LE CRITICITA’ DEL PIL – Parte 7 (perché il PIL è un pessimo indicatore di prosperità)
Si conclude qui la discussione di approfondimento sulle
principali critiche mosse nei confronti del PIL allo scopo di fornire un
contributo di chiarezza, fare luce sui suoi numerosi lati oscuri, tenuti
nascosti dall’economia tradizionale, e ridimensionare l’esagerato ruolo che
oggi il PIL ricopre nella contabilità nazionale ed internazionale degli Stati.
E’ fondamentale che il cittadino elettore si renda conto che il PIL è solo un
indicatore sintetico quantitativo di attività economica, espresso in una
dimensione valoriale, simbolica, monetaria (in pratica, è un numero) e non può
misurare in modo serio ed adeguato le prestazioni di un sistema tanto complesso
come lo è l’economia di un Paese. E’ assolutamente necessario affiancare o,
meglio ancora, sostituire il PIL con un insieme di indicatori, biofisici,
qualitativi, più complessi, capaci di valutare in modo appropriato il livello
di benessere e guidare l’economia del Paese verso uno sviluppo sostenibile.
14. IL PIL
INCENTIVA LA PRODUTTIVITA’ DEI FATTORI DI PRODUZIONE E MORTIFICA LA
PRODUTTIVITA’ DELLE RISORSE NATURALI
La logica economica vuole
che venga massimizzata la produttività dei fattori di produzione più scarsi.
La
visione dell’economia tradizionale
Nella visione
pre–analitica dell’economia tradizionale (neoclassica), il sistema economico si
espande nel vuoto, senza incontrare ostacoli (costi opportunità) e i fattori di
produzione scarsi sono il capitale artificiale e il lavoro umano. Dunque, per l’economia
tradizionale, che si concentra sulla "differenza di produttività" tra
i Paesi e si preoccupa che ogni Paese aumenti l’efficienza dei processi di
produzione, l’importante è massimizzare la produttività del capitale
artificiale e del lavoro umano. Con riferimento al lavoro umano, che si misura
in PIL per ora lavorata, massimizzare la sua produttività significa produrre più
beni e servizi con meno lavoratori; un obiettivo che si raggiunge con l’innovazione
tecnologica, promuovendo la Ricerca & Sviluppo e l'automazione. A parità di
produzione, dunque, il risultato è un aumento della disoccupazione.
La
visione dell’economia ecologica
Nella visione
pre–analitica dell’economia ecologica, con il sistema socioeconomico globale
che si avvicina ai limiti della biosfera, il fattore di produzione più scarso è
il capitale naturale (le risorse biofisiche, i minerali utili e i combustibili
fossili) e i servizi ecosistemici. In tali condizioni, la logica economica impone
di massimizzare la produttività del capitale naturale.
Per l’economia ecologica
è importante adottare idonee politiche economiche che promuovano una diversa
composizione dei consumi. Esse dovranno intervenire sui processi produttivi per
migliorare l’efficienza d'impiego del capitale naturale (per una sua maggiore
produttività), in modo da realizzare merci e servizi che siano poco dannosi
all’ambiente e con il minor uso di risorse naturali e di servizi ecosistemici.
Si dovrà prestare molta attenzione a limitare il transflusso delle risorse
naturali entro i limiti della sostenibilità, per salvaguardare gli ecosistemi e
i servizi ecosistemici, a beneficio della nostra e delle future generazioni.
Si dovranno sviluppare politiche
economiche sostenibili, che non siano basate sul concetto della sostituibilità
delle risorse. Un’idea dell’economia tradizionale secondo la quale, grazie ai
progressi della tecnologia della produzione, a parità di lavoro umano e di capitale
artificiale, si producono sempre più merci e servizi, depredando senza pietà le
risorse naturali (metalli utili e combustibili fossili) e devastando il pianeta,
con il risultato di liquidare in anticipo il già scarso capitale naturale
rimasto e di aumentare il livello di inquinamento planetario.
Si tratta di abbandonare
la tecnologia della produzione (della produttività del lavoro e del capitale
artificiale) e di sviluppare la tecnologia ecologica (della produttività del
capitale naturale); una tecnologia, quest’ultima, che impiega meno risorse
naturali, materia ed energia, a parità di beni e servizi prodotti. Massimizzare
la produttività delle
risorse naturali significa passare ad un’economia dei servizi che si concentra
principalmente sui lavori a basso consumo di energia e di materie prime ma ad
elevato contenuto di relazioni umane. Un’economia che valorizza le qualità
umane e assicura una degna occupazione a tutti.
