ECONOMIA ECOLOGICA ED ECONOMIA TRADIZIONALE, A CONFRONTO - Parte 5
17 Risorse naturali non rinnovabili
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale ignora del tutto il tema delle risorse naturali perché, nella sua
visione preanalitica, il capitale naturale non è scarso e quindi non è una
risorsa da gestire a livello economico.
Solo
in epoca più recente, quando la teoria economica tradizionale si è accorta di
non poter più trascurare l’impatto dell’economia umana sull’ambiente biofisico
ha generato l’economia dell'ambiente e l’economia delle risorse
naturali; due discipline
specialistiche che rimangono fedeli ai principi e alla visione dell’economia tradizionale. Ciò
significa che esse considerano il sistema socioeconomico complesso nell’unica
dimensione simbolico monetaria e ignorano del tutto la dimensione
biofisica e le leggi della termodinamica
che la governano. Presumono inoltre di poter monetizzare le esternalità ambientali e di estendere le leggi del mercato (che sono leggi di microeconomia) anche ai
beni sociali e naturali (che invece sono beni macroeconomici collettivi).
Criterio
di sostenibilità debole
Ignorando
le leggi della termodinamica, che regolano la dimensione biofisica del sistema
socioeconomico complesso, l’economia delle risorse naturali eredita dalla
teoria economica madre (dall’economia tradizionale) il criterio dello sviluppo
economico sostenibile in senso debole o, più sinteticamente: il criterio di sostenibilità debole.
Il
criterio presume che un modello di
sviluppo socioeconomico è da ritenersi sostenibile quando si mantiene intatto,
nel tempo (attraverso le generazioni), il capitale complessivo, ossia la somma
del capitale artificiale e del capitale naturale. E’ evidente che tale
presunzione si appoggia sull’idea preanalitica (atto di fede) che il capitale naturale ed il capitale
artificiale siano perfettamente sostituibili tra loro così che, per
mantenere costante il capitale complessivo, una perdita di capitale naturale
viene perfettamente compensata da un aumento di capitale artificiale e
viceversa.
Vedere: ECONOMIA
ECOLOGICA ED ECONOMIA TRADIZIONALE, A
CONFRONTO – Parte 2. Paragrafo: 2
– Caratteristiche di base – Economia tradizionale – Economia delle risorse naturali.
Sono molteplici i motivi per i quali la teoria economica tradizionale cade
nell’errore di ritenere che il capitale
naturale e il capitale artificiale siano perfettamente sostituibili tra loro.
Senza voler approfondire troppo l’argomento, si ritiene utile accennare solo ad
alcuni aspetti:
1. Infinita disponibilità di capitale
naturale. Per l’economia
tradizionale, il capitale naturale è sovrabbondante e a costo nullo. Pertanto, è
inutile disquisire sulla complementarietà tra capitale artificiale e capitale
naturale.
2. Analisi a due fattori. Negli esempi di produzione a due
fattori, che sono i casi prevalenti, i concetti di complementarietà e di
sostituibilità tendono ad essere facilmente confusi. Nella produzione a due soli
fattori:
- con
la condizione di produzione costante,
i due fattori, pur se complementari, devono anche essere sostitutivi (coincidenza
tra complementarietà e sostituibilità). Per definizione, infatti, se due
fattori sono complementari, quando si riduce la quantità di un fattore (non
abbondante), pur mantenendo costante la quantità dell’altro fattore, la
produzione non può rimanere costante ma si riduce. L’unica possibilità che la
produzione rimanga costante è che i due fattori siano sostituibili
- con la condizione di produzione variabile, i due
fattori si considerano complementari (e in parte sostituti) quando:
a) la
produzione non aumenta se si aumenta la quantità del fattore A (già in
proporzione giusta o abbondante) e si mantiene costante la quantità del fattore
B. Viceversa, la produzione aumenta se si aumenta la quantità del fattore B e
si mantiene costante la quantità del fattore A (che era abbondante)
b) la
produzione aumenta se si aumentano entrambi i fattori in quantità proporzionali
In
generale, due fattori si definiscono complementari quando, se si riduce la
quantità di un fattore, si riduce anche la quantità dell’altro. In particolare,
due fattori si definiscono complementari perfetti (si esclude che siano sostituibili)
quando:
a)
nessuno
dei due fattori, da solo, può aumentare la produzione e
b)
la
produzione aumenta se entrambi i fattori aumentano in modo proporzionale
3.
Struttura formale delle funzioni di
produzione. La
struttura formale delle funzioni di produzione, ad elasticità di sostituzione
costante, del tipo Cobb – Douglas, è la seguente:
Y = f(K,L,R) = Ka1 . La2
. Ra3
dove: K: capitale artificiale; L: lavoro umano (capitale umano); R: Risorse naturali (capitale naturale). Si nota che la funzione, per come è strutturata, ammette l’infinita sostituibilità tra tutti i fattori e, in particolare, tra il
capitale artificiale (K) ed il capitale naturale (R).
4.
Analisi al margine. L’esclusiva concentrazione sui costi
e sui benefici marginali esalta le relazioni di sostituibilità (che sono
relazioni differenziali) e nasconde quelle di complementarietà (che sono
relazioni integrali). Come esempio, consideriamo la sostituibilità al margine
tra la spesa pubblica e la spesa privata, nel settore della manutenzione delle
infrastrutture stradali. Qui, una minore spesa pubblica di manutenzione delle
strade viene compensata da una maggiore spesa privata di riparazione dei
veicoli. Questa relazione differenziale, però, rischia di far dimenticare che
le strade pubbliche e le automobili private sono due fattori del capitale artificiale
in relazione di complementarietà (più automobili private implicano più usura
delle strade)
5.
Cambiamento strutturale di un prodotto. Quando si cambia la composizione di
un prodotto e si passa da un bene ad elevata intensità di capitale naturale ad
uno ad elevata intensità di capitale artificiale, si cade nell’errore di
pensare che ci sia stata una relazione di sostituibilità tra capitale
artificiale e capitale naturale. In realtà non è vero perchè non c’è stata una
sostituzione dei fattori produttivi sullo stesso isoquanto ma il cambiamento della
struttura di un bene.
