio dal giacimento, raffinarlo e, alla fine, disporre di 100 barili di benzina, pronta ad essere pompata nei serbatoi delle autovetture. Giova sottolineare che l’ EROEI è un indicatore adimensionale perchè è espresso come rapporto tra due quantità di energia.

A causa del progressivo esaurimento della risorsa energetica fossile, che impone di estrarla da giacimenti sempre meno accessibili, con tecniche sempre più raffinate ed energivore, l’EROEI  è in costante declino per tutti i combustibili fossili.

Quando l’EROEI scende ad 1, significa che serve un barile di petrolio per ottenere un barile di gasolio. In quelle condizioni, che dipendono da svariati fattori, tra i quali anche la tecnologia disponibile, è evidente che non ha più alcun senso proseguire con l’estrazione del combustibile fossile anche se nei giacimenti risultasse ancora presente in abbondanza.


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