Passare al paradigma
dell’ecologia integrale e adottare politiche economiche che controllino la
composizione dei consumi non significa abolire il libero mercato e passare ad un’economia
pianificata. Abbiamo visto che è un sistema che non funziona e che, comunque,
non riuscirebbe a limitare le dimensioni dell’economia entro i limiti della
sostenibilità. Quello che si vuole affermare è che l’efficiente allocazione
delle risorse da parte del libero mercato e del suo sistema dei prezzi, tanto magnificata
dall’economia tradizionale, non è né la principale né l’unica politica
economica da adottare. L’economia ecologica sostiene che la struttura dei consumi
viene individuata definendo con tre politiche economiche indipendenti
(Tinbergen) i tre principali obiettivi:
- la dimensione ottimale dell’economia,
- l’equa distribuzione delle risorse,
- l’efficiente allocazione delle risorse
Scienza
e tecnologia
E’ ovvio che si debba
promuovere il progresso della scienza, che è benefico ed auspicabile e non si può
arrestare. Tuttavia ci sono molte riserve sull’opportunità di conseguire il
progresso incondizionato delle tecnologie in quanto non tutte sono vantaggiose
per lo sviluppo dell’umanità.
A differenza della scienza, che mira al
sapere disinteressato, la tecnologia possiede un lato oscuro. Si crede che il
progresso tecnologico sia sinonimo di maggiore sicurezza, utilità, benessere e
pienezza di valori ma la tecnologia è soprattutto opportunismo e, pertanto, il bene comune e la verità non emergono
spontaneamente dal potere tecnologico come nemmeno da quello economico.
A causa del suo carattere opportunista, la tecnologia non è mai neutra e impone
la sua logica al sistema socioeconomico che la utilizza. Le scelte che la
società opera, in funzione della tecnologia adottata, modificano lo stile di
vita e i modelli di pensiero della gente e ne condizionano il comportamento.
Negli ultimi due secoli, a partire dalla
rivoluzione industriale, si è verificato un formidabile e rapido progresso scientifico
e tecnologico al quale non ha fatto seguito un equivalente progresso etico.
Durante questo periodo di tempo, brevissimo rispetto alla storia dell’umanità,
l’uomo ha potuto disporre di un
crescente potere tecnologico, oggi diventato immenso, ma non gli è stato
concesso il tempo di sviluppare un’etica,
una cultura e una spiritualità correlata al progresso delle scienze e non ha
nemmeno avuto il tempo di maturare la consapevolezza dell’enorme responsabilità
che tutto ciò comporta e della necessità di definire i limiti per un corretto
impiego e controllo di quella potenza.
La tecnologia non ha mai dato tanto potere
all’umanità come nella nostra epoca attuale e la storia ci insegna che non c’è alcuna
garanzia che l’uomo utilizzi a fin di bene la crescente potenza che la tecnologia gli ha messo a disposizione. La
logica tecnocratica, oggi dominante,
concepisce tutta la realtà come un oggetto da manipolare a piacimento e ciò
espone l’uomo al rischio di non vedere i gravi pericoli che ne possono
derivare. Un motivo di grande preoccupazione è il fatto che il potere
tecnologico è concentrato e controllato da una ristretta elite tecno
finanziaria che possiede la conoscenza e i mezzi economici per sfruttarlo in
modo opportunistico. Durante il XX secolo, tutti i più importanti sistemi
sociopolitici mondiali hanno fatto grande ostentazione della tecnologia usata
ai fini bellici.
La
tecnologia della produzione
In questa nostra società
complessa, nessuno è autosufficiente; nessuno è più in grado di produrre tutto
ciò che soddisfa in suoi bisogni materiali, veri o artificiosi che siano.
Ciascuno di noi, in un certo senso, deve vendersi per ottenere il denaro necessario
a comperare i beni che gli servono da chi possiede la tecnologia e i fattori di
produzione per produrli.
In vicinanza dei limiti
ecologici, la tecnologia della produzione deve essere abbandonata al più presto.
La sua logica, infatti, è quella:
- del continuo aumento della produttività del capitale artificiale e del lavoro umano, allo scopo di produrre sempre più merci e servizi (aumentare il PIL) con meno capitale artificiale ma soprattutto con meno lavoro umano; la tecnologia della produzione è quella che distrugge i posti di lavoro;
- all’aumento dell’intensità di impiego delle risorse naturali (combustibili fossili e minerali utili) che vengono sfruttate in modo insostenibile per realizzare la maggior quantità di prodotti dal ciclo di vita sempre più breve, che si trasformano velocemente in rifiuti e che vanno ad intasare i pozzi naturali di assorbimento e riciclaggio degli inquinanti, trasformando il pianeta in una gigantesca pattumiera.