6.
Innovazione tecnologica. L’economia tradizionale tende a considerare
i processi di innovazione tecnologica e di miglioramento organizzativo, che
aumentano l’efficienza di impiego delle risorse naturali, come sostituti del capitale
naturale. Ad esempio, migliorare il rendimento di una centrale termoelettrica, porta
a produrre una maggiore quantità di energia elettrica (capitale artificiale), a
pari quantità di olio combustibile utilizzato (capitale naturale). L’aumento
del capitale artificiale viene considerato come causato dall’innovazione
tecnologica che, pertanto si ritiene come un sostituto del capitale naturale. Questo,
però è un modo di ragionare fallace. L’innovazione tecnologica non sostituisce
i fattori produttivi e, in particolare, non sostituisce il capitale naturale
per produrre capitale artificiale. Il capitale naturale è un fattore produttivo
e quindi è un ingresso del processo economico; invece, la maggiore efficienza del
processo economico, dovuta all’innovazione tecnologica o organizzativa, è un
rapporto tra l’uscita e l’ingresso del processo stesso.
Per concludere, si deve riconoscere che
confondere il capitale artificiale con il capitale naturale e ritenerli
sostituibili non è un errore generalizzato in tutta la teoria economica
tradizionale. In effetti, la tabella di
Leontief non cade in questo grossolano errore, dato che assume che tutti i
fattori di produzione siano in proporzioni fisse, e questa è una condizione di complementarietà.
Economia ecologica
L’economia
ecologica è attenta alla conservazione delle risorse naturali non rinnovabili.
Essa sottolinea la diversa scala temporale tra il momento economico
dell’estrazione, con la progressiva liquidazione delle risorse naturali non
rinnovabili, ed il tempo biogeochimico necessario alla loro rigenerazione
(tempo di produzione delle risorse) e suggerisce la necessità di conservare al
massimo le risorse non rinnovabili.
Criterio
di sostenibilità forte
L’economia
ecologica ritiene che il criterio di sostenibilità debole sia soltanto
un’utopia e adotta il criterio di sviluppo economico sostenibile in senso forte
(criterio di sostenibilità forte).
Il criterio presume che il capitale
artificiale ed il capitale naturale stiano tra loro in una relazione di
complementarietà, dato che la produttività del capitale artificiale dipende
dalla disponibilità del capitale naturale e viceversa. Ciò significa che il
capitale artificiale non può sostituire (se non in minima parte) il capitale
naturale e i servizi ecosistemici.
Secondo
il criterio di sostenibilità forte, lo sviluppo economico sostenibile richiede
di preservare in modo indipendente:
-
le
riserve di capitale naturale, soprattutto quello critico, mantenendo intatti e
perfettamente funzionanti i servizi ecosistemici, che sono di supporto alla
vita di tutte le specie, e
-
le
riserve di capitale artificiale.
Diversamente da quanto sostenuto dalla teoria
economica tradizionale, gli economisti ecologici ritengono che la relazione tra
capitale artificiale e capitale naturale sia prevalentemente di
complementarietà e solo marginalmente di sostituibilità, per le seguenti tre
importanti ragioni:
1)
Ragionamento
per assurdo. Se, per
assurdo, il capitale artificiale fosse un sostituto perfetto del capitale
naturale, allora, per la proprietà di simmetria, anche il capitale naturale
sarebbe un sostituto perfetto del capitale artificiale. Questo, però, non è
vero perché, altrimenti, non si capisce come mai l’uomo si affanni così tanto a
produrre capitale artificiale per soddisfare i suoi bisogni, quando essi possono
essere già tutti soddisfatti dalla Natura. La verità è che l’uomo ha sempre
accumulato capitale artificiale proprio perché il capitale naturale non è un
sostituto perfetto di quello artificiale. Dal ragionamento ne consegue che il
capitale artificiale è complementare al capitale naturale.
2) Trasformazione
sul piano fisico. Il
capitale artificiale si ottiene per trasformazione biofisica del capitale
naturale. Se si vuole produrre più capitale artificiale si deve impiegare più
capitale naturale. Ma questa è proprio la definizione di complementarietà.
3) Le
cause efficienti sono in relazione complementare con le cause materiali. Rifacendoci alla classificazione del
concetto di causa di Aristotele:
- Causa
efficiente. Il
capitale umano (lavoro umano) e il
capitale artificiale sono la causa efficiente della produzione. Essi sono i
fattori produttivi, sono gli agenti che forniscono i mezzi per trasformare le
materie prime in beni e servizi; in prodotti finiti utili a soddisfare i
bisogni umani
- Causa
materiale. Il
capitale naturale (le risorse naturali minerali ed energetiche) è la causa
materiale della produzione, perchè fornisce la materia prima con la quale
vengono realizzati i prodotti finiti
Causa materiale e causa efficiente
sono due concetti distinti e complementari. Dal punto di vista logico una causa
efficiente non può sostituire una causa materiale. Le materie prime non possono
sostituire i mezzi di produzione. Per costruire un edificio, occorre sia il capitale naturale (cemento, legno, ferro
e altre materie prime) sia il capitale artificiale (betoniere, gru, martelli ed
altri attrezzi), ed è evidente che essi non sono sostituibili. Infatti, non si
può compensare la mancanza di cemento, di ferro e di altre materie prime con
una maggiore quantità di betoniere, gru, martelli ed altri attrezzi.
Ovviamente, nel costruire un edificio, è sempre possibile sostituire una parete
di legno naturale con una parete prefabbricata, a struttura metallica. In
questo caso, però, si tratta della sostituzione di un prodotto con un altro prodotto e
non di un prodotto (la parete in legno) con un fattore di produzione (più operai oppure più betoniere).
