LE CRITICITA’ DEL PIL – Parte 6 (perché il PIL è un pessimo indicatore di prosperità)
Prosegue la discussione di approfondimento sulle principali critiche mosse nei confronti del PIL allo scopo
di fornire un contributo di chiarezza, fare luce sui suoi numerosi lati oscuri,
tenuti nascosti dall’economia tradizionale, e ridimensionare l’esagerato ruolo
che oggi il PIL ricopre nella contabilità nazionale ed internazionale degli
Stati. E’ fondamentale che il cittadino elettore si renda conto che il PIL è solo
un indicatore sintetico quantitativo, espresso in una dimensione valoriale,
simbolica, monetaria (in pratica, è un numero) e non può misurare in modo serio
ed adeguato le prestazioni di un sistema tanto complesso come lo è l’economia
di un Paese. E’ assolutamente necessario affiancare o, meglio ancora,
sostituire il PIL con un insieme di indicatori, biofisici, qualitativi, più
complessi, capaci di valutare in modo appropriato il livello di benessere e
guidare l’economia del Paese verso uno sviluppo sostenibile.
9.
IL PIL NON VALUTA CORRETTAMENTE LE
SPESE DIFENSIVE E COMPENSATIVE
A partire dalla seconda
metà del XX secolo si è registrata un’esplosione demografica e una
corrispondente crescita esponenziale della produzione di capitale artificiale,
inteso in senso lato (Fisher): sia come riserva di mezzi di produzione che di
beni di consumo e servizi, prodotti dall’uomo, ottenuti cumulando conoscenza e
lavoro.
E’ stata una crescita
economica dirompente, avvenuta a scapito di un eccessivo sfruttamento delle
risorse naturali (combustibili fossili, minerali utili, specie vegetali e
animali), che ha distrutto gran parte del capitale naturale, ha provocato un
crollo della biodiversità ed ha compromesso molti servizi ecosistemici.
Pensiamo ai servizi di approvvigionamento del cibo, materie prime, acqua dolce e di habitat
per la biodiversità; ai servizi di regolazione
dei gas atmosferici, del clima, delle acque, dell’erosione, dell’impollinazione; alla protezione
dai dissesti idrogeologici, ecc.
Più che di un’
espansione economica, si è trattato di una scomposta e disastrosa crescita
economica, con una vera e propria predazione delle risorse naturali e la distruzione
di interi ecosistemi. La devastazione dell’ambiente e l’inquinamento che ne
sono derivati sono stati tali da richiedere numerosi interventi per risolvere o,
purtroppo, solo per mitigare i danni irreversibili provocati.
Spese
difensive e compensative ambientali
Per le loro
caratteristiche, si definiscono “spese difensive e compensative” le spese
sostenute dai cittadini per risolvere le esternalità negative causate
dall’attività economica. Si classificano in :
- spese per compensare i danni ambientali e ripristinare l’ambiente, in seguito al sovra sfruttamento delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici. Sono, ad esempio, le spese:
- per installare i sistemi di abbattimento delle emissioni inquinanti sugli impianti di processo industriali;
- per rimediare al deterioramento dell’ambiente dovuto agli sversamenti di petrolio in mare
- spese per difendersi dai danni che il degrado dell’ambiente causa alla salute fisica e psichica della popolazione. Sono, ad esempio, le spese:
- per installare i pannelli fonoassorbenti su particolari tratti autostradali, allo scopo di limitare i rumori della circolazione stradale;
- prevenire gli incidenti dovuti al traffico veicolare sulle strade;
- per le perdite di ore lavorative e per il maggior consumo di carburante dovuti agli intasamenti del traffico sulle strade;
- per fornire assistenza sanitaria a chi ha problemi (ad esempio di respirazione per lo smog), dovuti alle emissioni inquinanti in atmosfera da parte degli autoveicoli fermi in coda per l’intasamento del traffico.