La tecnologia della
produzione induce, in ampie fasce di popolazione, un cambiamento di stile di
vita. La gente, nel tempo, sviluppa una nevrosi ossessiva e compulsiva da
consumismo, una vera dipendenza che la spinge a cercare il denaro per
contornarsi di quanti più oggetti materiali possibile, per sentirsi appagata e
felice. In effetti, in un primo momento è proprio così ma, poco dopo, quei
sentimenti si rivelano inesorabilmente effimeri e la gente cade nuovamente in
depressione; si sente triste e pensa che sia colpa sua, perché non ha tributato
abbastanza a quel Dio denaro che si mostra sempre così insensibile alle sue
preghiere, alle sue richieste di felicità.
Allora ogni individuo si spinge oltre, sacrifica tutto se stesso, il suo
tempo libero, le sue relazioni con gli altri. Nei suoi rapporti con i
familiari, con gli amici e sul lavoro diventa sempre più individualista,
competitivo, aggressivo ed egoista. Ma, per quanti sforzi faccia egli sente,
dentro di sé, che ogni oggetto materiale
in più di cui si impossessa non riesce a colmare il vuoto della sua anima che
anzi si espande e lo inghiotte in un baratro soffocante.
In questa cultura dell’avere, l’uomo non è
completamente libero ma si è condannato a vendersi e a perdersi per una mera illusione.
Plagiato dal mito del progresso tecnologico e inebriato dall’enorme potere che
gli ha concesso, l’uomo si è prostrato ad adorare il falso idolo della
tecnologia, che acclama come il “bene supremo”, da perseguire a tutti i costi.
Ed ora conduce la sua esistenza nell’illusione e nella fede che il suo dio
della tecnologia possa risolvere ogni suo problema e gli possa garantire una
lunga esistenza, sicura, ricca e prospera.
La
tecnologia ecologica
Il paradigma
dell’ecologia integrale si basa sull’economia ecologica (o economia dello stato
stazionario) e sulla tecnologia ecologica
(o tecnologia dello sviluppo sostenibile). La logica della tecnologia ecologica
punta a sostenere uno stile di vita rispettoso dell’ambiente e a promuovere abitudini
di consumo diverse; obiettivi che persegue:
- aumentando la produttività delle risorse naturali; la logica è di realizzare processi produttivi e prodotti che riducono il consumo delle risorse naturali (risorse biofisiche, combustibili fossili, minerali utili e servizi ecosistemici), a parità di beni e servizi prodotti, per limitare il transflusso biofisico al di sotto delle sue dimensioni ottimali;
- aumentando la produttività dei pozzi di assorbimento naturali; la logica è di intervenire sui prodotti e sui processi produttivi per realizzare prodotti più duraturi e processi produttivi i cui rifiuti siano più facilmente assimilabili dall’ambiente e riciclabili; questo permette di proteggere e ripristinare i servizi dell’ecosistema;
- riducendo la produttività del lavoro; la logica della tecnologia ecologica è esattamente opposta a quella della tecnologia della produzione e mira a produrre più beni e servizi, mantenendo l’economia allo stato stazionario; lo fa impiegando più lavoro umano e meno lavoro delle macchine (meno energia dai combustibili fossili). La tecnologia ecologica è la tecnologia che crea i posti di lavoro.
Sebbene l’attenzione
all’uso efficiente delle risorse scarse, che oggi sono le risorse naturali, sia
alla base della logica economica e quindi non si dovrebbero mettere in
discussione, oggi prevale il concetto di un’economia fortemente ideologizzata
che non si cura delle risorse naturali e anzi le sfrutta per autosostenersi. E’
una visione imposta dal paradigma tecnocratico neoliberista dominante,
supportato dalla finanza deregolamentata e dalla tecnologia della produzione,
che ha preso in ostaggio e sottomesso la politica e che contrasta ogni sforzo
di intraprendere la transizione verso il paradigma dell’ecologica integrale,
l’unico paradigma socioeconomico sostenibile, ora che siamo in vicinanza dei
limiti ambientali.
15. IL PIL NON
CONSIDERA I CAMBIAMENTI DI VALORE SUBITI DAI BENI MATERIALI E FINANZIARI
Non considera i
cambiamenti di valore che i beni materiali e quelli finanziari subiscono.
Misura l’investimento in capitale ma non considera il deprezzamento del
capitale artificiale nè di quello naturale (esaurimento delle risorse, i
servizi gratuiti forniti dall’ecosistema).