In conclusione, si può sostituire una
risorsa naturale con un’altra (ad es. il cemento con il legno) e un mezzo di
produzione con un altro (ad es. il badile con una betoniera) però non è
possibile sostituire una risorsa naturale con un mezzo di produzione, la causa
materiale con la causa efficiente. Da qui la tesi che il capitale naturale e il
capitale artificiale (inteso come mezzi di produzione) sono fattori produttivi
complementari.
Condizioni
generali di sostenibilità d’uso del capitale
naturale
Per
l’economia ecologica è importante limitare
il transflusso entropico di energia e di materiali tra l’ecosistema
(ambiente) ed il sottosistema socio economico (l’economia umana). A tal fine,
occorrono politiche economiche che mirino a realizzare la scala economica
ottimale. In pratica, si tratta di utilizzare in modo responsabile le risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili
perché, una volta che il capitale naturale si esaurisce, non può più essere
sostituito (se non minima parte) dal capitale artificiale.
Qui
di seguito sono indicate le condizioni generali
di sostenibilità del capitale naturale.
1.
Risorsa
rinnovabile. Anche una
risorsa rinnovabile può esaurirsi. Per evitare che ciò accada, essa deve essere
consumata in modo sostenibile, ossia ad un tasso inferiore al suo tasso di
rigenerazione (in passato, molti animali hanno rischiato l’estinzione per essere
stati oggetto di un’eccessiva caccia da parte dell’uomo).
2.
Risorsa
energetica non rinnovabile (giacimento di combustibile fossile: petrolio,
carbone, gas
naturale, ecc.). Una risorsa energetica non rinnovabile è sfruttata in modo
sostenibile quando il suo tasso di liquidazione non supera il tasso di
produzione della risorsa energetica rinnovabile che la sostituisce. In altre
parole, un giacimento di energia fossile è sfruttato in modo sostenibile
quando, in parallelo, si costruisce un impianto ad energia rinnovabile (fotovoltaico,
eolico, ecc.) che è destinato a sostituirlo quando il giacimento sarà del tutto
esaurito. Tale impianto deve avere dimensioni sufficienti a produrre un flusso
di energia rinnovabile pari al tasso di liquidazione dell’energia fossile.
Ad esempio:
una miniera di carbone è sfruttata in
modo sostenibile se una parte dei profitti viene investita in un
impianto ad energia rinnovabile (es. impianto fotovoltaico), tale che, una
volta esaurito il carbone, rimanga comunque sempre disponibile un equivalente
flusso di energia rinnovabile.
3) Risorsa mineraria non rinnovabile
(minerali utili, acque fossili sotterranee, ecc.). Una risorsa mineraria non
rinnovabile è sfruttata in modo sostenibile quando viene riciclata e quando il
suo tasso di estrazione non supera il
tasso di dispersione nell’ambiente della quota parte di minerale che non può essere riciclato.
Parallelamente, si deve produrre e utilizzare una risorsa rinnovabile destinata
a sostituirla (acque superficiali, materiali di sintesi rinnovabili, ecc.).
Ad esempio:
una miniera di ferro è sfruttata in modo
sostenibile quando il tasso di estrazione del minerale rimpiazza la quota parte
di metallo che si disperde nell’ambiente senza poter essere riciclata e quando
si sviluppano nuovi prodotti, di caratteristiche equivalenti, ad esempio
tecnopolimeri rinnovabili.
4) Sostanze inquinanti e scorie. Per essere sostenibile, il tasso di emissione
in ambiente di un agente inquinante non deve superare la capacità di carico
dell'ambiente stesso. In altre parole, il tasso di emissione dell’agente
inquinante non deve essere superiore alla somma del suo tasso di riciclaggio, e
del tasso di assorbimento e neutralizzazione da parte dei servizi ecosistemici
nel pozzo di destinazione (gas serra nell’aria, acque reflue inquinanti
scaricate in fiumi, mari, discariche terrestri, ecc.)
18 Indicatori della contabilità nazionale
Economia tradizionale
L’economia
tradizionale e l’economia ambientale (che è la sua più
recente emanazione) misurano la
sostenibilità economica con indicatori unici e sintetici, espressi in termini
esclusivamente monetari, come il PIL, che comprendono una contabilità
crematistica delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici.
Economia ecologica
I
vari tentativi di assegnare un valore monetario al capitale naturale e ai
servizi ecosistemici hanno ripetutamente evidenziato le enormi difficoltà di un
tale compito. Ciò ha sollevato numerose critiche da parte dell’economia
ecologica la quale ha più volte sottolineato che, allo scopo di misurare lo
sviluppo economico e la sostenibilità ecologica di un sistema socioeconomico
di enorme complessità, come l’economia di un Paese, gli indicatori sintetici
monetari devono essere integrati da indicatori biofisici.
I
forti limiti evidenziati dagli indicatori sintetici monetari non permettono
loro di rappresentare in modo adeguato lo stato dell’economia di un Paese e
devono essere integrati da indicatori biofisici, multidimensionali, che sono decisamente
più adatti e gli unici in grado di includere anche considerazioni sulla
distribuzione ecologica.
In
conclusione, per una corretta valutazione della sostenibilità di un’economia
serve un insieme organico di indicatori, che includono sia indicatori monetari
sia indicatori biofisici.
Le
difficoltà che si riscontrano nell’attribuire un valore monetario al capitale
naturale nascono per diversi motivi; ad esempio, perchè:
·
il valore del capitale naturale dipende dalla sua
scarsità assoluta e, dunque, è un valore assoluto che non dipende dalle
preferenze relative degli agenti economici e dalla sua sostituibilità con altre
risorse; con le risorse naturali, dunque, il mercato non funziona perché esso può stabilire in automatico il
prezzo di una merce solo in base alla sua scarsità relativa, tenendo conto delle
preferenze degli agenti economici e della sua intercambiabilità con altre merci;
·
alcuni danni ambientali non sono riparabili, altri
invece sono incerti e non si sa come stimarne l’evoluzione futura; inoltre,
alcuni danni si manifestano con complessi effetti sinergici;
·
in molti casi non si conosce l’entità delle riserve
delle risorse naturali non rinnovabili oppure ne possediamo una stima poco
affidabile; d’altra parte è difficile stabilire come, in futuro, il progresso
tecnologico potrà modificare l’entità delle loro riserve;
·
è impossibile integrare più indici, che richiedono di
essere espressi in diverse unità di misura, in un unico indice espresso
nell’unica unità di misura monetaria, senza introdurre arbitrarietà più o meno
pesanti;
·
le tecniche di attualizzazione monetaria sono del
tutto arbitrarie perché è impossibile conoscere, oggi, le preferenze delle
future generazioni.