Un’importante critica, che
viene mossa nei confronti della contabilità nazionale, riguarda il modo di considerare
le spese difensive e compensative, sia ambientali che sociali. Oggi, dette
spese vengono sommate al PIL, alla stregua di un reddito aggiuntivo, creando l’illusione che un Paese oberato da
spese difensive sia un Paese ricco. Un risultato, a dir poco, paradossale perché
un Paese:
- con un ambiente devastato, con la sua gente che si ammala a causa dell’inquinamento e necessita di più cure mediche e più medicine,
- con un territorio dissestato a livello idrogeologico, con smottamenti, alluvioni, incendi,
- con servizi pubblici fatiscenti e poco efficienti,
- con un elevato livello di criminalità, diffusa su tutto il territorio,
Il paradosso si basa su
un equivoco che l’economia tradizionale non ha ancora voluto risolvere: quello
di ritenere che l’attività economica (misurata dal PIL) sia ancora ben
correlata alla vera ricchezza e prosperità del Paese; cosa che, almeno nei
Paesi occidentali, non è più vera, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso.
Disastro ambientale della piattaforma petrolifera
Deepwater Horizon
Nella contabilità
nazionale, l’uso del PIL è doppiamente erroneo. Prima di tutto perché non
registra la reale diminuzione del livello di benessere causato dai danni che la
crescita economica provoca all’ambiente e alla salute (esaurimento delle
risorse naturali e aumento dell’ inquinamento), danni che si traducono in esternalità negative e poi, perchè il PIL contabilizza
le spese difensive e compensative come un aumento del reddito. Ciò, ad
ulteriore conferma che il suo uso deve essere limitato alle possibilità
concesse ad uno strumento che misura solo l’attività economica ed è
assolutamente improprio utilizzarlo per progettare politiche economiche che
mirano a guidare un Paese, lungo un percorso di sviluppo sostenibile, verso un
futuro di prosperità.
E’ evidente che una
corretta contabilità nazionale dovrebbe dotarsi di strumenti che tengano
separati i benefici (che si devono sommare) dai costi (che si devono
sottrarre). Le spese difensive, essendo costi, dovrebbero pertanto essere sottratte
perchè, a livello aggregato, non producono maggiore prosperità ma solo un
impoverimento netto.
Spese
difensive e compensative sociali, logistiche, ecc.
La crescita economica
comporta altre spese difensive, che non sono strettamente ambientali, che si
possono classificare nelle seguenti quattro categorie (Christian Leipert, 1986):
- Spese logistiche; sono le spese per affrontare i rischi di un’attività produttiva sempre più centralizzata e la conseguente urbanizzazione; sono, ad esempio, i maggiori costi per il trasporto intensivo di merci e per lo spostamento dei lavoratori, le spese di noleggio, di alloggiamento, ecc.
- Spese per la sicurezza sociale; sono le spese di prevenzione associate ai maggiori rischi dovuti all’aumentata attività consumistica; ad esempio: incidenti per sabotaggi, guasti tecnici, aumentata criminalità e crescente insicurezza nelle zone urbane, spese militari, ecc.
- Spese per affrontare i rischi di un crescente volume di merci e di uomini; sono le spese di intervento medico e di riabilitazione da infermità, per i numerosi incidenti causati dall’aumentato volume di lavoro e di merci da trasportare; le spese per l’ installazione di mezzi e apparecchi per ridurre le emissioni inquinanti e le spese per la riparazione dell’accresciuto numero di autoveicoli sulle strade.
- Per risolvere modelli comportamentali errati; sono le spese per mitigare gli effetti collaterali negativi associati a cattivi comportamenti di consumo, sul lavoro e, in generale, di qualità della vita; sono, ad esempio, i costi causati dalla dipendenza da droghe, alcol, fumo, ecc.