Prodotto Interno Netto (PIN)
Il PIN (Prodotto Interno Netto) di un Paese è un indicatore macroeconomico monetario che misura il vero reddito (il reddito hicksiano); ossia il reddito sostenibile che preserva il capitale originario e che è quello indefinitamente disponibile per il consumo.
Prodotto Interno Netto (PIN)
Il PIN (Prodotto Interno Netto) di un Paese è un indicatore macroeconomico monetario che misura il vero reddito (il reddito hicksiano); ossia il reddito sostenibile che preserva il capitale originario e che è quello indefinitamente disponibile per il consumo.
Il PIN
si ottiene sottraendo dal Prodotto Interno Lordo (PIL) l’ammortamento del capitale artificiale (AMCA) (macchinari, strumenti, fabbriche, ecc.), ossia
quella parte del PIL che è destinata ad evitare il deprezzamento del capitale
artificiale accumulato nell’anno, in modo da mantenerlo integro ed efficiente.
In sostanza si ha:
PIN = PIL – AMCA
Per l’economia ecologica il Prodotto Interno Netto
socialmente sostenibile (PINSS)
è il vero reddito hicksiano, che si ottiene dal PIN correggendolo ulteriormente
per tener conto delle spese difensive (SD)
e dell’ammortamento del capitale naturale
(AMCN):
PINSS = PIN – SD – AMCN
Misurazione
della sostenibilità economica
L’economia ecologica
critica l’economia tradizionale (più precisamente la sua branca dell’economia ambientale)
principalmente per il fatto che quest’ultima, da sempre, misura la
sostenibilità economica con indicatori unici
e sintetici, espressi in termini esclusivamente monetari, comprendenti una
contabilità crematistica delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici.
Ai fini della
valutazione di sostenibilità di un’economia, il criterio di sostenibilità
debole è altrettanto arbitrario quanto il criterio di sostenibilità forte, dato
che entrambi sono indici sintetici monetari. Per inciso, si ricorda che:
- il criterio di sostenibilità debole permette di consumare il reddito prodotto dal capitale artificiale e dal capitale naturale, potendo anche intaccare l’uno o l’altro dei due capitali, purchè alla fine di ogni periodo il capitale totale rimanga sempre intatto; il criterio è in linea con la visione dell’economia tradizionale e presuppone la perfetta sostituibilità tra il capitale artificiale ed il capitale naturale;
- il criterio di sostenibilità forte permette di consumare il reddito prodotto dal capitale artificiale e dal capitale naturale, ma con la condizione che entrambi rimangano intatti alla fine di ogni periodo oppure che varino in proporzioni fisse; il criterio è in linea con la visione dell’economia ecologica e presuppone che esista una relazione di complementarietà tra il capitale artificiale ed il capitale naturale, dato che si ritiene che la produttività dell’uno dipenda dalla disponibilità dell’altro.
Le difficoltà che si
riscontrano nascono per diversi motivi; ad esempio, perchè:
- alcuni danni ambientali non sono riparabili, altri invece sono incerti e non si sa come stimarne l’evoluzione futura, alcuni danni si manifestano con complessi effetti sinergici;
- in molti casi non si conosce l’entità delle riserve delle risorse naturali non rinnovabili oppure ne possediamo una stima poco affidabile; d’altra parte è difficile stabilire come, in futuro, il progresso tecnologico potrà modificare l’entità delle loro riserve;
- è impossibile integrare più indici, espressi in diverse unità di misura, in un unico indice espresso nell’unica unità di misura monetaria, senza introdurre arbitrarietà più o meno pesanti;
- le tecniche di attualizzazione monetaria sono del tutto arbitrarie perché è impossibile conoscere, oggi, le preferenze delle future generazioni.
- Impronta Umana sull' Ecologia del Pianeta (Ecological Footprint – EF)
- Indicatore del Progresso Autentico (Genuine Progress Indicator – GPI)
- Indice di sviluppo umano (Human Development Index – HDI)
- Ritorno Energetico sull' Investimento Energetico (Energy Returned On Energy Invested – EROEI)
- Rapporto di Intensità Energetica (Energy Intensity Ratio – EIR)
- Appropriazione Umana della Produttività Primaria Netta (Human Appropriation of Net Primary Production – HANPP)
- Intensità di Materiale per Unità di Prodotto o Servizio (Material Intensity Per Service). – MIPS
- Spazio Ambientale – SA (Environmental Space – ES)
- Felicità interna lorda – FIL (Gross National Happiness – GNH)
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