Consapevole
di tali difficoltà, l’economia ecologica ha sviluppato diversi indicatori biofisici
di sostenibilità. Tra quelli attualmente più discussi si elencano:
·
Impronta Umana sull’Ecologia del Pianeta – IE
(Ecological Footprint – EF)
·
Indicatore del Progresso Autentico – IPA (Genuine Progress Indicator – GPI)
·
Indice di sviluppo umano – ISU (Human Development
Index – HDI)
·
Ritorno Energetico sull' Investimento
Energetico (Energy Returned On Energy Invested – EROEI)
·
Rapporto di Intensità Energetica (Energy Intensity Ratio – EIR)
·
Appropriazione Umana della Produttività Primaria Netta
– AUPPN (Human Appropriation of Net Primary Production – HANPP)
·
Intensità di Materiale per Unità di Servizio
(Material Intensity Per Service). – MIPS
·
Spazio Ambientale – SA (Environmental Space – ES)
·
Felicità interna lorda – FIL (Gross National
Happiness – GNH)
19 Rapporto con la tecnologia
Economia tradizionale
Sono molti gli economisti tradizionali e gli ambientalisti che ritengono che l’innovazione tecnologica sia essenziale e vantaggiosa per lo sviluppo sostenibile. In particolare, essi inneggiano:
-
alla tecnologia della produzione, che aumenta la
produttività del lavoro umano e del capitale artificiale, per sostenere una
crescita biofisica continua, allo scopo di produrre una quantità sempre
crescente di beni e servizi;
-
alla tecnologia dell’efficienza, che aumenta
l’efficienza d’uso delle risorse naturali e quindi la loro produttività e preme
per aumentare la produzione di beni e servizi prodotti con un minor consumo di
capitale naturale e di servizi ecosistemici.
Economia ecologica
Promuovere
il progresso della scienza e della tecnologia per accrescere la conoscenza
della relazione tra uomo e ambiente e delle più opportune azioni da
intraprendere è certamente benefico ed auspicabile; l’uomo deve continuamente
migliorare il proprio sapere. Ci sono però molte riserve sull’opportunità di
conseguire il progresso incondizionato delle tecnologie, in quanto non tutte
sono vantaggiose per lo sviluppo dell’umanità.
L’economia ecologica si mostra piuttosto critica, scettica e prudente nei confronti dell’innovazione tecnologica:
a)
sia
con riferimento alla tecnologia della produzione, perchè preme per un
consumo sempre maggiore di risorse naturali, con l’obiettivo di produrre una
quantità sempre crescente di beni e servizi;
b)
sia
con riferimento alla tecnologia dell’efficienza (la tecnologia che
impiega meno risorse naturali, minerali utili ed energia, a parità di beni e
servizi prodotti), perché ritiene che, nell’attuale contesto socioeconomico: il
cosiddetto “paradigma tecnocratico”, la tecnologia dell’efficienza sia
controproducente per uno sviluppo sostenibile; pertanto, preferisce mettere in
guardia sui suoi rischi, che originano dagli aspetti di incertezza e di
controintuitività che caratterizzano il comportamento del complesso sistema
socioeconomico.
Il punto di vista dell’economia ecologica è che, a causa della maggiore efficienza tecnologica, il minor consumo di risorse naturali, genera dei risparmi economici che, nell’attuale “paradigma tecnocratico”, vengono subito investiti nel breve termine e al massimo profitto, imprimendo un ulteriore impulso alla crescita economica e quindi ad un maggiore sfruttamento delle risorse naturali. In sostanza, si viene a creare una situazione paradossale secondo la quale il progresso tecnologico che mira a ridurre il consumo delle risorse naturali, finisce invece per attivare un loro maggiore sfruttamento (paradosso di Javons).
La tecnologia dell’efficienza ecologica mira ad aumentare la produttività delle risorse naturali e a migliorare la comprensione di come i beni e i servizi riescano a soddisfare i bisogni umani. E’ una tecnologia molto efficace nel promuovere lo sviluppo sostenibile, ma solo nel diverso contesto socioeconomico dell’ecologia integrale, basato sull’economia ecologica; un’economia che, come politica prioritaria, fissa un tetto sostenibile ai consumi totali ossia al flusso globale delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici (il transflusso entropico globale) e che predilige gli investimenti ecologici a più lungo termine e a minor profitto. In un tale contesto, la tecnologia dell’efficienza può far crescere il capitale artificiale, ad esempio, aumentando la durabilità e la riparabilità dei prodotti.
L’economia
ecologica ritiene importante adottare delle politiche specifiche per contenere
il livello di consumo delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici entro i
limiti della sostenibilità. Una volta limitata la dimensione dell’economia e
adottata un’equa politica di distribuzione dei redditi, solo allora potrà
intervenire il libero mercato per adattare la struttura dei consumi in modo
automatico ed efficiente. Pertanto, l’economia ecologica non crede
nell’efficacia di un’economia pianificata che controlla direttamente la
composizione dei consumi; questo perchè non la ritiene comunque capace di
limitare le dimensioni dell’economia entro i limiti della sostenibilità.
Nel paradigma dell’ecologia integrale, i risparmi dovuti all’aumentata efficienza tecnologica sono proficuamente investiti in attività di rigenerazione del capitale naturale, per:
-
allontanare
l’esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili e promuovere l’impiego
sostenibile di quelle rinnovabili;
-
proteggere
e ripristinare i servizi dell’ecosistema;
-
aumentare
la capacità dell’ambiente di assorbire i rifiuti della nostra economia;
-
modificare
le nostre abitudini di consumo.