Incidenti
stradali
10. IL PIL NON REGISTRA LE ATTIVITA’ ECONOMICHE
SOMMERSE
In Italia, l’economia
sommersa è favorita dalla crisi economica, dall’aumento della disoccupazione e dalla
ridotta capacità d'acquisto dovuta al generale impoverimento della popolazione
la quale, per altro, si trova intimidita e sopraffatta sia dal crescente potere
dell’economia finanziaria che dall’elevata pressione fiscale. Dati del 2016
stimano che, in Italia, l’economia sommersa, che sfugge alla contabilità
nazionale basata sul PIL, valga circa il 12 % del PIL.
11. IL PIL IGNORA LE ATTIVITA’ NON SOGGETTE A
TRANSAZIONI MONETARIE
Molte attività economiche
come, ad esempio: il volontariato, le attività
domestiche, il baratto, non sono considerate dalla contabilità nazionale
fondata sul PIL perché sono transazioni economiche escluse dai mercati in
quanto non sono remunerate con scambi di natura monetaria. Eppure sono attività
economiche che, nell’aggregato, contribuiscono in modo significativo alla prosperità
di un Paese.
Un caso diverso è quello
dei servizi che la pubblica amministrazione fornisce gratuitamente ai cittadini.
Essi non sono valorizzati ai prezzi di mercato ma in termini di ore corrisposte
ai pubblici dipendenti che li prestano. Ancora una volta, siamo in presenza di
una distorsione in quanto la contabilità nazionale non può riflettere, con il PIL,
il valore effettivo, di mercato, di tali servizi.
L’incapacità di
valorizzare le attività economiche domestiche come, ad esempio: la gestione
della casa (pulire, cucinare, lavare, stirare, ecc.), la cura dei bambini e degli anziani, la
produzione autonoma di cibo (la cura del proprio orto) è un’altra criticità del
PIL. Sebbene siano attività in crescita e contribuiscano a migliorare la
prosperità di un Paese, non essendo soggette a scambi di natura monetaria, esse
non contribuiscono alla crescita del PIL.
E’ importante sottolineare
che l’economia sommersa e l’economia domestica non monetizzata sono entrambe attività
produttive importanti e in crescita ma nessuna delle due viene contabilizzata
dal PIL. Questa è un’ulteriore conferma del fallimento dell’economia
tradizionale, che dimostra di non possedere gli strumenti idonei per guidare
l’economia di un Paese verso un futuro prospero e, soprattutto, di fornire a
tutti i cittadini un lavoro dignitoso che garantisca loro la sicurezza economica.
Se la transizione verso
un’economia di stato stazionario non dovesse essere correttamente gestita e
guidata in modo ordinato, essa avverrà
comunque, dato che il sottosistema economico dovrà necessariamente assumere la
stessa dinamica di stato stazionario della biosfera (il sistema di dimensioni
fisse, che lo ingloba completamente), per poi coevolvere con essa. Se la transizione
non dovesse essere attentamente programmata, i due tipi di economia informale
potrebbero diventare il modello per una transizione forzata, scomposta e
problematica verso l’economia di stato stazionario.
Curiosità:
- il PIL ignora il contributo degli anziani. Si stima in circa 18,3 miliardi l'anno (1,2% del PIL) il valore delle attività d'aiuto informale svolte dagli anziani: l’aiuto in casa, la cura dei nipotini oppure il volontariato. (IRES, CGIL: "Il capitale sociale degli anziani"),
- il PIL ignora il lavoro di cura domestica che non produce un reddito misurabile. Esistono solo delle stime del suo valore economico e sociale ma non ci sono dati certi. E’ una attività che riguarda soprattutto le donne, molte delle quali lo svolgono come attività principale per diverse ore al giorno (spesso in aggiunta ad lavoro retribuito).