La crisi sistemica che la società occidentale sta vivendo ha profonde radici, le cui cause sono attribuibili agli aspetti sotto elencati.
1)
Al rapporto tra il paradigma tecnocratico ed il potere. La tecnologia non è
neutrale ed ha un potente impatto sulla vita. A coloro che hanno la capacità di
controllarla e di sfruttarla, la tecnologia conferisce un potere impressionante
perché consente al gruppo elitario al potere di imporre alla società, nel suo
complesso, le scelte attinenti al tipo di vita sociale che meglio crede. Il
paradigma tecnocratico, oggi dominante, è riduzionista e concepisce tutta la
realtà, compresi gli uomini e l’ambiente, come oggetti da poter manipolare a
piacere, illimitatamente. Esso domina sulla politica avvalendosi dell’economia neoclassica
e neoliberista che promuove l’innovazione tecnologica finalizzata a massimizzare
il profitto a breve termine. E’ il paradigma che inneggia al libero mercato
come l’unica istituzione veramente fondamentale, che crede capace di conseguire
il benessere della collettività, facendo leva sui più bassi ed egoistici
istinti umani: l’individualismo e l’utilitarismo.
Negli
anni ’80, però, la scienza economica ha dimostrato, in modo convincente, che i
liberi mercati non hanno questo potere taumaturgico e che, da soli, non sono in
grado di garantire uno sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale.
Pertanto, illudersi o, peggio ancora, voler convincere gli altri che il
progresso tecnologico possa essere la soluzione di ogni problema significa non
volersi impegnare per risolvere in modo definitivo i problemi socioeconomici che
si assillano a livello planetario.
La
crescita economica non è la panacea per risolvere le grandi emergenze
umanitarie: l’ingiusta distribuzione dei redditi, con l’enorme e crescente
divario tra ricchi e poveri, la disoccupazione, la sovrappopolazione e il
degrado ambientale. Il progresso tecnologico non coincide con il progresso
dell’umanità e della storia.
Quello
che serve è una rivoluzione culturale che recuperi i veri valori etici,
culturali e spirituali in base ai quali individuare specifiche politiche socio economiche,
idonee alla risoluzione di ogni singolo problema. In particolare, servono politiche
socioeconomiche che mirino a modificare lo stile di vita e il modo di consumare.
Sulla base di tali politiche:
a)
verranno
promosse le idonee tecnologie dell’efficienza, per un minor impiego
delle risorse naturali: minerali utili, energia e servizi ecosistemici, a
parità di beni e servizi prodotti. In particolare, verrà fissato un tetto ai
consumi totali, limitando, a livelli sostenibili, il transflusso entropico globale.
b)
Verranno
ostacolate e disincentivate le tecnologie della produttività, che
giustificano l’idea di sostituibilità delle risorse. A parità dei fattori
produttivi: capitale artificiale e lavoro umano, la tecnologia della produttività,
infatti, consente di produrre sempre più beni e servizi premendo per un progressivo
aumento del consumo di capitale naturale, con il risultato di anticiparne
l’esaurimento e di aumentare il livello di inquinamento planetario.
2)
Ad un antropocentrismo sbagliato, che pone al primo
posto la tecnologia della produttività e il dominio sulla natura e che è
responsabile del relativismo pratico (rapporti sociali utilitaristici,
sfruttamento della natura, ecc.), della disoccupazione e del sogno di
onnipotenza conferito dalle tecniche di manipolazione della vita.
Abiurare il dogma della crescita economica
perenne significherebbe far crollare tutta la struttura dell’economia neoclassica
e neoliberista, di libero mercato. Questo, per gli economisti tradizionali,
comporterebbe il fallimento delle loro carriere accademiche, della loro
rispettabilità e autorevolezza. Per evitare tutto ciò, essi sono costretti a
servire ciecamente il mito della crescita continua e credere, con poca
sensatezza, senza alcuna solida base, né scientifica né logica, alle capacità razionali
supernaturali del modello dell’ “homo oeconomicus” nonché al potere
taumaturgico della tecnologia che, senza cambiare il paradigma economico,
permetterebbe di risolvere tutti i problemi riguardanti l’esaurimento delle
risorse e l’inquinamento, che sono stati creati da quello stesso paradigma.
Come devoti sacerdoti, gli economisti tradizionali devono continuare a predicare
e a praticare la dottrina della crescita economica biofisica illimitata perché
negarla equivarrebbe ad ammettere il crollo del mito e ciò costituirebbe una
seria minaccia alle strutture di potere e ai relativi interessi costituiti.
Da qui la superbia [la ybris (ύβρις) greca] con cui l’uomo celebra
ogni insignificante progresso tecnologico, come se fosse una grande vittoria
dell’ingegno umano. Basterebbe invece un po’ di umiltà e riconoscere che, in
assenza delle risorse naturali (minerali ed energetiche) che la natura, molto
generosamente, ci fornisce gratuitamente, concentrate in miniere e
giacimenti, ogni sfoggio, da parte dell’uomo, della sua intelligenza e
capacità, sarebbe solo sterile arroganza.
In
conclusione, l’economia ecologica ritiene che:
a)
Promuovere
il progresso della scienza
sia un’attività altamente benefica ed auspicabile, da perseguire con il massimo
impegno, per accrescere la conoscenza della relazione multidimensionale tra
l’uomo e il suo ambiente
b)
Il
progresso tecnico scientifico è il prodotto di una società ricca. Pertanto esso dipende prevalentemente
dal suo surplus economico piuttosto che dalla necessità, dal bisogno. In una
società povera, la pressione demografica non è un requisito sufficiente allo
sviluppo tecnico scientifico.
c)
E’
la natura e non la tecnologia che crea ricchezza reale. La tecnologia è solo uno strumento,
anche se indispensabile, per estrarre la ricchezza reale dal capitale naturale,
che è l’unica sorgente di ricchezza reale. Senza tecnologia ma, soprattutto,
senza natura non ci può essere alcuna ricchezza reale.
20 La valorizzazione dell’ambiente
Economia tradizionale
In
epoca più recente, quando la teoria economica tradizionale, neoclassica e
neoliberista, non ha più potuto ignorare l’impatto che l’economia umana ha
sull’ambiente biofisico, ha generato due discipline specialistiche: l’economia ambientale e l’economia delle
risorse naturali. Due discipline, fedeli ai principi e alla visione dell’economia
tradizionale, che considerano il sistema socioeconomico complesso nell’unica
dimensione simbolico monetaria e ignorano del tutto la dimensione
biofisica e le leggi della termodinamica
che la governano. Sono entrambe discipline crematistiche che inneggiano
all’istituzione del mercato e del suo sistema dei prezzi.
Premesso che il mercato, con il suo sistema dei prezzi, non può
rilevare automaticamente
i danni ambientali e/o sociali, ossia le esternalità negative generate dai
processi produttivi, ne consegue che lo stesso mercato non può individuare
il livello di produzione sociale ottimale.
Per aggirare l’ostacolo, gli
economisti ambientali hanno pensato di assegnare dei valori monetari arbitrari
ai danni, presenti e futuri, causati dalle esternalità socio ambientali. L’idea
è quella di monetizzare le esternalità e
internalizzarle nel sistema dei prezzi, in modo da assoggettare i beni sociali e naturali
(che sono beni macroeconomici collettivi) alle leggi del mercato (che sono
leggi di microeconomia) e permettere così al meccanismo del mercato di individuare
un livello di produzione sociale ottimale.
In sostanza, l’idea degli economisti ambientali è quella di assegnare
forzosamente un valore monetario anche
ai beni ambientali, per sottometterli alle leggi del mercato quando, in realtà, essi non ne sono soggetti.
Per attribuire un valore monetario ai beni
socio–ambientali, gli economisti ambientali utilizzano metodi di valorizzazione monetaria quali:
i metodi della preferenza rivelata, del costo alternativo e della preferenza
ipotetica. Tra questi ultimi uno, molto fantasioso, è quello della
valorizzazione contingente, che si basa su un sondaggio finalizzato a conoscere
quanto la gente sarebbe disposta a pagare per l’ambiente, se esistesse un
mercato.
Quello che risalta dai metodi proposti
è la loro poca oggettività e grande ingenuità. E’ evidente che il valore che
una persona assegna all’ambiente (bene collettivo) dipende dal ruolo che essa
riveste. Quando ragiona come consumatore, cioè come agente di mercato, con un
proprio potere d’acquisto, che opera secondo una propria strategia e con
proprie preferenze, il valore che la persona assegna all’ambiente può anche essere
molto diverso da quello che gli attribuisce quando ragiona come cittadino, con
il potere di esercitare il suo diritto di voto, in difesa dell’ambiente.
Gli
economisti ambientali tradizionali ritengono che la valorizzazione di un
progetto di investimento ambientale debba essere decisa in modo sistematico e
razionale. A tal fine, individuano nell’analisi
simbolica monetaria di costi–benefici, la tecnica per eccellenza, idonea e
imparziale, per ottenere la soluzione scientifica ottimale del problema,
evitando così di assumere decisioni arbitrarie, spesso influenzate da pressioni
politiche. L’analisi costi–benefici richiede di avere
a disposizione la curva dei benefici marginali e la curva dei costi esterni
marginali, espresse in unità monetarie, per tutto il periodo dell’analisi, e di
assegnare, in modo arbitrario, il tasso di attualizzazione con il quale scontare i costi e i benefici relativi ai periodi futuri. Il progetto socio–ambientale
viene approvato se, dall’analisi costi–benefici, emerge che, nell’arco di tempo
considerato, i benefici sono complessivamente superiori ai costi sociali.
Economia
ecologica
L’economia ecologica, che è più attenta alla dimensione ambientale, biofisica, del processo economico, ritiene che sia
impossibile assegnare un valore monetario ai danni ambientali, incerti ed
irreversibili, che le nostre azioni arrecheranno alle future generazioni.
L’economia ecologica nega che le leggi del
mercato possano essere estese anche ai beni dell’ambiente e afferma che le
esternalità ambientali sono crematisticamente incommensurabili, a significare
che gli aspetti ambientali non si possono valorizzare con l’unica unità di
misura monetaria. In definitiva, l’economia ecologica si oppone a monetizzare le esternalità socio ambientali e ad internalizzarle
nel sistema dei prezzi, perchè ritiene che sia una pratica del tutto
arbitraria.
L’economia
ecologica sottolinea che ogni
decisione ottimale in materia socio ambientale deve essere adottata al di fuori della logica di mercato e pensa che le
soluzioni definitive ad un problema complesso si possano individuare solamente
a livello collettivo. Come strumento ottimale per il processo decisionale, propone un dialogo
onesto e trasparente, a sfondo etico, che punta a valorizzare soprattutto
le dimensioni sociali e politiche dei temi trattati mentre la dimensione
tecnico scientifica, pure importante, passa in secondo piano. Il dialogo dovrà
essere condotto su una base democratica,
tra una comunità estesa di pari che ha libero accesso a tutte le informazioni che
desidera; una comunità di decisione che comprende tutte le componenti sociali
(nessuna esclusa) e tutte le forme di conoscenza (scientifica e umanistica).
Un
importante problema complesso è la valutazione della scala ottimale dell’economia la quale, a causa della
incommensurabilità tra la dimensione sociale e la dimensione individuale, dovrà essere identificata a livello sociale
e questo comporta un giudizio etico sulla qualità delle nostre relazioni
sociali.
L’economia ecologica contesta l’idea che il processo decisionale, riguardante i temi
dell’ambiente, che sono di natura socioeconomica e politica, venga basato sull’analisi costi–benefici; dato che ritiene la tecnica poco praticabile e molto soggettiva.