La
cura dei nipotini
12. IL
PIL NASCONDE I DANNI (INQUINAMENTO E DEGRADO AMBIENTALE) CAUSATI DAI PROCESSI ECONOMICI
L’economia tradizionale
ha riconosciuto le gravi conseguenze che la crescita economica causa alla salute
pubblica, dovute all’inquinamento ambientale: dell’ acqua, dell’aria e dei
terreni. Nonostante ciò, invece di prescrivere specifiche politiche di prevenzione
e di risanamento dell’ambiente, si arrocca sulla sua posizione dogmatica e
impone paradossalmente di insistere con il paradigma della crescita economica
materiale illimitata che vede come l’unica soluzione per affrontare tutti i
principali problemi socioeconomici del mondo e, in particolare, per risolvere il
problema del degrado ambientale.
Gli economisti
tradizionali ritengono che i Paesi avanzati del Nord debbano continuare a
crescere illimitatamente per poter disporre di sempre maggiori capitali da
investire per espandere i mercati e acquistare i prodotti, principalmente risorse
naturali, che i Paesi del Sud, anch’essi impegnati in una continua crescita, esportano
in crescente quantità. Questa è la loro soluzione per arricchire tutti i Paesi,
sia del Nord che del Sud del mondo. Inoltre, essendo tutti più ricchi, hanno i
mezzi finanziari per risanare o mitigare
i danni che la crescita economica ha prodotto all’ambiente.
Il
PIL, per come è attualmente concepito, non distingue tra crescita quantitativa
e sviluppo qualitativo e contabilizza in modo analogo sia i danni che i
benefici della crescita economica. Il PIL nasconde i danni che il processo
economico causa alla nostra salute e all’ambiente (esaurimento delle risorse
naturali e inquinamento) perché somma i costi delle esternalità negative, di
tutte le attività che danneggiano il Paese e lo impoveriscono, e illude che la
crescita economica illimitata, senza riserve, la crescita del PIL, sia sempre
la soluzione giusta da perseguire con grande determinazione.
In
questo senso, il PIL è un indice da osservare con sospetto, perché è uno
strumento mistificatorio, che diventa molto pericoloso quando viene usato per
convincere i cittadini ad adottare politiche economiche che non conseguono il
benessere del Paese.
Inquinamento
ambientale
13. IL PIL NON VALORIZZA IL CAPITALE UMANO
Si è più volte ripetuto
che il PIL è solo un indicatore sintetico, quantitativo di attività economica,
espresso in una dimensione simbolica, monetaria (in pratica, è un numero); come tale non è in grado di rappresentare quelle
qualità che non sono misurabili in termine di denaro ma che sono essenziali
allo sviluppo di un Paese, per guidarlo verso un futuro prospero e resiliente.
Come può il PIL, un
semplice numero, sia pure espresso in unità simbolica di valore monetario,
rappresentare la qualità delle relazioni umane, che non sono riducibili ad una
mera questione di utilità economica, l’unica monetizzabile, ma che sono
fondamentali per costruire il livello di benessere di una comunità? L’uomo vive
la sua esistenza su diversi piani, tra loro incommensurabili: spirituale, psicologico,
ambientale e sociale. Ogni dimensione ha una propria scala di valori
irriducibile e l’armonia che esiste tra i vari piani determina il livello di
benessere della persona.
Il PIL non è certo un
indicatore idoneo a valorizzare le complesse relazioni umane, che si esprimono in
tutta la loro potenzialità sui diversi piani dell’esistenza e che coinvolgono più
sentimenti: rispetto, amore, riconoscenza, generosità, empatia, ecc., tra loro
incommensurabili.
Può non può misurare:
- il valore del rapporto tra una madre è i figli che mette al mondo e che poi accudisce;
- il valore del rapporto di cura e di rispetto tra un figlio e i suoi genitori anziani;
- il valore della fuga dei cervelli; che non è solo una perdita economica diretta (nel 2016 si è stimata una riduzione del PIL dello 0,4% a causa degli investimenti in formazione, fatti sia dal Paese che dalla famiglia, che sono andati persi e che vanno a favore di altri Paesi) ma è anche una perdita di competenze e di capacità del Paese e culturale nel senso più generale del termine
Amore
materno
Commenti