Infatti, a causa della natura incommensurabile dell’ambiente e degli altri beni
che non hanno valore di mercato, come: la vita umana, la comunità, la cultura,
ecc., l’economia ecologica ritiene impossibile costruire
una curva monotòna dei costi esterni
sociali, marginali,
per poter individuare la produzione sociale ottimale. Inoltre, l’analisi costi–benefici può essere condotta solamente una
volta che venga assegnato il tasso di attualizzazione, per scontare i costi e i benefici
relativi ai periodi futuri; un parametro, quest’ultimo, che viene assegnato
dall’esterno, in modo del tutto arbitrario.
Il fatto che i temi socio–ambientali siano incommensurabili
non significa che sia impossibile esprimere un’opinione sugli aspetti ecologici,
economici e sociali e confrontare, su una base razionale, le varie soluzioni alternative, prendendo in
considerazione diverse scale di valori. A tal fine ci viene in aiuto l’ analisi multicriteriale (o
multicriterio) (MCA): una metodologia di valutazione dei progetti che supporta
il decisore nella fase di organizzazione e analisi di numerose alternative
complesse e, spesso, conflittuali. La metodologia MCA valuta, separatamente,
ogni criterio preso in esame, adottando diverse scale di valori, e monitora l’impatto sui differenti agenti,
allo scopo di sollecitare una loro valutazione razionale che mira, in modo
trasparente, ad ottenere una soluzione di compromesso.
La
metodologia MCA non fornisce la soluzione attraverso un algoritmo di
ottimizzazione; piuttosto è un insieme di strumenti quantitativi e qualitativi
che permettono una valutazione sistematica di alternative caratterizzate da
criteri multipli e conflittuali e guidano il decisore verso una soluzione
della quale egli dovrà comunque assumersi tutta la responsabilità.
QUADRO SINOTTICO
DISCIPLINE ®
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ECONOMIA
TRADIZIONALE
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ECONOMIA
ECOLOGICA
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PUNTI ¯
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1
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Dominio
di studio
|
Solo
esseri umani.
Estende
le leggi del mercato anche all’ambiente.
|
Tutto
l’ecosistema, esseri umani inclusi.
Ritiene
impossibile estendere le leggi del mercato anche all’ambiente.
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2
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Caratteristiche di base
|
E’
una scienza elitaria, simbolica, monodisciplinare, settoriale, specialistica,
con linguaggi peculiari, isolata dal reale contesto socioeconomico, che
dispensa soluzioni calcolate con i
suoi utopici modelli econometrici.
|
E’
una scienza democratica e sistemica, transdisciplinare, integrale e
descrittiva; vicina al territorio, alla gente; che dà importanza alla
dimensione materiale ed energetica dell’economia, alla distribuzione spazio
temporale delle risorse naturali e dei
rifiuti come pure ad una giusta distribuzione della ricchezza intra e
intergenerazionale.
|
3
|
Visione
preanalitica
|
Il
sistema socioeconomico è un sistema chiuso che cresce in modo illimitato,
senza incontrare ostacoli. L’ecosistema (ambiente biofisico) è un
sottosistema aperto, totalmente compreso nel sistema dell’economia umana.
|
Il
sistema socioeconomico è un sottosistema aperto, totalmente compreso
nell’ecosistema (ambiente biofisico). Coevoluzione tra sistema socioeconomico
ed ambiente.
|
4
|
Approccio cognitivo
|
Analitico,
lineare, riduzionista Meccanico, statico, atomistico.
Semplifica
la complessità, perchè presume che qualsiasi problema possa essere studiato
suddividendolo in elementi sempre più piccoli, che si ritengono anche più
semplici, stabili ed indipendenti da studiare con una moltitudine di
discipline specialistiche, dirette a risolvere i problemi (in senso kuhniano).
|
Sistemico,
circolare, olistico Dinamico, sistemico, evolutivo.
Riconosce la complessità e punta ad una scienza
sociale, democratica e interdisciplinare che sia di supporto alle decisioni
di politica ambientale, sociale ed economica.
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5
|
Approccio
decisionale
|
Approccio
decisionale solo tecnico scientifico (scienza
applicata normale).
La
valutazione del problema è sistemica,
razionale, basata su un’analisi costi – benefici.
La
soluzione non può essere influenzata da aspetti socio politici ed è una
deduzione formalizzata, conseguita con discussioni
tecniche condotte tra un gruppo di specialisti (comunità
ristretta di pari) che rappresenta
l’Autorità tecnica e che propugna un unico paradigma,
indiscusso e indiscutibile.
|
Approccio
decisionale socio politico (di scienza
postnormale).
Le
soluzioni del problema emergono da un dialogo onesto, trasparente e
democratico, tra tutti gli interessati, anche non specialisti tecnico
scientifici (comunità estesa di pari),
i quali esprimono una molteplicità di punti di vista complementari, tutti
ugualmente legittimi.
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6
|
Dimensioni del sistema
economico
|
Considera
la sola dimensione simbolica, monetaria dell’economia e adotta il denaro,
come unica unità di misura.
Ritiene
che tutti i beni siano riducibili a merci di scambio (beni privati, rivali e
esclusivi); gli unici che possono essere allocati in modo efficiente dai
mercati e dal sistema di formazione dei prezzi.
|
Considera
l’economia umana come un sistema infinitamente complesso e adotta un
approccio alla risoluzione dei problemi di tipo multicriteriale e
multidimensionale.
Ritiene
che i beni siano i mezzi con i quali i soddisfattori appagano i bisogni
umani. Possono pertanto essere di varia natura e non sono tutti riducibili a
merci di scambio (beni privati, che sono gli unici gestibili dai mercati).
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7
|
Modalità dell’attività
economica
|
Sfruttamento
predatorio, logistico, delle risorse naturali e degli esseri umani.
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Valorizza
l’attività economica dell’uomo e la eleva ad attività che tende a soddisfare
i bisogni umani, nel rispetto dell’ambiente
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8
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Cornice temporale
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A
breve termine.
|
A
scala multipla.
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9
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Finalità
dell’attività economica
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Mira
all’accumulo di ricchezza finanziaria.
Ha
finalità crematistica, dal greco
τὰ χρήματα (ta chremata): ricchezza.
|
Propone
un concetto di valore che emerge da processi politici basati su dialoghi
onesti e trasparenti di negoziazione e di mediazione, che non si esprime solo
nella dimensione simbolica monetaria.
Ha
finalità veramente economica, dal
greco oikos νόμος (oikos nomos):
gestione dei beni famigliari (dei beni collettivi).
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10
|
Aspetti etici
|
Si
vanta di essere eticamente neutra.
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Ritiene che gli aspetti etici siano molto importanti e che debbano costituire
una parte importante del dialogo.
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11
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Gestione delle
incertezze
|
Non
si preoccupa delle conseguenze socio economiche ed ambientali delle soluzioni
e delle relative decisioni che suggerisce al decisore politico. Ritiene che il rischio, l’incertezza, l’ignoranza e
la complessità siano aspetti tecnici che si possono minimizzare e ridurre a
zero.
|
Dà grande importanza alle conseguenze socio
economiche ed ambientali delle soluzioni e delle relative decisioni che
propone al decisore politico. Riconosce che le incertezze sistemiche sono irriducibili, cioè ineliminabili, e
si procura gli strumenti metodologici più idonei per gestirle.
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12
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Gestione dei valori
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Presume
(ipotizza) il carico dei valori e le conseguenze delle decisioni assunte nel
guidare il sistema socioeconomico verso l’obiettivo prefissato.
|
Descrive (spiega) il
carico dei valori e le conseguenze delle decisioni e adotta metodi euristici ed evolutivi per
orientare il sistema socioeconomico (secondo la metodologia del fitness
landscape) verso comportamenti auspicabili
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13
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Obiettivo macroeconomico
primario
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Crescita economica
biofisica illimitata.
Monetizza
le esternalità e le internalizza per determinare la produzione sociale
ottimale.
Guida
l’economia verso la produzione sociale ottimale, utilizzando gli strumenti di
politica economica ambientale.
|
Sostenibilità
ecologica dell’economia (scala
economica ottimale) e risoluzione del conflitto distributivo (equa distribuzione dei redditi).
Definisce la scala ottimale dell’economia a livello
collettivo, sulla base di un dialogo socio politico, a sfondo etico.
Una volta individuata la scala ottimale, per guidare
l’economia si utilizzano gli stessi strumenti della politica economica
ambientale.
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14
|
Il mercato e il sistema
dei prezzi
|
Il mercato libero è
l’istituzione di primaria importanza, capace di allocare automaticamente e nel
modo più efficiente tutti i tipi di beni.
Viene
pertanto ritenuto idoneo a valorizzare
crematisticamente anche le esternalità socio ambientali.
|
Evidenza
i numerosi limiti dei liberi mercati
e del loro sistema dei prezzi (mercati incompleti, esternalità, rendimenti decrescenti).
Ritiene
impossibile assegnare valori monetari
alle esternalità socio ambientali
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15
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Obiettivo
microeconomico primario
|
Massimizzare
guadagni e profitti.
|
Deve
essere regolato in modo da riflettere gli obiettivi del sistema.
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16
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Rendimenti decrescenti
dell’economia
|
E’
un tema che non viene affrontato perché, nelle sua visione preanalitica, considera
solo la dimensione simbolica, monetaria del sistema socioeconomico
|
Ha
gli idonei strumenti concettuali (termodinamica) per indagare sulle cause
biofisiche dei rendimenti decrescenti dei processi economici
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17
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Risorse naturali
non rinnovabili
|
Tema
affrontato dall’economia ambientale ma
nell’ottica della sostituibilità (criterio
di sostenibilità debole).
|
Grande
attenzione ad una consapevole gestione e conservazione (criterio di sostenibilità forte).
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18
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Indicatori della
contabilità nazionale
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Solo
indicatori sintetici monetari.
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Insieme
organico di indicatori sintetici monetari e di indicatori ambientali
biofisici, multidimensionali.
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19
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Rapporto con la tecnologia
|
Inneggia
all’innovazione sia nella tecnologia della produttività che nella tecnologia dell’efficienza.
L’innovazione
tecnologica aumenta la ricchezza reale:
-
sia perché la tecnologia della produzione aumenta la produttività
dei fattori di produzione,
-
sia perché la tecnologia dell’efficienza aumenta la produttività
delle risorse naturali
|
E’
critica, scettica, prudente sui progressi della tecnologia della produttività
e dell’efficienza all’interno del paradigma “tecnocratico”, attualmente
dominante (paradosso di Javons).
Ritiene
che la tecnologia dell’efficienza sia alla base dello sviluppo sostenibile;
ma solo nel nuovo paradigma socio–economico dell’ “ecologia integrale”
La
natura crea ricchezza reale mentre la tecnologia è solo uno strumento per
estrarre la ricchezza dalla natura.
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20
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La valorizzazione
dell’ambiente
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Assegna
forzosamente un valore monetario ai beni socio–
ambientali,
per sottometterli alle leggi del mercato.
Monetizza
le esternalità e le internalizza nel sistema dei prezzi.
Individua
nell’analisi costi–benefici, la tecnica scientifica ed imparziale sulla quale
basare ogni decisione riguardanti i temi socio–ambientali. Una tecnica che impedisce decisioni arbitrarie, influenzate da pressioni
politiche
|
E’
contraria alla monetizzazione delle esternalità socio ambientali e alla loro
internalizzazione nel sistema dei prezzi.
Contesta l’impiego dell’analisi costi–benefici e afferma che le
decisioni in materia socio ambientale devono essere adottate al
di fuori della logica di mercato.
Crede
nell’analisi multicriteriale (MCA) come metodologia di valutazione dei
progetti e ritiene che lo strumento decisionale ottimale sia il dialogo
onesto e trasparente, su base etica, tra una comunità estesa di pari.
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